Il ruolo insostituibile dei missionari

Presentata la Giornata mondiale. Tagle: “La missione è sempre fondata spiritualmente sull’esperienza di Gesù”

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Una missione in Africa (C) Vatican Media

È un versetto tratto dagli Atti degli Apostoli, “Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”, il tema scelto per la prossima Giornata Missionaria Mondiale che si celebra domenica 24 ottobre. Un appuntamento presentato nel corso di una conferenza stampa dal cardinale Luis Antonio G. Tagle, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli; da mons. Giampietro Dal Toso, Presidente delle Pontificie Opere Missionarie (POM) e Segretario aggiunto della stessa Congregazione, e da suor Alessandra Dalpozzo, Madre Generale delle Francescane Ancelle di Maria. Un incontro dal quale è emerso il ruolo insostituibile dei missionari, portatori della pace di Cristo nel mondo.

Dopo la presentazione di un breve video che “promuove” le missioni nel mondo, il cardinale filippino ha proposto alcune riflessioni sul testo del messaggio del S. Padre, pubblicato a fine gennaio, partendo dal racconto dell’episodio degli Atti che vede protagonisti Pietro e Giovanni.

L’esperienza di Gesù

“Non è una storia ideale o romantica, va calata nel contesto della proclamazione della Parola e della persecuzione, che continua anche oggi – ha ricordato Tagle – Il Papa si è concentrato su un tema valido per tutte le imprese missionarie. Qual è il segreto di questo zelo e della gioia degli apostoli che noi stessi dovremmo avere? Il Papa risponde che deriva dall’aver sperimentato l’amore di Dio in Gesù, aver vissuto l’amicizia di Gesù, aver visto come toccava i malati… C’erano difficoltà ma il dono di Gesù superava le difficoltà da sopportare. Hanno visto con i loro occhi che le cose potevano essere diverse, come Gesù avesse inaugurato una nuova era, un futuro in cui tutti riponevano le loro speranze. L’esperienza di Gesù porta allo stato missionario”. Che, ha sottolineato il prefetto, “è espressione di gratitudine, non è un peso, non ha solo un fine pragmatico-funzionale”. I missionari “portano il Vangelo della compassione e della speranza”.

Un dono da condividere

Tagle ha anche ricordato che il Papa dice che “non possiamo tenere il Signore per noi stessi, dobbiamo condividerlo. Più condividiamo la fede, più cresce, se la teniamo per noi stessi diventa debole e se la teniamo nell’ambito di un piccolo gruppo può diventare elitaria. La missione – ha concluso – è sempre fondata spiritualmente sull’esperienza di Gesù che ci fa uscire da noi stessi per condividerla con tutti. Gesù ha bisogno di cuori in grado di esprimere la vocazione come vera storia d’amore e di fedeltà al di là della sofferenza”. Un ruolo che tutti i missionari sono chiamati a svolgere.

Mons. Dal Toso ha proiettato la Giornata missionaria verso una serie di ricorrenze del prossimo anno legate “al mondo missionario: 400 anni della Congregazione, 200 dalla fondazione della prima Opera missionaria, l’Opera per la Propagazione della Fede, 100 anni dalla elevazione a Pontificie di tre delle quattro delle nostre Opere, 150 anni dalla nascita del fondatore della Pontificia Unione Missionaria”. In questo contesto a Lione il prossimo 22 maggio avverrà la beatificazione di Pauline Jaricot, la fondatrice della prima Opera, morta nel 1862. Mons. Dal Toso ha concentrato il suo intervento su questa figura, tracciandone tre aspetti

Una giovane donna

“Il primo è che si tratta di una giovane donna. Si parla ampiamente in questi periodi della promozione della donna nella Chiesa. Uno sguardo alla storia ci dice che la donna ha inciso enormemente nella vita della Chiesa e questo è uno di quegli esempi che dimostra come una reale ispirazione trovi spazio nella Chiesa, forse proprio perché viene da una donna”. Una donna che non è mai entrata in convento

Una grande missionaria

Il secondo è che “Pauline è stata una grande missionaria. Mi sembra importante rilevare che la chiave di comprensione per capire questa donna è stata la sua ansia missionaria. L’Opera per la propagazione della fede, e prima ancora i suoi circoli di preghiera per la missione, il Rosario vivente, il suo tentativo di costruire una fabbrica ideale per venire incontro ai bisogni spirituali e promuovere la dignità degli operai dell’epoca, tutto è stato fatto per evangelizzare l’ambiente francese e per sostenere la missione in un periodo di forte scristianizzazione dopo la rivoluzione francese. Sinteticamente credo si possa dire, ed è anche il cuore delle Pontificie Opere Missionarie, che voleva coinvolgere nella missione in terre lontane per evangelizzare nelle terre vicine.

Un seme che ha dato frutto

Infine, “Pauline è un seme da cui è nato un grande albero. Non è eccezionale solo per la santità della vita, ma per la grandezza dei frutti della sua opera. Ha messo in moto un vero movimento spirituale missionario grazie all’Opera della Propagazione della Fede, che ha avuto una diffusione immediata e capillare, anche perché costruito su un sistema semplice, ma geniale: gruppi di 10 persone, che poi si riunivano in 100 e poi in mille con un responsabile ad ogni livello.


Neppure un anno dopo l’Opera è stata riconosciuta da Pio VII e nel 1825 il re di Francia la prendeva sotto la sua protezione con un dono di 4000 franchi. Se nel 1822 raccoglieva 22.915 franchi, nel 1838 erano già 1.343.000 e due anni dopo 2,5 milioni, di cui il 45% raccolti fuori della Francia. Dai calcoli fatti, corrispondono almeno a 50 milioni di euro attuali”. L’esempio di Pauline portò mons. Forbin-Janson ad applicare questo modello alla nascente Opera dell’Infanzia Missionaria. “Il contributo delle Opere, che da questa intuizione hanno avuto origine, è stato essenziale per la storia delle missioni nel XIX e nel XX secolo – ha detto mons. Dal Toso – perché hanno coinvolto la base dei fedeli cattolici e li hanno sensibilizzati alla missione”

Un “effetto” che dura ancora oggi: “Nell’anno corrente l’Opera della Propagazione della fede ha sostenuto con un contributo per le spese correnti 893 circoscrizioni ecclesiastiche in territorio di missione ed ha investito più di 10 milioni di dollari per la formazione di catechisti, mentre l’Opera di San Pietro Apostolo ha finanziato la formazione di 76.541 seminaristi in 746 seminari”.

Un’esperienza concreta

Suor Alessandra Dalpozzo ha invece raccontato l’esperienza, nata su richiesta del vescovo nel 2010, dell’iniziativa avviata ad Atambua, nell’isola di Timor, con due convitti che ospitano numerose ragazze “alle quali speriamo di poter offrire presto un ambiente più sano e più consono per la loro crescita”, un’esperienza in cui sono fiorite nuove vocazioni

La piccola cappella di Atambua (C) Francescane Ancelle di Maria

Le religiose sono riuscite anche a costruire una cappella, con la crescita delle attività e della comunità, dedicato a S. Maria della Neve, posta al centro del villaggio. “È  il luogo della preghiera della comunità, di alcuni passaggi nella loro vita consacrata, dove si celebrano matrimoni e battesimi, che ospita le attività con le ragazze del convitto o la preparazione ai sacramenti. Momenti importanti della vita della gente di Atambua. Con l’unico obiettivo di portare la pace che è il dono di Cristo morto e risorto per noi”.

Nuove tecnologie per i missionari

Mons. Dal Toso ha anche sottolineato lo sforzo che le Direzioni nazionali stanno facendo per lavorare molto di più sul digitale, come dimostra anche il video presentato. Inoltre, durante il lockdown, è stato creato un fondo apposito che ha sostenuto, per esempio, le radio locali, per aiutare le parrocchie nei Paesi di missione, soprattutto in Africa dove le radio sono uno strumento fondamentale per i missionari. Tuttavia, ha detto facendo eco a quanto affermato dal card. Tagle, “resta un mezzo, che non può sostituire l’approccio personale, faccia a faccia. C’è stata una fioritura nelle nostre chiese perché ci sono stati missionari che si sono spesi, e quando la persona si spende il ritorno c’è”.