“Di fronte alla guerra, far tacere le armi è il primo passo”

Le parole del Papa ai membri di Leaders pour la Paix

Vatican Media

Questa mattina, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri della ONG “Leader pour la Paix” e ha rivolto loro le parole di saluto che riportiamo di seguito:

Saluto del Santo Padre

Signore e Signori!

Sono lieto di questo momento d’incontro con Voi, membri dei Leader pour la Paix, e vi ringrazio per la presenza e l’attività della vostra Scuola Itinerante di Pace, che si tiene in questi giorni alla Pontificia Università Lateranense. Essere un Leader pour la Paix nel momento che stiamo attraversando è una grande responsabilità e non solo un impegno. Ci siamo accorti che la famiglia umana, minacciata dalla guerra, corre un pericolo più grave: la mancata volontà di costruire la pace. La vostra esperienza vi insegna che, di fronte alla guerra, far tacere le armi è il primo passo da compiere, ma poi sarà da ricostruire il presente e il futuro della convivenza, delle istituzioni, delle strutture e dei servizi. La pace richiede forme di riconciliazione, valori condivisi e – cosa indispensabile – percorsi di educazione e formazione.


Costruire la pace ci chiede di essere creativi, di superare, se necessario, gli schemi abituali delle relazioni internazionali, e nel contempo di contrastare quanti affidano alla guerra il compito di risolvere le controversie tra gli Stati e negli Stati, o addirittura pensano di realizzare con la forza le condizioni di giustizia necessarie alla coesistenza tra i popoli. Non possiamo dimenticare che il sacrificio di vite umane, le sofferenze della popolazione, la distruzione indiscriminata di strutture civili, la violazione del principio di umanità non sono “effetti collaterali” della guerra, no, sono crimini internazionali. Questo dobbiamo dirlo e ripeterlo.

Usare le armi per risolvere i conflitti è segno di debolezza e di fragilità. Negoziare, procedere nella mediazione e avviare la conciliazione richiede coraggio. Il coraggio di non sentirsi superiori agli altri; il coraggio di affrontare le cause del conflitto, abbandonando interessi e disegni di egemonia; il coraggio di superare la categoria del nemico, per diventare costruttori della fraternità universale, che trova forza nelle diversità e unità nelle aspirazioni comuni ad ogni persona.

Ancora di più è richiesto il coraggio di lavorare insieme di fronte alla sfida degli ultimi che domandano non una pace teorica, ma speranza di vita. Costruire la pace significa allora avviare e sostenere processi di sviluppo per eliminare la povertà, sconfiggere la fame, garantire la salute e la cura, custodire la casa comune, promuovere i diritti fondamentali e superare le discriminazioni determinate dalla mobilità umana. Solo allora la pace diventerà sinonimo di dignità per ogni nostro fratello e sorella.

Su tutti voi e sul vostro lavoro invoco ogni grazia di Dio e vi chiedo di non dimenticare di pregare per me. E se qualcuno non prega perché non sa o non può, almeno mandatemi “buone onde”: ne ho bisogno per questo lavoro! Grazie.