INTERVISTA ESCLUSIVA: Cardinal Sandri: Papa in Iraq: ‘Speranza per una Chiesa Martire’

Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali

Cardinal Sandri in Iraq
Cardinal Sandri in Iraq © Congregazione per le Chiese Orientali

“Il viaggio di Papa Francesco in Iraq,” dice il cardinale Leonardo Sandri, “contribuirà certamente, ponendovi quasi un sigillo, a risvegliare la consapevolezza della comunità internazionale che i cristiani d’oriente, inclusi quelli iracheni, non sono cristiani venuti da fuori: sono cittadini di quelle terre fin dall’origine, amano quelle terre, custodiscono antiche tradizioni, lingue e dialetti e desiderano davvero il bene di quei paesi”.

Il Prefetto della Congregazione per le Chiese orientali (e sottodecano del Collegio cardinalizio) attende con questa certezza di vedere il papa atterrare a Baghdad, per la prima visita di un Pontefice in Iraq, dal 5 all’8 marzo. Il primo viaggio papale internazionale dopo i lunghi mesi della pandemia di Covid interesserà non solo il paese di destinazione: “questo viaggio non potrà non essere una domanda rivolta a tutta la comunità internazionale, su cosa pensare del Medioriente oggi”.

Anche Papa san Giovanni Paolo II, in vista del Giubileo del 2000, aveva desiderato compiere un pellegrinaggio in Iraq. E l’esser costretto a rinunciare “fu qualcosa che certamente gli procurò grande sofferenza”, ricorda il cardinale Sandri; ma “gli iracheni”, aggiunge, “ricordano bene che l’unico che levò forte e chiara la sua voce condannando l’invasione dell’Iraq nel 2003 fu proprio San Giovanni Paolo II”, quando Sandri era  Sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato vaticana; “il fatto che l’Occidente non abbia ascoltato quella voce profetica è confermato dalla devastazione che l’intervento militare occidentale provocò in Iraq, con conseguenze visibili ancora oggi”.

Segue la conversazione col Cardinal Sandri con Exaudi:

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EXAUDI: Eminenza, Papa Francesco sta per compiere il viaggio in Iraq che Giovanni Paolo II desiderò tanto fare, per il Giubileo del 2000, poi però fu costretto a rinunciare. Lei è stato un collaboratore molto stretto di Papa Wojtyla, nell’ultima fase di quel pontificato; quanto fu sofferta quella rinuncia per lui?

Cardinal Sandri: Sì, tutti ricordiamo il cammino verso il grande Giubileo del 2000, dedicato alle tappe fondamentali della storia della salvezza e al mistero trinitario, con l’anno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Poi quel pellegrinaggio in Iraq sulle orme di Abramo sarebbe stato il primo di tutti quelli che seguirono. Ricordiamo che tra i pellegrinaggi legati al cammino giubilare ci furono anche quelli legati alla figura dell’apostolo Paolo, che portarono Giovanni Paolo II in Siria e così pure in Grecia e a Malta. Ma il dover rinunciare al viaggio in Iraq certamente fu qualcosa che gli procurò grande sofferenza. In fondo potremmo dire però che accettar quella rinuncia fu già un pellegrinaggio interiore. A Ur, in Iraq, Abramo fu chiamato a lasciare la sua terra e le sue certezze, gli fu chiesto anche di essere disposto a sacrificare il figlio per l’alleanza con il Signore. Il cuore di san Giovanni Paolo II, che tanto desiderava visitare quella terra, in fondo visse gli stessi sentimenti di Abramo nella rinuncia a questo pellegrinaggio e nel sacrificio di dover accettare quella situazione.

EXAUDI: Il viaggio papale in Iraq accenderà i riflettori sulla chiesa caldea e su altre chiese orientali cattoliche, diffuse in Iraq e nel Medioriente. Quale sarà per lei l’importanza di questo viaggio?

Cardinal Sandri: L’Iraq è certamente un luogo-simbolo per la storia della cultura e anche per la storia cristiana. Tutti ricordiamo la cosiddetta “Mezzaluna Fertile” e la Mesopotamia, tra i fiumi Tigri ed Eufrate, dove tante civiltà fiorirono. È interessante notare anche che Abramo partì proprio da quelle terre alla volta della terra promessa; ma il legame con quel paese non è mai venuto meno, anzitutto sotto il segno del dolore, perché per gli ebrei, con gli Assiri e i Babilonesi, fu un luogo di deportazione e poi liberazione, con l’avvento di Ciro, quando il popolo poté tornare nella Terra promessa e riedificare il Tempio. Infine anche l’Iraq fu un luogo di annuncio e di evangelizzazione, quando attraverso Antiochia il Vangelo giunse in quella terra, chiamata Seleucia-Ctesifonte, e si sviluppò la grande Chiesa dell’Est. E questa Chiesa, benché quasi sconosciuta, essendo posta al di fuori dei confini dell’Impero romano, si propagò persino in Cina. Non solo è attestata l’esistenza di antiche diocesi nelle steppe dell’Asia centrale, ma ricordiamo anche la stele di Xi’an, scritta in caratteri siriaci.

EXAUDI: Quindi c’è una presenza cristiana in Iraq che risale indietro fino alle origini del cristianesimo…

Cardinal Sandri: Sì, e il viaggio del Papa sarà appunto l’occasione di riscoprire le radici di un cristianesimo antico, sconosciuto, a volte considerato lontano da Roma anche dal punto di vista teologico, anche se poi ha recuperato la comunione con Roma con la nascita della Chiesa caldea. Una Chiesa che di per sé rimaneva principio anche ispiratore dei cosiddetti Cristiani di San Tommaso in India, perché il loro metropolita era ordinato dal Patriarca caldeo. Parliamo di chiese antiche, depositarie di testi illustri; ad esempio, appartiene alla chiesa siriaca orientale e quindi all’attuale chiesa caldea un testo antichissimo e molto suggestivo come l’“Anafora di Addai e Mari”, la preghiera eucaristica. Parliamo di chiese di martiri non solo del passato ma anche del presente. Ricordiamo i martiri della cattedrale siro-cattolica di Baghdad (48 fedeli uccisi da cinque terroristi il 31 ottobre 2010, ndr) e anche i diaconi e sacerdoti caldei uccisi pochi anni prima. La chiesa irachena è una chiesa martire, nel senso di “testimone”, perchéé chiamata a vivere il Vangelo in un contesto dove i cristiani sono un piccolo gregge, reso ancor più piccolo sia delle varie guerre che dal cosiddetto “stato islamico”. Ecco perché il viaggio di Francesco è un viaggio di speranza.

EXAUDI: Perché?

Cardinal Sandri: Perché sarà un modo di dire “guarda, ci sono radici della civiltà, radici delle culture, radici del cristianesimo che oltrepassano i confini”. E sarà un pellegrinaggio di speranza per tutti coloro che anche a motivo della fede hanno sofferto in questi decenni.

EXAUDI: Se Giovanni Paolo II fosse andato in Iraq nel 2000, avrebbe trovato una comunità cattolica molto più numerosa di quella di oggi. Dopo la guerra del 2003 infatti molti cristiani hanno scelto (o spesso sono stati costretti) di emigrare. Il viaggio di Francesco potrebbe essere utile a fermare questa emorragia?

Cardinal Sandri: Il viaggio di Papa Francesco in Iraq contribuirà certamente, ponendovi quasi un sigillo, a risvegliare la consapevolezza della comunità internazionale che i cristiani d’oriente, inclusi quelli iracheni, non sono cristiani arrivati da fuori: sono cittadini di quelle terre fin dall’origine, amano quelle terre, custodiscono antiche tradizioni, lingue e dialetti e desiderano davvero perché il bene di quei paesi. Se le circostanze esterne li han costretti progressivamente a partire, questo non significa che tale svuotamento debba essere totale. Nella più realistica delle ipotesi, più che fermare l’esodo o consentire il ritorno di chi è partito, il viaggio del Papa dovrebbe richiamare l’esigenza di aiutare quelle chiese, fare loro riscoprire la vocazione singolare ad essere cristiani in quelle terre e far riscoprire a chi è partito la forza dell’evangelizzazione. E qui mi tornano in mente due incontri, avvenuti durante i miei viaggi.

EXAUDI: Quali incontri, Eminenza?

Cardinal Sandri: Uno con i rifugiati iracheni in Giordania dopo la conquista della Piana di Ninive. Là, raccogliendo le loro confidenze, ascoltai il loro desiderio di ricongiungersi a tanti altri familiari in Australia, Stati Uniti e Canada e la speranza di ottenere un visto per partire. Erano chiaramente disillusi, rispetto alla possibilità di tornare a casa, quando ancora però la Piana di Ninive era occupata dal Daesh.

EXAUDI: E l’altro?

Cardinal Sandri: Il secondo fu un incontro molto commovente, con due comunità caldee a Essen, in Germania, e a Bruxelles, in Belgio. Parliamo di paesi molto secolarizzati, dove spesso alle liturgie non c’è nessuno e le chiese sono vendute. E invece ho visto chiese piene di fedeli di quelle comunità, che celebravano il giorno del Signore con la preghiera, la catechesi, la liturgia e anche la convivialità, condividendo gioie e fatiche del vivere nei nuovi paesi che li avevano accolti. E allora l’auspicio è certo che l’emorragia dell’emigrazione si fermi, ma anche la consapevolezza per chi è partito di dover custodire la propria vocazione. Perciò la tutela che l’Occidente può garantire a quelle comunità non è semplicemente quella del volerli far rimanere nel loro paese a tutti i costi, ma anche rispettarli e accogliere anche la loro identità religiosa.

EXAUDI: Di questo viaggio papale in Iraq si parla da anni. Nei suoi viaggi in Iraq degli anni scorsi, quale senso di attesa aveva percepito tra i cristiani?

Cardinal Sandri: L’Iraq era certamente presente nei sogni e desideri di Francesco, non solo perché è uno dei paesi di cui più si è parlato, purtroppo, per le sofferenze del suo popolo. E sappiamo che il Papa ha a cuore soprattutto i piccoli e i poveri. Di fatto ha sempre scelto come prime mete dei suoi viaggi i paesi più sofferenti, pensiamo in Europa alla scelta dell’Albania. Quanto all’Iraq il desiderio del Papa è antico, lo espresse a giugno del 2019 ricevendo i membri della Plenaria della ROACO, annunciando loro appunto il desiderio di visitare l’Iraq, un annuncio che ci colpì e ci trovò un po’ tutti impreparati, perché non era programmato.

EXAUDI: Veramente?


Cardinal Sandri: Sì, ma erano parole che venivano dal suo cuore. Poi purtroppo sappiamo dell’impossibilità di viaggiare, a causa della pandemia, e delle sofferenze di questi mesi in tutto il mondo. Però è significativo che il Papa abbia deciso, tra tutte le altre ipotesi di viaggio di voler confermare anzitutto il viaggio in Iraq, quasi a dire che bisogna ricominciare con quella dimensione dell’esercizio del ministero apostolico che sono anche attraverso i viaggi all’estero. E La prima scelta è stata un paese che ha sofferto e che ancora soffre, proprio nella linea di Francesco.

EXAUDI: E i suoi viaggi?

Cardinal Sandri: Nel mio viaggio del dicembre 2012 (quando ho assistito alla riconsacrazione della Cattedrale siro-cattolica di Baghdad) certamente non si percepiva ancora il desiderio di una visita del Papa. Nel maggio 2015, quando andai di nuovo in Iraq, il paese era ancora segnato dalle sofferenze della Piana di Ninive occupata dal Daesh, per cui era impensabile che il Papa potesse andarci. Però ricordo il calore e l’affetto che la gente mi manifestò in entrambe le occasioni, perché sapeva che veniva uno stretto collaboratore del Papa. E questo dava loro una forza indescrivibile, così come ad altri rifugiati iracheni che visitai in Giordania. Tutti mi dicevano “porti il nostro saluto, la nostra preghiera al Papa, dica che abbiamo bisogno di lui!”. Non dimentichiamo che gli iracheni ricordano bene che l’unico a levare forte e chiara la sua voce condannando l’invasione dell’Iraq nel 2003 fu proprio San Giovanni Paolo II. E il fatto che l’Occidente non abbia ascoltato quella voce profetica è confermato dalla devastazione che l’intervento militare occidentale provocò in Iraq, con conseguenze visibili ancora oggi.

EXAUDI: Ma quale è il ricordo più vivo dell’Iraq che lei conserva? E cosa secondo lei, ora colpirà di più papa Francesco?

Cardinal Sandri: I ricordi sono tanti, ne cito alcuni. Il primo gesto di Francesco arrivando in Iraq sarà la visita alla cattedrale Siro Cattolica di Baghdad. Io, come ho già detto, andai nel 2012 in quella chiesa, per riconsacrarla dopo l’attentato di cui abbiamo parlato, vidi in una teca i camici insanguinati dei due sacerdoti morti in quell’attentato e visitai anche la cosiddetta cripta, dove riposano i resti di quei testimoni. Pensai tra me che anche se il rito liturgico prevedeva la riconsacrazione di quel tempio, dopo la profanazione ad opera di terroristi, la vera consacrazione era già stata fatta dal sangue di quei martiri, di cui gli abiti esposti nella teca erano impregnati.

Quando diventiamo cardinali ci viene chiesto di fare una promessa di fedeltà al Papa usque ad effusionem sanguinis, fino a versare il sangue. Ebbene, io Cardinale mi trovai di fronte a chi pur non avendo fatto questa promessa la mantenne fino in fondo.

EXAUDI: Ci racconti ancora un altro ricordo…

Cardinal Sandri: Poi visitai una casa, vicina alla cattedrale latina di Bagdad, dove le suore di Madre Teresa accoglievano e accolgono – adesso però insieme alla comunità Giovanni XXIII fondata da Don Benzi – ragazzi con gravi disabilità. L’attenzione al mondo della disabilità in Medioriente è ancora un tema delicato perché spesso c’è ancora vergogna, il disabile è tenuto nascosto in casa. Perciò è veramente una grande testimonianza l’amore con cui le suore Madre Teresa e adesso anche la comunità Giovanni XXIII si prendono cura di questi ragazzi, che non devono essere tenuti nascosti, devono essere amati e riveriti con cura in tutta la società, compresa quella irachena. Poi ricordo sempre in quel contesto l’incontro con un ragazzo che narrava le fatiche della assenza di una vera libertà religiosa, riferendosi alla registrazione sul documento di identità della propria appartenenza confessionale. Infine ricordo una messa col patriarca Younan a Erbil, all’aperto, nel maggio del 2015, verso sera alla luce del tramonto, circondati da una grande folla di cristiani sfollati da Mosul e da Qaraqosh. Ecco, quella messa faceva davvero venire in mente in mente la scena della moltiplicazione dei pani e dei pesci. C’era molta folla stanca per il viaggio, dice il Vangelo, e sembrava che non ci fosse nulla; eppure anche in quella celebrazione il pane della parola e il pane del Corpo e Sangue di Gesù sono stati nutrimento che ha dato conforto.

EXAUDI: Uno dei temi forti del viaggio papale in Iraq sarà anzitutto il dialogo col mondo islamico, sciita e sunnita, dopo la firma, due anni fa, del Documento sulla fratellanza umana, ad Abu Dhabi, col Grande Imam di Al Ahzar Al Tayeb. Secondo lei quel documento quale direzione ha impresso al dialogo?

Cardinal Sandri: Ricordo bene quell’evento, essendo io presente ad Abu Dhabi. Per l’interessamento del Santo Padre e come Dicastero abbiamo collaborato affinché anche nelle nostre chiese orientali cattoliche, specialmente quelle del Medio Oriente ma anche quelle dell’India che vivono fianco a fianco con gli Indù e musulmani, ci fosse una conoscenza e la diffusione di questo documento. Certo, dobbiamo essere sinceri: il documento di Abu Dhabi non è un punto di arrivo, ma di partenza.

EXAUDI: Cosa intende dire?

Cardinal Sandri: Spesso i documenti sono frutti di lunghi lavori, di lunghi incontri e poi si giunge a una loro stesura. Penso per esempio alle carte costituzionali di un Paese come potrebbe essere l’Italia del dopoguerra. Il Documento sulla Fratellanza umana di per sé è un documento che esprime un auspicio e indica un impegno. Certo muove dalla consapevolezza che c’è stata troppa non-conoscenza reciproca, troppa violenza, e allora come dopo la guerra mondiale si dice “mai più, mai più, mai più!”. Si deve guardare avanti e su tante dimensioni appunto, come papa Francesco ha indicato, è un documento che deve essere conosciuto, elaborato e diffuso, per diventare lo specchio, la cartina di tornasole con cui confrontarsi. Poi c’è anche l’Enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, che è un’estensione in ambito più universale anche di quella tematica. È una sfida, soprattutto se si tiene conto che sarebbe errato imporre al mondo islamico, in sé stesso più variegato di quel che noi pensiamo, una traccia unica di pensiero dell’Università di Al-Azhar. È un’istituzione autorevole ma non può essere paragonata a una sorta di Vaticano islamico. Poi Al-Ahzar rappresenta il mondo Sunnita, ma come sappiamo esiste anche la componente sciita nell’Islam con le tensioni che si riverberano a livello politico nel Medio Oriente. Ma appunto c’è tutto un cammino di conoscenza di sé e di studio reciproco da fare. Il documento sulla fraternità è stato un’accelerazione del dialogo tra Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar dopo però anni in cui il confronto si era in qualche modo intiepidito. E sebbene non abbia prodotto documenti di questa portata, tuttavia anche il dialogo tra Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso e Università islamica di Qoms è proseguito. Si tratta della città santa sciita in Iran, mentre in Iraq invece ci sono la maggior parte dei santuari sciiti dei grandi Dodici Imam. C’è la possibilità di aprire una nuova pagina, perché l’islam non è solo quello sunnita, ma noi vogliamo costruire una fraternità universale con tutti, con l’auspicio quindi che le divisioni interne possano essere in qualche modo superate.

EXAUDI: Anche i cattolici di altri paesi del Medioriente, vicini all’Iraq, stanno affrontando situazioni di grave sofferenza. Penso al discorso del papa agli ambasciatori, in cui ha menzionato la Siria arrivata al decimo anno di guerra, il Libano che rischia di perdere la sua identità di paese diversificato e tollerante, la Terrasanta, dove i cristiani soffrono ora anche dell’assenza di pellegrini per il Covid… Quale speranza potrebbe dare a tutti loro il papa in Iraq?

Cardinal Sandri: E’ vero che per andare in Iraq Francesco lambirà con l’aereo la Siria, e forse nell’intervista o nei telegrammi ai capi di stato non mancherà di rivolgere un pensiero a un Paese la cui situazione grida allo scandalo al mondo intero: 10 anni di conflitto, tantissimi morti, milioni di sfollati interni ed esterni, gente alla fame allo stremo e senza nulla, senza istruzione, con il rischio poi che questa situazione si riverberi, se non come guerra come dramma sociale, anche sul vicino Libano. È chiaro che il viaggio del Papa in Iraq non potrà non essere anche un segnale puntato sul Medio Oriente, che non può essere pensato semplicemente come il luogo del conflitto eterno, ma che si spera che torni ad essere testimone del suo passato di culla delle civiltà e luogo dell’incontro tra popoli differenti.  Non dimentichiamo le lezioni di San Giovanni Paolo II che parlava del Libano come di un “Paese- messaggio”, e quella di Benedetto XVI che lo definì un “laboratorio”. Il Libano infatti è veramente un laboratorio perché vive della compresenza riconosciuta reciprocamente – pur con equilibri delicati ma che resistono – tra cristiani e musulmani di diverse confessioni, oltre che dei Drusi. Per riassumere, il viaggio del Papa in Iraq non potrà non essere una domanda anche alla comunità internazionale su che cosa si voglia pensare di questo Medio Oriente. Sappiamo come il Papa per esempio abbia a cuore il tema della giustizia alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa. Ricordiamo le sue parole a Bari, il 7 luglio 2018, di denuncia del traffico di armi. Ora non vorremmo che alcuni attori internazionali passino dal lucrare sul commercio delle armi al lucrare sulla ricostruzione per esempio della Siria, che è urgente per il popolo allo stremo. Si aiuti la povera gente, sfinita da conflitti che dipendono dalle stanze dei bottoni che sono altrove.

EXAUDI: E la Terrasanta?

Cardinal Sandri: Il viaggio papale in Iraq ci fa sperare che i pellegrini possano subito tornare non dico in Iraq o in Siria, ma almeno in Terra Santa sì. Perché come ho già detto in altre occasioni, la benedizione Urbi et Orbi  del 27 marzo in piazza san Pietro, con il Papa che camminava da solo, sotto la pioggia, verso il Crocifisso, in quei giorni vicino a Pasqua, rimandava a quei luoghi della Città Vecchia di Gerusalemme completamente deserti, dove nessuno, tranne i frati e chi già era dentro il santo Sepolcro, poteva andare a celebrare i misteri della nostra salvezza.

EXAUDI: Fra i viaggi papali previsti c’era anche in Libano. Secondo Lei, si potrebbe fare a breve?

Cardinal Sandri: Il Libano è stato l’ultimo paese visitato da papa Benedetto XVI e molte volte Papa Francesco ha citato il Libano richiamando alle proprie responsabilità il mondo ecclesiale, civile e politico libanese. Certamente il Libano è un luogo che si spera il papa presto potrà visitare, proprio perché quello che il documento sulla Fratellanza umana afferma è alla base dell’identità del Libano. Ricordiamo però che dopo l’esplosione al porto di Beirut del 4 agosto 2020 il Pontefice ha inviato personalmente come suo delegato e rappresentante particolare il Cardinale Segretario di Stato: segno di come il Papa abbia a cuore il Libano, anche se fisicamente al momento non è potuto ancora andarci. Speriamo nel futuro! Del resto lo stesso Santo Padre lo ha dichiarato nella lettera del 24 dicembre ai Libanesi: “conto di visitarvi il prima possibile”.

EXAUDI: C’è altro, Eminenza, che Le piacerebbe aggiungere?

Cardinal Sandri: Grazie del vostro ascolto! E faccio appello attraverso i lettori di Exaudi, che così inaugura la sua produzione editoriale, di ricordarvi della Terra Santa, secondo il desiderio dei Pontefici ribadito
anche da Papa Francesco, attraverso l’annuale Colletta Pro Terra Sancta, tradizionalmente collocata
al Venerdì Santo dinanzi al Mistero di Cristo che muore in Croce, ma che ogni Conferenza Episcopale
può coordinarsi per collocare in altro giorno dell’anno, comunicandolo per tempo ai fedeli della
proprie diocesi.

EXAUDI: Grazie mille, Eminenza.