“Dio con misericordia cerca la creatura per salvarla”

Le parole del Papa alla recita dell’Angelus

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Alle ore 12 di oggi, il Santo Padre Francesco si è affacciato alla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro.

Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

Prima dell’Angelus

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, nella Liturgia, il Vangelo narra l’incontro tra Gesù e Zaccheo, capo dei pubblicani nella città di Gerico (Lc 19,1-10). Al centro di questo racconto c’è il verbo cercare. Stiamo attenti: cercare. Zaccheo «cercava di vedere chi era Gesù» (v. 3) e Gesù, dopo averlo incontrato, afferma: «Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (v. 10). Soffermiamoci un po’ sui due sguardi che si cercano: lo sguardo di Zaccheo che cerca Gesù e lo sguardo di Gesù che cerca Zaccheo.


Lo sguardo di Zaccheo. Si tratta di un pubblicano, cioè uno di quegli ebrei che raccoglievano le tasse per conto dei dominatori romani – un traditore della patria – e approfittavano di questa loro posizione. Per questo, Zaccheo era ricco, odiato da tutti e additato come peccatore. Il testo dice che «era piccolo di statura» (v. 3) e con questo forse allude anche alla sua bassezza interiore, alla sua vita mediocre, disonesta, con lo sguardo sempre rivolto in basso. Ma l’importante è che era piccolino. Eppure, Zaccheo vuole vedere Gesù. Qualcosa lo spinge a vederlo. «Corse avanti – dice il Vangelo – e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomoro, perché doveva passare di là» (v. 4). Salì su un sicomoro: Zaccheo, l’uomo che dominava tutto, fa il ridicolo, va sulla strada del ridicolo per vedere Gesù. Pensiamo un po’ cosa accadrebbe se, per esempio, un ministro dell’economia salisse su un albero per guardare un’altra cosa: rischia la beffa. E Zaccheo ha rischiato la beffa per vedere Gesù, ha fatto il ridicolo. Zaccheo, nella sua bassezza, sente il bisogno di cercare un altro sguardo, quello di Cristo. Ancora non lo conosce, ma aspetta qualcuno che lo liberi della sua condizione – moralmente bassa –, che lo faccia uscire dalla palude in cui si trova. Questo è fondamentale: Zaccheo ci insegna che, nella vita, non è mai tutto perduto. Per favore, mai tutto è perduto, mai! Sempre possiamo fare spazio al desiderio di ricominciare, di ripartire, di convertirci. E questo è quello che fa Zaccheo.

Decisivo in questo senso è il secondo aspetto: lo sguardo di Gesù. Egli è stato inviato dal Padre a cercare chi si è perduto; e quando arriva a Gerico, passa proprio accanto all’albero dove sta Zaccheo. Il Vangelo narra che «Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”» (v. 5). È un’immagine molto bella, perché se Gesù deve alzare lo sguardo, significa che guarda Zaccheo dal basso. Questa è la storia della salvezza: Dio non ci ha guardato dall’alto per umiliarci e giudicarci, no; al contrario, si è abbassato fino a lavarci i piedi, guardandoci dal basso e restituendoci dignità. Così, l’incrocio di sguardi tra Zaccheo e Gesù sembra riassumere l’intera storia della salvezza: l’umanità con le sue miserie cerca la redenzione, ma anzitutto Dio con misericordia cerca la creatura per salvarla.

Fratelli, sorelle, ricordiamoci questo: lo sguardo di Dio non si ferma mai al nostro passato pieno di errori, ma guarda con infinita fiducia a ciò che possiamo diventare. E se a volte ci sentiamo persone di bassa statura, non all’altezza delle sfide della vita e tanto meno del Vangelo, impantanati nei problemi e nei peccati, Gesù ci guarda sempre con amore; come con Zaccheo ci viene incontro, ci chiama per nome e, se lo accogliamo, viene a casa nostra. Allora possiamo chiederci: come guardiamo a noi stessi? Ci sentiamo inadeguati e ci rassegniamo, oppure proprio lì, quando ci sentiamo giù, cerchiamo l’incontro con Gesù? E poi: che sguardo abbiamo verso coloro che hanno sbagliato e faticano a rialzarsi dalla polvere dei loro errori? È uno sguardo dall’alto, che giudica, disprezza, che esclude? Ricordiamoci che è lecito guardare una persona dall’alto in basso soltanto per aiutarla a sollevarsi: niente di più. Soltanto in questo è lecito guardare dall’alto in basso. Ma noi cristiani dobbiamo avere lo sguardo di Cristo, che abbraccia dal basso, che cerca chi è perduto, con compassione. Questo è, e dev’essere, lo sguardo della Chiesa, sempre, lo sguardo di Cristo, non lo sguardo condannatore.

Preghiamo Maria, di cui il Signore ha guardato l’umiltà, e chiediamole il dono di uno sguardo nuovo su di noi e sugli altri.