Papa Francesco: Kazakhstan, «Terra di martiri e di credenti, Terra di deportati e di eroi, Terra di pensatori e di artisti»

Il discorso del Papa alle Autorità, alla società civile e al corpo diplomatico

© Vatican Media

Alle ore 19.30 (15.30 ora di Roma), il Santo Padre Francesco incontra le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico presso l’Auditorium della Qazaq Concert Hall.

Dopo il saluto del Presidente della Repubblica del Il discorso del Papa alle Autorità, alla società civile e al corpo diplomatico, S.E. il Sig. Kassym-Jomart K. Tokayev, Papa Francesco pronuncia il Suo discorso. Al termine dell’incontro, dopo essersi congedato dal Presidente della Repubblica, il Santo Padre si trasferisce in auto alla Nunziatura Apostolica del Kazakhstan.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa pronuncia nel corso dell’incontro con le Autorità, la Società Civile e il Corpo Diplomatico:

Discorso del Santo Padre

Signor Presidente della Repubblica,
distinti Membri del Governo e del Corpo diplomatico,
illustri Autorità religiose e civili,
insigni Rappresentanti della società civile e del mondo della cultura,
Signore e Signori!

Vi saluto cordialmente, grato al Signor Presidente per le parole che mi ha rivolto. Sono onorato di essere qui con voi, in questa terra tanto estesa quanto antica, nella quale vengo come pellegrino di pace, in cerca di dialogo e di unità. Il nostro mondo ne ha urgente bisogno, ha bisogno di ritrovare armonia. Armonia che in questo Paese può essere ben raffigurata da uno strumento musicale tradizionale e caratteristico, di cui sono venuto a conoscenza: la dombra. Essa costituisce un emblema culturale e uno dei simboli più importanti del Kazakhstan, tanto che recentemente le è stata dedicata una giornata specifica. Vorrei assumere proprio la dombra come elemento attorno al quale articolare quanto desidero condividere con voi.

Preparandomi a questo viaggio sono venuto a sapere che alcune versioni della dombra erano già suonate in epoca medioevale e che essa, lungo i secoli, ha accompagnato i racconti musicati di saghe e opere poetiche, collegando il passato al presente. Simbolo di continuità nella diversità, ritma dunque la memoria del Paese, e richiama così all’importanza, di fronte ai rapidi cambiamenti economici e sociali in corso, di non trascurare i legami con la vita di chi ci ha preceduto, anche attraverso quelle tradizioni che permettono di fare tesoro del passato e di valorizzare quanto si è ereditato. Penso, ad esempio, alla bella usanza qui diffusa di cuocere, il venerdì mattina, sette pani in onore degli antenati.

La memoria del Kazakhstan, che Papa Giovanni Paolo IIqui pellegrino, definì «Terra di martiri e di credenti, Terra di deportati e di eroi, Terra di pensatori e di artisti» (Discorso durante la cerimonia di benvenuto, 22.9.2001), reca impressa una gloriosa storia di cultura, umanità e sofferenza. Come non ricordare, in particolare, i campi di prigionia e le deportazioni di massa che hanno visto nelle città e nelle sconfinate steppe di queste regioni l’oppressione di tante popolazioni? Ma i kazaki non si sono lasciati imprigionare da questi soprusi: dalla memoria della reclusione è fiorita la cura per l’inclusione. In questa terra, percorsa fin dall’antichità da grandi spostamenti di popoli, il ricordo della sofferenza e delle prove sperimentate sia un bagaglio indispensabile per incamminarsi verso l’avvenire mettendo al primo posto la dignità dell’uomo, di ogni uomo, e di ogni gruppo etnico, sociale, religioso.

Ritorniamo alla dombra: essa viene suonata pizzicando le sue due corde. Anche il Kazakhstan è caratterizzato dalla capacità di procedere creando armonia tra “due corde parallele”: temperature tanto rigide in inverno quanto elevate in estate; tradizione e progresso, ben simboleggiate dall’incontro di città storiche con altre moderne, come questa capitale. Soprattutto, risuonano nel Paese le note di due anime, quella asiatica e quella europea, che ne fanno una permanente «missione di collegamento tra due continenti» (Id., Discorso ai giovani, 23.9.2001); «un ponte fra l’Europa e l’Asia», un «anello di congiunzione tra Oriente e Occidente» (Id., Discorso nella cerimonia di congedo, 25.9.2001). Le corde della dombra risuonano abitualmente insieme ad altri strumenti ad arco tipici di questi luoghi: l’armonia matura e cresce nell’insieme, nella coralità che rende armoniosa la vita sociale. «La fonte del successo è l’unità», recita un bel proverbio locale. Se ciò vale ovunque, qui in modo particolare: i circa centocinquanta gruppi etnici e le più di ottanta lingue presenti nel Paese, con storie, tradizioni culturali e religiose variegate, compongono una sinfonia straordinaria e fanno del Kazakhstan un laboratorio multi-etnico, multi-culturale e multi-religioso unico, rivelandone la peculiare vocazione, quella di essere Paese dell’incontro.


Sono qui per sottolineare l’importanza e l’urgenza di tale aspetto, al quale sono chiamate a contribuire in modo particolare le religioni; perciò avrò l’onore di prendere parte al settimo Congresso dei Leader delle Religioni mondiali e tradizionali. Opportunamente la Costituzione del Kazakhstan, nel definirlo laico, prevede la libertà di religione e di credo. Una laicità sana, che riconosca il ruolo prezioso e insostituibile della religione e contrasti l’estremismo che la corrode, rappresenta una condizione essenziale per il trattamento equo di ogni cittadino, oltre che per favorire il senso di appartenenza al Paese da parte di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose. Le religioni, infatti, mentre svolgono il ruolo insostituibile di ricercare e testimoniare l’Assoluto, necessitano della libertà di esprimersi. E dunque la libertà religiosa costituisce l’alveo migliore per la convivenza civile.

È un bisogno inscritto nel nome di questo popolo, nella parola “kazako”, che evoca proprio il camminare libero e indipendente. La tutela della libertà, aspirazione scritta nel cuore di ogni uomo, unica condizione perché l’incontro tra le persone e i gruppi sia reale e non artificiale, si traduce nella società civile principalmente attraverso il riconoscimento dei diritti, accompagnati dai doveri. Vorrei esprimere apprezzamento, da questo punto di vista, per l’affermazione del valore della vita umana attraverso l’abolizione della pena di morte, in nome del diritto alla speranza per ciascun essere umano. Accanto a ciò, è importante garantire le libertà di pensiero, di coscienza e di espressione, per dare spazio al ruolo unico e paritario che ognuno riveste per l’insieme.

Anche in questo può esserci di stimolo la dombra. Essa è principalmente uno strumento musicale popolare e, in quanto tale, comunica la bellezza di custodire il genio e la vivacità di un popolo. Ciò è affidato anzitutto alle autorità civili, prime responsabili nella promozione del bene comune, e si attua in modo speciale attraverso il sostegno alla democrazia, che costituisce la forma più adatta perché il potere si traduca in servizio a favore dell’intero popolo e non soltanto di pochi. So che è stato avviato, soprattutto negli ultimi mesi, un processo di democratizzazione volto a rafforzare le competenze del Parlamento e delle Autorità locali e, più in generale, una maggiore distribuzione del potere. Si tratta di un tragitto meritorio e impegnativo, certamente non breve, che richiede di proseguire verso la meta senza volgersi indietro. Infatti, la fiducia in chi governa aumenta quando le promesse non risultano strumentali, ma vengono effettivamente attuate.

Ovunque occorre che la democrazia e la modernizzazione non siano relegati a proclami, ma confluiscano in un concreto servizio al popolo: una buona politica fatta di ascolto della gente e di risposte ai suoi legittimi bisogni, di costante coinvolgimento della società civile e delle organizzazioni non governative e umanitarie, di particolare attenzione nei riguardi dei lavoratori, dei giovani e delle fasce più deboli. E anche – ogni Paese al mondo ne ha bisogno – di misure di contrasto alla corruzione. Questo stile politico realmente democratico è la risposta più efficace a possibili estremismi, personalismi, populismi, che minacciano la stabilità e il benessere dei popoli. Penso anche alla necessità di una certa sicurezza economica, che qui all’inizio dell’anno è stata invocata in regioni dove, nonostante le risorse energetiche siano cospicue, si avvertono varie difficoltà. È una sfida che riguarda non solo il Kazakhstan, ma il mondo intero, il cui sviluppo integrale è tenuto in ostaggio da un’ingiustizia diffusa, per cui le risorse risultano distribuite in modo ineguale. Ed è compito dello Stato, ma anche del settore privato, trattare tutte le componenti della popolazione con giustizia e parità di diritti e doveri, e promuovere lo sviluppo economico non in ragione dei guadagni di pochi, ma della dignità di ciascun lavoratore.

Ritorniamo per l’ultima volta alla dombra – diranno che questo Papa è musicista –. Essa accomuna il Kazakhstan a diversi Paesi dell’area circostante e contribuisce a diffonderne la cultura nel mondo. Auspico che, similmente, il nome di questo grande Paese continui a essere sinonimo di armonia e di pace. Il Kazakhstan si configura quale crocevia di rilevanti snodi geopolitici: esso, dunque, riveste un ruolo fondamentale nell’attenuare le conflittualità. Qui Giovanni Paolo II venne a seminare speranza subito dopo i tragici attentati del 2001. Io vi giungo nel corso della folle e tragica guerra originata dall’invasione dell’Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitti mettono a repentaglio i nostri tempi. Vengo per amplificare il grido di tanti che implorano la pace, via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato. E la pace è questo: una via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato.

È dunque sempre più pressante la necessità di allargare l’impegno diplomatico a favore del dialogo e dell’incontro, perché il problema di qualcuno è oggi problema di tutti, e chi al mondo detiene più potere ha più responsabilità nei riguardi degli altri, specialmente dei Paesi messi maggiormente in crisi da logiche conflittuali. A questo si dovrebbe guardare, non solo agli interessi che ricadono a proprio vantaggio. È l’ora di evitare l’accentuarsi di rivalità e il rafforzamento di blocchi contrapposti. Abbiamo bisogno di leader che, a livello internazionale, permettano ai popoli di comprendersi e dialogare, e generino un nuovo “spirito di Helsinki”, la volontà di rafforzare il multilateralismo, di costruire un mondo più stabile e pacifico pensando alle nuove generazioni. E per fare questo occorre comprensione, pazienza e dialogo con tutti. Ripeto, con tutti.

Proprio pensando all’impegno globale per la pace, esprimo vivo apprezzamento per la rinuncia agli armamenti nucleari che questo Paese ha intrapreso con decisione; così come per lo sviluppo di politiche energetiche e ambientali incentrate sulla decarbonizzazione e sull’investimento in fonti pulite, che l’Esposizione internazionale di cinque anni fa ha messo in risalto. Insieme all’attenzione per il dialogo interreligioso, sono semi concreti di speranza piantati nel comune terreno dell’umanità, che sta a noi coltivare per le generazioni a venire; per i giovani, ai cui desideri occorre guardare per intraprendere le scelte di oggi e di domani. La Santa Sede vi è vicina in questo percorso: subito dopo l’indipendenza del Paese, trent’anni fa, sono state allacciate relazioni diplomatiche e sono lieto di visitare il Paese nell’imminenza di questo anniversario. Assicuro che i cattolici, presenti in Asia centrale fin da tempi antichi, desiderano continuare a testimoniare lo spirito di apertura e rispettoso dialogo che distingue questa terra. E lo fanno senza spirito di proselitismo.

Signor Presidente, cari amici, vi ringrazio per l’accoglienza che mi avete riservato e che rivela il vostro ben noto senso di ospitalità, nonché per l’opportunità di trascorrere questi giorni di dialogo fraterno insieme ai leader di molte religioni. L’Altissimo benedica la vocazione di pace e unità del Kazakhstan, Paese dell’incontro. A voi, che avete la responsabilità prioritaria del bene comune, e ad ogni suo abitante, esprimo la mia gioia di essere qui e la volontà di accompagnare con la preghiera e la vicinanza ogni sforzo per un futuro prospero e armonioso di questo grande Paese. Raqmét! [grazie!] Dio benedica il Kazakhstan!