Il Papa chiede impegni concreti per il disarmo

“L’ingiustizia e la violenza non sono inevitabili”: messaggio al Forum di Parigi sulla Pace

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Serve “un impegno collettivo concreto a favore del disarmo integrale”. Lo ha affermato il Papa nel suo messaggio ai partecipanti al 4° Forum di Parigi sulla Pace che si è aperto oggi. Ma il disarmo non basta: dopo la pandemia, occorre un cambiamento di stile di vita. Ecco le sue parole:

A ciascuno di voi, riuniti per il 4° Forum de Paris sur la Paix, rivolgo il mio cordiale saluto. Sono grato per questa opportunità di incontro e di riflessione; auguro che sia fruttuosa e contribuisca a promuovere la pace, il buon governo e un futuro migliore per tutti; che aiuti a uscire migliori dalla pandemia di Covid-19. In questa fase storica, la famiglia umana si trova di fronte a una scelta. La prima possibilità è quella del cosiddetto “ritorno alla normalità”.

No al ritorno a vecchie strutture sociali

Ma la realtà che conoscevamo prima della pandemia era quella in cui la ricchezza e la crescita economica erano riservate a una minoranza mentre milioni di persone non erano in grado di soddisfare i bisogni più elementari e condurre una vita dignitosa; un mondo in cui la nostra Terra veniva saccheggiata da un miope sfruttamento delle risorse, dall’inquinamento, dal consumismo “usa e getta” e ferita da guerre ed esperimenti con armi di distruzione di massa. Ritorno alla normalità significherebbe anche ritorno alle vecchie strutture sociali ispirate da “autosufficienza, nazionalismo, protezionismo, individualismo e isolamento” ed escludenti i nostri fratelli e sorelle più poveri.

È questo un futuro che possiamo scegliere? In questo mondo globalizzato ma lacerato, le decisioni che prendiamo oggi per uscire dalla crisi determinano la “rotta” delle generazioni a venire. Spesso perdiamo di vista il fatto che siamo una comunità globale e che «nessuno si salva da solo, che ci si può salvare unicamente insieme». Per questi motivi, abbiamo bisogno di una nuova via d’uscita; dobbiamo lavorare insieme per uscire migliori di prima.

Cresce la spesa per gli armamenti

Il primo e più urgente tema su cui dobbiamo porre la nostra attenzione è che non vi può essere una cooperazione generatrice di pace senza un impegno collettivo concreto a favore del disarmo integrale. Le spese militari a livello mondiale hanno oramai superato il livello registrato alla fine della “guerra fredda” e aumentano sistematicamente ogni anno.

Le classi dirigenti e i governi, infatti, giustificano tale riarmo richiamandosi a un’idea abusata di deterrenza fondata sull’equilibrio delle dotazioni di armamenti. In questa prospettiva, gli Stati sono inclini a perseguire i propri interessi principalmente sulla base dell’uso o della minaccia della forza. Tale sistema, tuttavia, non garantisce la costruzione e il mantenimento della pace.


L’idea della deterrenza, infatti, in molti casi è risultata fallace determinando tragedie umanitarie di grande portata. Già Papa Giovanni XXIII nella Lettera enciclica Pacem in terris aveva affermato: «Al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia».

Un commercio senza limiti

Va inoltre sottolineato che alla logica della deterrenza è stata associata quella propria del mercato liberista che gli armamenti possano essere considerati alla stregua di tutti gli altri prodotti manufatti e quindi, come tali, liberamente commerciabili a livello mondiale. Non è dunque un caso se per anni abbiamo assistito acriticamente all’espansione del mercato delle armi a livello globale.

La pandemia è stata una rivelazione per tutti noi sui limiti e le carenze delle nostre società e dei nostri stili di vita. Eppure, proprio in mezzo a questa realtà piena di ombre, abbiamo bisogno di sperare, perché la speranza è «una generatrice di energia, che stimola l’intelligenza e conferisce alla volontà tutto il suo dinamismo». La speranza ci invita a sognare in grande e a dare spazio all’immaginazione di nuove possibilità. La speranza è audace e incentiva l’azione sulla base della consapevolezza che la realtà può essere cambiata.

Il mio auspicio è che la tradizione cristiana, in particolare la dottrina sociale della Chiesa, come pure altre tradizioni religiose, possano contribuire ad assicurare al vostro incontro la speranza affidabile che l’ingiustizia e la violenza non sono inevitabili, non sono il nostro destino. Di fronte alle conseguenze della grande tempesta che ha sconvolto il mondo, la nostra coscienza ci chiama dunque a una speranza responsabile, cioè, in concreto, a non seguire la via comoda del ritorno a una “normalità” segnata dall’ingiustizia, ma ad accettare la sfida di assumere la crisi come «opportunità concreta di conversione, di trasformazione, di ripensare il nostro stile di vita e i nostri sistemi economici e sociali».

Non solo disarmo

La speranza responsabile ci permette di respingere la tentazione delle soluzioni facili e ci dà il coraggio di procedere sulla strada del bene comune, della cura dei poveri e della casa comune. Non sprechiamo questa opportunità di migliorare il nostro mondo; di adottare con decisione modalità più giuste per attuare il progresso e costruire la pace. Animati da questa convinzione, è possibile generare modelli economici che servano i bisogni di tutti preservando i doni della natura, come pure politiche lungimiranti che promuovano lo sviluppo integrale della famiglia umana.

Illustri Signore e Signori, affrontiamo insieme questa crisi cercando di risanare in profondità le ferite della famiglia umana. Ci possa ispirare questa parola che il profeta Geremia rivolse al popolo in tempo di grave crisi: «Fermatevi nelle strade e guardate, / informatevi dei sentieri del passato, / dove sta la strada buona percorretela, così troverete pace per la vostra vita».