Cardinale Parolin: “Il cambiamento climatico non ci aspetta”

Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici COP 27

Vatican News

Pubblichiamo di seguito l’intervento che il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin ha pronunciato oggi alla Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici COP 27, che ha luogo a Sharm el-Sheikh dal 6 al 18 novembre 2022:

Intervento del Cardinale Segretario di Stato

XXVII SESSIONE DELLA CONFERENZA DELLE PARTI DELLA CONVENZIONE QUADRO DELLE NAZIONI UNITE SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI – Sharm el-Sheikh, 6-18 novembre 2022

Intervento di Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin – Segretario di Stato

SANTA VEDOVA

Signor Presidente,

A nome di Papa Francesco, porgo un cordiale saluto a tutti voi e desidero assicurarvi la sua vicinanza, il suo sostegno e il suo incoraggiamento mentre lavorate diligentemente per un risultato fruttuoso di questa Conferenza. Pochi giorni fa, in Bahrain, ha sottolineato l’auspicio che la COP27 sia un passo avanti per “scelte concrete e lungimiranti, intraprese pensando alle giovani generazioni, prima che sia troppo tardi e il loro futuro sia compromesso”[1].

Questa è la prima sessione dell’UNFCCC a cui la Santa Sede partecipa come Stato parte sia della Convenzione che dell’Accordo di Parigi. Questo importante passo è coerente con l’annuncio fatto da Papa Francesco nel 2020 che la Santa Sede si sarebbe impegnata a raggiungere l’obiettivo delle emissioni nette zero, rispondendo a due livelli[2]:

1) In primo luogo, lo Stato della Città del Vaticano si impegna a ridurre le emissioni nette a zero entro il 2050, intensificando gli sforzi per migliorare la propria gestione ambientale, sforzi già in atto da diversi anni;

2) In secondo luogo, la Santa Sede si impegna a promuovere l’educazione all’ecologia integrale. Infatti, le misure politiche, tecniche e operative non sono sufficienti, ma devono essere combinate con un approccio educativo che promuova nuovi stili di vita, favorendo un rinnovato modello di sviluppo e sostenibilità basato sulla cura, la fraternità e la cooperazione come genere umano, e sul rafforzamento del “patto tra gli esseri umani e l’ambiente”[3].

Signor Presidente,


La crisi socio-ecologica che stiamo vivendo è un momento propizio per una conversione individuale e collettiva e per decisioni concrete non più rinviabili. Il volto umano dell’emergenza climatica ci interpella profondamente. Abbiamo il dovere morale di agire concretamente per prevenire e rispondere agli impatti umanitari sempre più frequenti e gravi causati dai cambiamenti climatici. Il crescente fenomeno degli sfollati migranti è un segnale preoccupante. Anche quando non hanno accesso alla protezione internazionale, gli Stati non possono prescindere da soluzioni tangibili, anche nei settori dell’adattamento, della mitigazione e della resilienza. Laddove ciò non è possibile, è importante riconoscere la migrazione come forma di adattamento e aumentare la disponibilità e la flessibilità dei percorsi per la migrazione regolare.

Purtroppo, dobbiamo ammettere che eventi globali come il Covid-19 e il crescente numero di conflitti in tutto il mondo, con le loro gravi conseguenze etiche, sociali ed economiche, rischiano di minare la sicurezza globale, di esacerbare l’insicurezza alimentare, di mettere a repentaglio il multilateralismo e persino di mettere in ombra i nostri sforzi qui a Sharm el-Sheikh.

Non possiamo permettere che questo accada. Il cambiamento climatico non ci aspetterà. Il nostro mondo è ormai troppo interdipendente e non può permettersi di strutturarsi in blocchi di Paesi isolati e insostenibili. Questo è il momento della solidarietà internazionale e intergenerazionale. Dobbiamo essere responsabili, coraggiosi e lungimiranti non solo per noi stessi, ma anche per i nostri figli.

L’anno scorso, in occasione della COP-26 di Glasgow, Papa Francesco ha inviato un Messaggio in cui sottolineava che “le ferite inferte alla nostra famiglia umana dalla pandemia Covid-19 e dal fenomeno del cambiamento climatico sono paragonabili a quelle derivanti da un conflitto globale”[4]. Ora, questo messaggio assume un significato ancora più importante. La nostra volontà politica deve essere guidata dalla consapevolezza che o si vince insieme o si perde insieme.

Dobbiamo ammettere che la strada per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi è complessa e che abbiamo sempre meno tempo a disposizione per correggere la rotta. La COP27 ci offre un’ulteriore opportunità, che non può essere sprecata. È un’opportunità e anche una sfida per affrontare seriamente i quattro pilastri dell’Accordo di Parigi: mitigazione, adattamento, finanza e perdite e danni. Questi quattro pilastri sono interconnessi e sono una questione di equità, giustizia ed equità. Non dovremmo inoltre trascurare l’aspetto non economico delle perdite e dei danni, come la perdita del patrimonio e delle culture. Qui abbiamo molto da imparare dai popoli indigeni.

Con l’adesione alla Convenzione e all’Accordo di Parigi, la Santa Sede si impegna ancora di più ad andare avanti in questo cammino insieme, per il bene comune dell’umanità e soprattutto a nome dei nostri giovani, che guardano a noi per prendersi cura delle generazioni presenti e future.

Grazie

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[1] Papa Francesco, Incontro con le Autorità, i rappresentanti della società civile e il Corpo Diplomatico, Awali, Bahrain, 3 novembre 2022.
[2] Papa Francesco, Videomessaggio al Vertice di alto livello sulle ambizioni climatiche, New York, 12 dicembre 2020.
[3] Benedetto XVI, Giornata mondiale della pace 2008: La famiglia umana, comunità di pace, n. 7, 8 dicembre 2007.
[4] Papa Francesco, Messaggio per la COP26, 29 ottobre 2021.