La misericordia divina, la piccola e la grande
Cosa preferisci, piccolo o grande?

Ascoltami, Teresa di Lisieux, porgimi orecchio e rispondimi: cosa preferisci, il piccolo o il grande?
Teresa: Mi piace tutto piccolo.
Ma, Teresa, come fai a dirmelo? Ma non ti rendi conto che grande è enorme, elevato, forte, abbondante, maturo, pesante, fantastico, fenomenale, formidabile, ineguagliabile, superlativo. Piccolo, invece, è semplicemente una piccola cosa. Non te ne rendi conto? Piccolo è minuscolo, minuscolo, minuto, nano, breve, debole, leggero, esiguo, scarso, insufficiente, magro. Einstein, con la sua teoria della relatività, potrebbe dirti che essere piccoli è come essere ridotti, diminuiti, gracili, microscopici, minuscoli, insignificanti, inestimabili. Il grande sta al piccolo come un uomo di grande personalità sta al bambino, e quest’ultimo, per giunta, non ha neppure la capacità di parlare. Il grande sta al piccolo, come un agile e forte destriero bianco sta a una piccola tartaruga zoppa. Il grande sta al piccolo come un uomo che ha tutta la conoscenza e la possiede al massimo grado sta a un bambino piccolo e semplice.
In una parola, grande è “ciò che è di più”. Piccolo è “ciò che è meno”.
Allora, Teresa, cosa ne dici: ci hai ripensato? Cosa preferisci: piccolo, che è di meno, o grande, che è di più? Un bambino o un uomo saggio?
Teresa di Lisieux: Mi piace tutto ciò che è piccolo.
E tu, sacerdote esemplare Jaime Balmes, che hai vissuto in un’epoca di rivoluzioni, cosa preferisci: il piccolo o il grande?
Jaime Balmes: Quando vedo i cataclismi che si abbattono sulla società odierna, e vedo anche un bambino, gli dico: tu sei poesia! E quindi capisco che nella società, anche in tempi così calamitosi, ci debba essere molta poesia.
E tu, San Josemaría, preferisci il piccolo o il grande?
Facendomi piccolo posso entrare nelle braccia di mia madre Santa Maria.
Per questo motivo, le piccole cose hanno valore.
La piccolezza consente uno sguardo misericordioso. Ricordate quella mamma che, mentre era con le amiche, osservava il figlio che si frugava, frugava e curiosava dentro il suo nasino? Tutti i suoi amici commentarono: che ragazzo maleducato e sporco. Ma la madre disse semplicemente: questo mio figlio, col tempo, potrebbe diventare un ricercatore!
San Pietro, cosa preferisci, grande o piccolo?
San Pietro: Il mio divino Maestro, essendo di infinita grandezza, poiché era vero Dio, si fece piccolo. Si tratta della piccolezza, un linguaggio d’amore bello e sublime, cantato ogni Natale. Il mio adorabile Redentore si è umiliato così tanto, si è fatto così piccolo, che è arrivato al punto di morire maestosamente sulla croce insanguinata per salvare gli uomini. Piccolezza, cioè, che è l’espressione più eloquente dell’amore.
So che Nostro Signore, anche se fosse esistito un solo uomo, e fosse stato un terribile criminale, avrebbe dato il suo sangue per lui. Lui, Signore del cielo e della terra, ha posto il suo amore nella piccolezza umana. Così, sulla croce, ha vissuto la parola di san Francesco di Sales: se mi strappi un occhio, mi resta l’altro per guardarti con amore, e se me li strappi tutti e due, mi resta il cuore per amarti. Questo era il suo sguardo, quello del suo amore misericordioso, quello del suo cuore, sulla miseria spirituale umana.
Avete già visto quella madre: la piccolezza delle ferite del suo bambino, le rotture in miniatura, gli strappi nel suo tessuto, ciò che sono stati è una calamita, che ha attratto e spinto verso di loro, i suoi baci affettuosi di tenera madre.
La peggiore piccolezza è la miseria del peccato. Ma quando ritornò il figliol prodigo, che con i suoi peccati aveva tanto ferito il cuore del padre, ciò che vide nel figlio fu la sua piccolezza: la sua miseria, sia materiale che spirituale. Lei rispose a questa piccola cosa ricoprendolo di baci. Il cuore di suo padre conosceva solo l’amore. Amava visceralmente il suo figliol prodigo. Così la fiamma del cuore di suo padre si accese di miseria. Il suo ardente affetto paterno toccò il cuore del figlio. Perché il cuore di suo padre fu mosso dalla misericordia? Perché, come dice il grande sant’Agostino, il figlio era impotente a causa della miseria che soffriva. Dio si commuove – dice Santa Teresa – per un bambino caduto (un bambino che si è fatto male). È commosso perché è un figlio piccolo quello che ha creato dal nulla.
Ogni peccatore, non importa quanto peccatore, che è veramente pentito sa cosa lo aspetta. Cioè, che il Signore ti ricopra di baci.
La miseria del peccato non esiste mai da sola. Accanto alla miseria c’è anche, allo stesso tempo, la misericordia divina, l’amore infinito di Dio. Esiste un binomio: miseria e misericordia. Ma questo è sempre un invito alla conversione, perché il peccatore sa che Dio desidera accoglierlo e abbracciarlo.
La forza del focoso destriero, cioè la forza dell’uomo dotato di tutti i poteri intellettuali, di tutta la forza, di tutti i successi, di tutti i poteri umani, può fare solo ciò che può fare la povera potenza umana. Ma la tenerezza può fare molto di più. La misericordia è capace di arrivare molto più lontano. Il potere, in fondo, non è altro che l’impotenza del potere. Mentre la misericordia, che mette il cuore nella miseria, è il potere dell’impotenza. In breve, la misericordia è molto più potente del potere. Nei disegni della misericordia divina c’è una saggezza molto più grande di quella dei filosofi. Santa Teresa ne capì più di molti grandi filosofi.
Ma questo, rispetto ai criteri attuali di molte persone, è una rivoluzione. È la caduta di tanti alti criteri in voga e, allo stesso tempo, l’ascesa al culmine di criteri che molti avevano bandito e seppellito. Sì, è una rivoluzione, ma una rivoluzione non violenta, pacifica, piena di amore e gentilezza. Ma in definitiva si tratta di una vera rivoluzione, un grande cambiamento nella società.
Benedetto XVI: è la rivoluzione dell’amore.
Francisco: è la rivoluzione della tenerezza.