Harambee, storie di riscatto contro gli stereotipi sull’Africa

Torna il concorso biennale organizzato dalla onlus nata in occasione della canonizzazione del fondatore dell’Opus Dei per promuovere progetti di sviluppo nel continente

Harambee
I partecipanti a un programma educativo a Coreda, in Camerun © Harambee Africa International

Combattere gli stereotipi raccontando l’Africa “in presa diretta”. È lo scopo principale del concorso promosso da Harambee Africa International. Di cosa si tratta? Exaudi lo ha chiesto a Rossella Miranda, responsabile dell’Area comunicazione della onlus.

Prima di tutto, cos’è Harambee, parola che significa “lavorare insieme”?

È un’associazione internazionale con sede a Roma e comitati che lavorano in Europa e negli Stati Uniti. Nasce nel 2002 in occasione della canonizzazione di San Josemaria Escrivà, fondatore dell’Opus Dei. Il primo obiettivo è affiancare enti africani che lavorano nel settore dello sviluppo e nel campo dell’educazione promuovendo progetti ideati e portati avanti da loro stessi. Noi selezioniamo le proposte e ci attiviamo per la raccolta di fondi necessari e poi le monitoriamo per seguirne gli sviluppi.

Il secondo obiettivo riguarda la comunicazione, perché il desiderio è quello di contribuire ad approfondire l’informazione sull’Africa, che generalmente è molto stereotipata. Lo facciamo possibilmente dando voce agli africani stessi, in modo che siano loro a raccontare le realtà in cui vivono, per farsi conoscere e superare questi stereotipi.

In questo contesto si inserisce il premio internazionale Harambee. Siamo alla nona edizione, è un premio biennale dedicato a video documentari, italiani e stranieri, sul tema dell’Africa. In genere ha due sezioni, una per giornalisti professionisti e uno di spot riservata ai giovani. Lo scopo è quello di mettere in risalto storie positive, di coraggio, di costruzione. Questa edizione, visto il particolare momento di pandemia, abbiamo voluto legarla al contesto che tutti stiamo vivendo e quindi il tema eccezionalmente è specifico: ‘La resilienza in tempo di crisi, storie di coraggio in tempo di pandemia’.

Senza dubbio le difficoltà nel continente africano sono parecchie.

Infatti: mancano i vaccini, non si conoscono bene i numeri dei contagi e soprattutto le conseguenze sociali ed economiche rendono la vita più difficile alle persone. Però nonostante tutto si stanno attivando processi di reazione, propositivi, che suscitano cambiamenti importanti.

La dimostrazione in qualche modo l’abbiamo avuta nel periodo di lockdown più duro. Ogni anno incoraggiamo alcuni collaboratori a scrivere le loro riflessioni su temi che noi suggeriamo. L’anno scorso gli avevamo chiesto di raccontare le loro testimonianze su quel periodo così particolare. Ne sono scaturite tantissime testimonianze positive, autentici messaggi di speranza e di fiducia.

A proposito di stereotipi, quale può essere in epoca di fake news il ruolo della comunicazione, come è possibile influire sulla narrazione dell’Africa soprattutto in Occidente?

Sicuramente approfondendo e conoscendo meglio le realtà. Alla fine, se ci basiamo su agenzie o social in cui ognuno può dire quello che vuole e senza verificare le fonti, tutto si basa sull’emozione del momento, diventa difficile approfondire e capire bene come stanno le cose. L’incoraggiamento è quindi quello di approfondire. È ovvio che l’ideale sarebbe informarsi sul posto ma è altrettanto chiaro che non è possibile. Però c’è la possibilità di rimanere informati e trovare occasioni per amplificare la voce dell’Africa, perché è anche loro interesse far conoscere le realtà in cui si trovano. Perciò ogni volta che c’è un’occasione di dar voce a qualcuno che ha qualcosa di interessante da raccontare, quello può essere un contributo importante.

E qualcuna di queste storie legate ad Harambee?


Vorrei fare una premessa. La cosa interessante è vedere la reazione dei giovani che noi incoraggiamo ad avere maggiore sensibilità verso l’Africa. Spesso la partecipazione avviene dopo un percorso di approfondimento portato avanti con i loro insegnanti. Noi ‘accendiamo una miccia’, diamo un’occasione attraverso il concorso degli spot o quello dedicato a racconti e disegni dal titolo “Ti racconto l’Africa” e ogni volta che proponiamo qualcosa, per esempio alle scuole, si innesca un percorso di autonomia e possiamo vedere i risultati, cosa molto interessante e anche gratificante.

Di storie da raccontare ce ne sono davvero tante, sono raccolte nella sezione web di Harambee e sono molto diverse tra loro. Ad esempio, nel 2017 fu premiato un reportage dal Madagascar che a mio avviso rompe davvero tutti gli stereotipi. Racconta di un gruppo di ragazzi che attraverso la musica e l’arte vanno in cerca di un riscatto ed è una storia molto positiva. Ce ne sono anche dall’Italia, penso agli spot realizzati in maniera anche semplice, magari girati su una spiaggia di Ostia con uno smartphone, ma sono prodotti molto accattivanti.

Oltre al concorso e alla comunicazione, quali altre iniziative portate avanti?

Le iniziative sono diverse. Oltre a quelle orientate alla comunicazione, ce ne sono per i giovani o il volontariato. Per esempio, lo studio solidale, attivato in diversi Paesi: ragazzi che conteggiano le loro ore di studio, ovviamente monitorate, che vengono poi convertite da alcuni sponsor in euro destinati a iniziative concrete. È un modo ulteriore di valorizzare lo studio, che si trasforma anche in aiuto per un coetaneo in Africa. Un altro esempio è il “Travel with purpose” (viaggio con scopo). Ogni anno per una settimana portiamo in un paese diverso dell’Africa, dove sono attivi i nostri progetti, possibili collaboratori, sostenitori o volontari che desiderano impegnarsi ma prima vogliono vedere cosa si sta facendo e in che modo.

Sia chiaro, non è un viaggio turistico, tutt’altro: richiede anche un po’ di sacrificio perché i partecipanti sono ospitati nelle strutture interessate dai progetti, ma è un modo molto bello per avvicinare persone che sanno poco o niente di Africa a realtà che non sono, appunto, turistiche e così possono conoscere direttamente situazioni, persone e progetti. Un’esperienza da cui si torna sempre arricchiti.

Progetti di sviluppo?

Ce ne sono in diversi settori: agricoltura, università, formazione professionale, risorse idriche. Ma la caratteristica comune è la formazione: lo scopo è garantire la sostenibilità delle varie azioni. I progetti vengono ricevuti a settembre, forniti da partners esperti nel campo della cooperazione, con cui collaboriamo da anni. Vengono poi selezionati da un comitato e quindi parte la campagna di raccolta fondi.

Il concorso è aperto a tutti?

Sì, a tutti i paesi, africani e no. Il Bando è destinato a reportage e video documentari realizzati a partire da marzo 2020 che affrontino tematiche etniche, sociali, economiche, sanitarie, culturali collegate all’emergenza sanitaria da Covid-19. La data ultima per la presentazione dei lavori è il 30 settembre 2021. Al vincitore verrà riconosciuto un premio in denaro di 1.000 euro. La premiazione è organizzata a turno dai vari comitati nazionali di Harambee. L’ultima l’ha gestita dal Portogallo e la cerimonia si è svolta a Lisbona. Per questa edizione al momento è previsto un evento non in presenza. Se le condizioni sanitarie lo consentiranno, invece, la cerimonia si terrà a Roma.

Qui è possibile scaricare il bando