11 Luglio, 2025

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“Chiediamo il dono di discernere dove si blocca la nostra vita”

Nell'udienza generale di mercoledì 18 giugno, Papa Leone XIV ha meditato sulla guarigione del paralitico nel Vangelo di Giovanni, invitandoci a riconoscere i nostri limiti, a esprimere il desiderio di guarigione e ad affidarci alla potenza liberatrice di Cristo

“Chiediamo il dono di discernere dove si blocca la nostra vita”

Durante la sua penultima udienza generale prima della pausa estiva, tenutasi il 18 giugno in Piazza San Pietro, Papa Leone XIV ha proseguito il suo ciclo di catechesi sulle guarigioni di Gesù. Ha riflettuto sul racconto del paralitico (Gv 5,1-9), incoraggiando i fedeli a considerare quegli ambiti della loro vita in cui si sentono “bloccati” o senza via d’uscita. Ha osservato che spesso “sembra inutile continuare a sperare; ci rassegniamo e smettiamo di lottare”.

Il Pontefice ha sottolineato come Gesù non si rechi direttamente al Tempio, ma si avvicini prima alla Piscina di Betesda – chiamata “Casa della Misericordia” – dove si radunavano i malati esclusi, considerati impuri. Lì, Gesù si unisce a quanti soffrono e cercano un miracolo per cambiare il loro destino.

Quando Gesù incontrò il paralitico, gli chiese: “Vuoi essere guarito?”. Una domanda che può sembrare superflua, ma che in realtà risveglia la volontà di guarire. Quando qualcuno è bloccato da anni, a volte “ci manca persino la voglia di guarire” e preferiamo persino rimanere nel nostro stato, “costringendo gli altri a prendersi cura di noi”.

Il Papa ha sottolineato che l’uomo ha reagito attribuendo la colpa alla sua mancanza di aiuto, un atteggiamento che giustificava la sua inazione. Gesù, tuttavia, gli mostra che chi può davvero aiutarlo deve venire da Dio. Così, lo incoraggia ad abbandonare la rassegnazione, ad alzarsi, a prendere la sua barella e a camminare – non per gettarla via, ma per portare con sé la sua storia di sofferenza e superamento.

Al termine della sua riflessione, Leone XIV rivolse ai fedeli un profondo invito:

Chiediamo al Signore il dono di comprendere dove la nostra vita è bloccata. Cerchiamo di esprimere il nostro desiderio di guarigione. E preghiamo per tutti coloro che si sentono paralizzati, senza via d’uscita. Chiediamo anche di tornare al cuore di Cristo, che è la vera casa della misericordia.

Il Papa ci incoraggia a vedere i nostri limiti come un’opportunità per incontrare Cristo, che chiede sempre la nostra collaborazione, il nostro “sì” per agire nella nostra vita.

Testo completo:

LEONE XIV

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 18 giugno 2025

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Ciclo di Catechesi – Giubileo 2025. Gesù Cristo nostra speranza. II. La vita di Gesù. Le guarigioni. 10. La guarigione del paralitico. «Gesù, vedendolo giacere e sapendo che da molto tempo era così, gli disse: “Vuoi guarire?”» (Gv 5,6)

 

Cari fratelli e sorelle,

continuiamo a contemplare Gesù che guarisce. In modo particolare oggi vorrei invitarvi a pensare alle situazioni in cui ci sentiamo “bloccati” e chiusi in vicolo cieco. A volte ci sembra infatti che sia inutile continuare a sperare; diventiamo rassegnati e non abbiamo più voglia di lottare. Questa situazione viene descritta nei Vangeli con l’immagine della paralisi. Per questo motivo vorrei fermarmi oggi sulla guarigione di un paralitico, narrata nel quinto capitolo del Vangelo di San Giovanni (5,1-9).

Gesù va a Gerusalemme per una festa dei Giudei. Non si reca subito al Tempio; si ferma invece presso una porta, dove probabilmente venivano lavate le pecore che poi venivano offerte nei sacrifici. Vicino a questa porta, sostavano anche tanti malati, che, a differenza delle pecore, erano esclusi dal Tempio perché considerati impuri! E allora è Gesù stesso che li raggiunge nel loro dolore. Queste persone speravano in un prodigio che potesse cambiare la loro sorte; infatti, accanto alla porta si trovava una piscina, le cui acque erano considerate taumaturgiche, capaci cioè di guarire: in alcuni momenti l’acqua si agitava e, secondo la credenza del tempo, chi si immergeva per primo veniva guarito.

Si veniva a creare così una sorta di “guerra tra poveri”: possiamo immaginare la scena triste di questi malati che si trascinavano faticosamente per entrare nella piscina. Quella piscina si chiamava Betzatà, che significa “casa della misericordia”: potrebbe essere un’immagine della Chiesa, dove i malati e i poveri si radunano e dove il Signore viene per guarire e donare speranza.

Gesù si rivolge specificamente a un uomo che è paralizzato da ben trentotto anni. Ormai è rassegnato, perché non riesce mai a immergersi nella piscina, quando l’acqua si agita (cfr v. 7). In effetti, quello che ci paralizza, molte volte, è proprio la delusione. Ci sentiamo scoraggiati e rischiamo di cadere nell’accidia.

Gesù rivolge a questo paralitico una domanda che può sembrare superflua: «Vuoi guarire?» (v. 6). È invece una domanda necessaria, perché, quando si è bloccati da tanti anni, può venir meno anche la volontà di guarire. A volte preferiamo rimanere nella condizione di malati, costringendo gli altri a prendersi cura di noi. È talvolta anche un pretesto per non decidere cosa fare della nostra vita. Gesù rimanda invece quest’uomo al suo desiderio più vero e profondo.

Quest’uomo infatti risponde in modo più articolato alla domanda di Gesù, rivelando la sua visione della vita. Dice anzitutto che non ha nessuno che lo immerga nella piscina: la colpa quindi non è sua, ma degli altri che non si prendono cura di lui. Questo atteggiamento diventa il pretesto per evitare di assumersi le proprie responsabilità. Ma è proprio vero che non aveva nessuno che lo aiutasse? Ecco la risposta illuminante di Sant’Agostino: «Sì, per essere guarito aveva assolutamente bisogno di un uomo, ma di un uomo che fosse anche Dio. […] È venuto dunque l’uomo che era necessario; perché differire ancora la guarigione?». [1]

Il paralitico aggiunge poi che quando prova a immergersi nella piscina c’è sempre qualcuno che arriva prima di lui. Quest’uomo sta esprimendo una visione fatalistica della vita. Pensiamo che le cose ci capitano perché non siamo fortunati, perché il destino ci è avverso. Quest’uomo è scoraggiato. Si sente sconfitto nella lotta della vita.

Gesù invece lo aiuta a scoprire che la sua vita è anche nelle sue mani. Lo invita ad alzarsi, a risollevarsi dalla sua situazione cronica, e a prendere la sua barella (cfr v. 8). Quel lettuccio non va lasciato o buttato via: rappresenta il suo passato di malattia, è la sua storia. Fino a quel momento il passato lo ha bloccato; lo ha costretto a giacere come un morto. Ora è lui che può prendere quella barella e portarla dove desidera: può decidere cosa fare della sua storia! Si tratta di camminare, prendendosi la responsabilità di scegliere quale strada percorrere. E questo grazie a Gesù!

Carissimi fratelli e sorelle, chiediamo al Signore il dono di capire dove la nostra vita si è bloccata. Proviamo a dare voce al nostro desiderio di guarire. E preghiamo per tutti coloro che si sentono paralizzati, che non vedono vie d’uscita. Chiediamo di tornare ad abitare nel Cuore di Cristo che è la vera casa della misericordia!

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[1]  Omelia 17, 7.

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APPELLO

Cari fratelli e sorelle,

il cuore della Chiesa è straziato per le grida che si levano dai luoghi di guerra, in particolare dall’Ucraina, dall’Iran, da Israele, da Gaza. Non dobbiamo abituarci alla guerra! Anzi, bisogna respingere come una tentazione il fascino degli armamenti potenti e sofisticati. In realtà, poiché nella guerra odierna «si fa uso di armi scientifiche di ogni genere, la sua atrocità minaccia di condurre i combattenti a una barbarie di gran lunga superiore a quella dei tempi passati» (Conc. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 79). Pertanto, in nome della dignità umana e del diritto internazionale, ripeto ai responsabili ciò che soleva dire Papa Francesco: la guerra è sempre una sconfitta! E con Pio XII: «Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra».

Saluti

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della Diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, accompagnati dal loro Vescovo: cari amici, auguro che la visita alle tombe degli Apostoli offra a ciascuno l’opportunità di una forte esperienza di fede per essere apostoli del Vangelo nel vostro territorio. Saluto, inoltre, i sacerdoti di Ferrara-Comacchio e di Brescia, incoraggiandoli a consolidare generosi propositi di fedeltà alla chiamata del Signore.

Accolgo con affetto le parrocchie: Santi Pietro e Paolo in Montelupone, Santi Crisante e Daria, e Santa Maria causa nostrae laetitiae in Roma.

Saluto l’Associazione Nazionale Consulenti del lavoro esprimendo apprezzamento per l’impegno e per i giusti sforzi a tutela dei diritti dei lavoratori, nel rispetto delle legittime ragioni delle imprese.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. La festa del Corpus Domini, che celebreremo domani, ci offra l’occasione per approfondire la nostra fede e il nostro amore verso l’Eucaristia. A tutti la mia benedizione!

Exaudi Redazione

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