I 38 giorni di Francesco in ospedale: appuntamenti e grida di pace
Come nel 2020, quando accompagnò l'umanità durante la crisi del Covid, Francesco continua oggi a guidare la nave della Chiesa e a essere un punto di riferimento nel mondo nonostante la malattia e in mezzo alle "tempeste" della guerra, del riarmo e della povertà. Numerosi sono stati gli appelli alla pace durante la sua permanenza al Policlinico, così come i messaggi e le decisioni amministrative da lui prese

Cinque anni fa, nel pomeriggio di questo stesso giorno, eccolo lì, in una piazza San Pietro isolata, illuminata solo dalle luci lampeggianti dei fari e dagli echi delle sirene. Tutta l’umanità era confinata nelle proprie case a causa della pandemia di Covid-19, ma il Papa era lì, nel cuore della cristianità, solo, ma accompagnato dallo sguardo, dalla corrente e dalla preghiera di tutti. “Ci siamo resi conto che eravamo sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma allo stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di reciproco conforto. In questa barca… siamo tutti”, ha detto allora Francesco.
Cinque anni dopo, è il Papa a ritrovarsi “confinato” nella sua casa, Santa Marta, per proseguire la convalescenza prescrittagli dal medico in seguito a una polmonite bilaterale che ha messo a rischio la sua vita due volte e ha richiesto un ricovero ospedaliero di 38 giorni. Soli, ma accompagnati fisicamente dall’équipe medica e dai collaboratori più stretti, e spiritualmente dalle preghiere di tanti, anche di chi non crede. Fragile, ma saldo e, anche in questo 27 marzo 2025, come nel 2020, punto di riferimento per un’umanità perduta. La tempesta non è più la pandemia, ma le guerre e le crisi, la corsa agli armamenti e la vita delle persone strangolate dalla violenza e dalla precarietà. “Su questa barca… siamo tutti insieme.”
La sua visione del mondo e della Chiesa
Jorge Mario Bergoglio continua a governare questa barca, e lo ha fatto anche durante la Quaresima trascorsa al Gemelli, tra urgenze respiratorie, terapie farmacologiche e fisioterapia. Le mani sul timone della Chiesa, gli occhi puntati sugli orizzonti dell’Europa, del Medio Oriente, dell’Africa e del Sud-Est asiatico, tutti dilaniati da una guerra che «da qui», dal decimo piano del centro sanitario, «sembra ancora più assurda». Una frase scritta nella meditazione dell’Angelus del 2 marzo e impressa nella memoria collettiva.
La meditazione del 2 marzo è la seconda di sei pubblicate in sei domeniche a partire dal 14 febbraio, giorno della sua ammissione, quando la finestra del suo studio privato nel Palazzo Apostolico Vaticano era chiusa. In ogni sua riflessione c’era sempre un riferimento a situazioni di conflitto, dalla prima meditazione del 16 febbraio a quella di domenica 23, alla vigilia del terzo anniversario dell’inizio della vasta aggressione contro l’Ucraina. «Un anniversario doloroso e vergognoso per l’intera umanità», lo ha definito il Pontefice, invitando a ricordare «le vittime di tutti i conflitti armati» e a «pregare per il dono della pace in Palestina, in Israele e in tutto il Medio Oriente, in Myanmar, nel Kivu e in Sudan». Un invito esteso anche all’Angelus di domenica 9 marzo, prima domenica di Quaresima, in cui ha espresso la sua “preoccupazione” per l’escalation di violenza in Siria, chiedendo “il pieno rispetto di tutte le componenti etniche e religiose della società, in particolare dei civili”.
Poi, il 16, in una domenica gremita di bambini di diverse nazionalità sul piazzale Gemelli, ha chiesto loro sostegno nella preghiera, soprattutto per i «Paesi feriti dalla guerra».
Ancora, il 23 marzo, giorno delle dimissioni per motivi di salute, Francesco ha espresso il suo dolore per la ripresa dei bombardamenti israeliani su Gaza: “Chiedo che si fermino immediatamente le armi; e che ci sia il coraggio di riprendere il dialogo, perché tutti gli ostaggi siano liberati e si giunga a un cessate il fuoco definitivo”, ha scritto, denunciando la situazione umanitaria nella Striscia, “ancora una volta gravissima”, che “richiede l’impegno urgente delle parti in conflitto e della comunità internazionale”.
“Disarmare le parole, le menti, la Terra”
Non solo l’Angelus, ma tra le parole di pace diffuse dal centro di cura, colpiscono quelle inviate al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, in una lettera in risposta a un messaggio di auguri di pronta guarigione.
La lettera è stata pubblicata negli stessi giorni del controverso annuncio del piano “Rearm Europe”, e in essa il Papa esorta al disarmo, iniziando con parole che, afferma, “non sono mai solo parole: sono azioni che costruiscono ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o esserne servite”. «Dobbiamo disarmare le parole, disarmare le menti e disarmare la Terra», lancia l’appello del Vescovo di Roma. “Mentre la guerra non fa che devastare comunità e ambiente, senza offrire soluzioni ai conflitti, la diplomazia e le organizzazioni internazionali hanno bisogno di nuova linfa e credibilità”.
Oltre 40 appuntamenti e un chirografo
La firma in corsivo minuscolo, Francesco, conclude la lettera al quotidiano italiano. Il Papa lo ha timbrato sotto i documenti firmati durante i suoi giorni in ospedale. Durante le sei settimane trascorse in ospedale, ha effettuato 44 nomine, tra cui vescovi, arcivescovi, nunzi (Burkina Faso, Cile, Bielorussia) e ha annunciato anche l’inizio del mandato della Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, suor Raffaella Petrini, il 15 febbraio, il giorno dopo il suo ricovero. Dieci giorni dopo, il Papa ha nominato i due nuovi segretari generali del Governatorato: monsignor Nappa, finora vicesegretario del Dicastero per l’Evangelizzazione, e l’avvocato Puglisi-Abrandi, finora vicesegretario generale.
Allo stesso modo, spiccano altre decisioni legate al governo della Chiesa, come il chirografo pubblicato il 26 febbraio, che istituisce la Commission de donationibus pro Sancta Sede, un nuovo organismo che avrà il compito di «incoraggiare con apposite campagne le donazioni» tra i fedeli, le Conferenze episcopali e altri potenziali benefattori, nonché di «reperire finanziamenti tra i benefattori disponibili per progetti specifici presentati dalle Istituzioni della Curia Romana e dal Governatorato dello Stato della Città del Vaticano».
L’inizio di un percorso
Nei 38 giorni al timone della barca durante la tempesta della malattia e della situazione mondiale, ci sono anche quattro catechesi preparate per le udienze generali del mercoledì (19 e 26 febbraio – 5 e 19 marzo), sei messaggi (tra cui il Messaggio di Quaresima o quelli indirizzati ai partecipanti all’assemblea generale della Pontificia Accademia per la Vita, al pellegrinaggio del Movimento per la Vita, all’assemblea plenaria della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori), e c’è la lettera inviata al cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo, per stabilire l’avvio di un itinerario che porterà a un’Assemblea ecclesiale nel 2028 in Vaticano, consolidando quanto fatto fino ad allora, senza convocare un nuovo Sinodo.
Questa decisione rimette in carreggiata la Chiesa universale per i prossimi tre anni, sempre accompagnata dal Papa. Mai soli, anche se isolati; mai debole, anche se convalescente; mai assente, anche se fisicamente lontano dai fedeli a causa di un’epidemia mondiale o di una malattia personale.
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