Giovanni Scifoni: “Che fatica pregare in famiglia…”

L’attore e la moglie Elisabetta hanno portato la loro testimonianza alla presentazione dell’Incontro mondiale delle Famiglie

Giovanni Scifoni (C) Vatican Media

Alla presentazione dell’Incontro mondiale delle Famiglie c’erano anche Elisabetta e Giovanni Scifoni, come rappresentanti delle famiglie romane. Visibilmente emozionata lei, più a suo agio l’attore, molto noto al grande pubblico italiano per aver interpretato diversi film e serie tv.

“È un onore essere testimoni di questo evento e rappresentare tutte le famiglie romane – ha esordito Elisabetta – Abbiamo utilizzato il lockdown per narrare le dinamiche della famiglia perché la famiglia rappresenta gran parte del campionario delle relazioni umane”. Anche se, ha aggiunto Giovanni, “ci sentiamo inadeguati a rappresentare le famiglie. La nostra esperienza è di non essere capaci, di fronte alla responsabilità immensa” con i figli “di avere un pezzettino di futuro da crescere e da educare e rischi di fare danni mostruosi. Ma dovresti anche amare la persona con cui devi svolgere questo compito per tutta la vita e se ci pensate è una follia. Nessuno firmerebbe un contratto del genere. Per fortuna, poco prima che ci sposassimo (16 anni fa, ndr) è stata introdotta la formula ‘con la grazia di Cristo’. E allora così è possibile”.

Difficile pregare in famiglia

Altro aspetto raccontato con la consueta verve da Scifoni è la preghiera in famiglia: “Che fatica, non è facile… appena cominci un’Avemaria a uno non gli va, un altro corre via, succede il putiferio. Non a caso chi prega tanto sono i monaci: se avessero una famiglia, pregherebbero molto meno…”.

I sussidi

Ai coniugi Scifoni è toccato illustrare gli strumenti messi a disposizione dalla Diocesi di Roma per prepararsi all’appuntamento del prossimo giugno, a cominciare dalla la preghiera. È stata pensata come uno strumento pastorale; può essere recitata in casa, tra genitori, insieme ai figli; servirà anche in parrocchia per gli incontri dei gruppi, dei movimenti e delle comunità. È un modo per ringraziare il Padre per il grande dono della famiglia. Il testo integrale è disponibile sul sito internet, in diverse lingue.


Il dipinto simbolo dell’Incontro delle Famiglie

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Scifoni
Il dipinto di Rupnik

oi c’è il dipinto realizzato da padre Marko Ivan Rupnik, gesuita, artista e teologo, direttore dell’Atelier di Arte e di Architettura del Centro Aletti. Il titolo è: “Questo mistero è grande”. Dominano i colori caldi, il formato è 80×80. Sullo sfondo si vede il celebre episodio delle nozze di Cana, dove Gesù compie il suo primo miracolo, cambiando l’acqua in vino. Sulla sinistra gli sposi appaiono coperti da un velo, mentre il servo che versa il vino ha, secondo l’antica iconografia cristiana, il volto con i tratti di san Paolo, Apostolo delle genti. È proprio lui, Paolo, alla luce della Rivelazione Cristiana, a scostare con la mano il velo e, indicando l’unione tra Maria e Cristo, esclama: «Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!» (Ef 5, 32).

L’inno e il videoclip

Infine, l’inno dal titolo “We believe in love”. Il testo e le musiche sono stati composti da monsignor Marco Frisina. Il brano riprende, chiaramente il tema dell’amore familiare. Nel brano, si mette in luce il grande Mistero delle nozze eterne di Cristo sposo e della Sua Chiesa. La famiglia, pur con le sue difficoltà, ha però il potere di scuotere ogni cuore testimoniando la Croce come salvezza. La famiglia ha davvero il compito di svelare al mondo il volto del Creatore. Ad accompagnare l’inno un videoclip girato dal regista Luigi Pingitore.

Arte e fede nella vita quotidiana

Scifoni ha anche risposto a una domanda su come sia possibile essere cattolici in un ambiente come quello artistico. “Giro la domanda – ha replicato l’attore – Qual è l’ambiente adatto ai cattolici? Non siamo una riserva indiana, non siamo un museo, siamo persone e viviamo la nostra esperienza professionale e anche artistica. È una domanda che mi sono fatto spesso quando ero più giovane, di fronte al mio desiderio di essere attore mi chiedevo come posso conciliare la mia fede con la mia esperienza artista. Ebbene, sarei un pessimo artista se non portassi nella mia arte quello che per me è questione di vita o di morte, perché qualsiasi artista porta nella sua arte quello in cui crede”.