“Mi pare che l’espressione-chiave sia quella iniziale: “crescita inclusiva…”

Populorum progressio San Paolo VI: lo sviluppo non si riduce alla crescita economica

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Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al Convegno della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice e ha rivolto loro il discorso che riportiamo di seguito:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio Lei per le parole di introduzione. E ringrazio tutti voi per il lavoro che portate avanti. Il vostro contributo riguardo alla dottrina sociale della Chiesa lo considero molto importante, anzitutto sul piano della recezione, perché contribuite a farla conoscere e comprendere; direi però anche sul piano dell’approfondimento, perché voi la leggete “dall’interno” del complesso mondo economico e sociale, e quindi potete continuamente confrontare tale dottrina con la realtà, una realtà sempre in movimento, che cambia continuamente.

Il tema del vostro Convegno di questi giorni è stato “Crescita inclusiva per sradicare la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile per la pace”. Mi pare che l’espressione-chiave sia quella iniziale: “crescita inclusiva”. Fa pensare alla Populorum progressio di San Paolo VI, là dove afferma: «Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere autentico sviluppo, deve essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e tutto l’uomo» (n. 14). Dunque, lo sviluppo o è inclusivo o non è sviluppo. E allora, ecco il nostro compito, in particolare il vostro in quanto fedeli laici: far “lievitare” la realtà economica in senso etico, la crescita nel senso dello sviluppo. E voi cercate di farlo, a partire dalla visione del Vangelo. Perché tutto nasce da come si guarda la realtà.

In un suo romanzo, un narratore americano contemporaneo parla del tempo che precede il crollo della borsa e scrive: «All’interno dei vari stati la Depressione già si faceva sentire, e i coltivatori e i braccianti un po’ dappertutto erano in stato di allarme. Di disperati ne incontrammo un mucchio per strada, e Maestro Yehudi mi insegnò a non guardare mai nessuno dall’alto in basso» (Paul Auster, Mr Vertigo, Torino 2015, 126).


Tutto nasce da come si guarda, e da dove si guarda. Guardare un altro dall’alto in basso, è lecito farlo soltanto in una situazione: per aiutarlo a sollevarsi. Non di più. Questo è l’unico momento lecito per guardare dall’alto in basso. Lo sguardo di Gesù sapeva vedere nella povera gente che metteva due spiccioli nella cassetta delle offerte al Tempio un gesto di dono totale (cfr Mc 12,41-44). Lo sguardo di Gesù partiva dalla misericordia e dalla compassione per i poveri e gli esclusi. Da dove parte il mio sguardo? Una domanda che ci aiuterà sempre.

La crescita inclusiva trova il suo punto di partenza in uno sguardo non ripiegato su di sé, libero dalla ricerca della massimizzazione del profitto. La povertà non si combatte con l’assistenzialismo, no, così la si “anestetizza” ma non la si combatte. Come già dicevo nella Laudato si’, «aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte alle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro» (n. 128). La porta è il lavoro: la porta della dignità di un uomo è il lavoro.

Senza un impegno di tutti per far crescere politiche lavorative per i più fragili, si favorisce una cultura mondiale dello scarto. Ho provato a spiegare questa convinzione anche nel primo capitolo dell’Enciclica Fratelli tutti, dove, tra l’altro, si ricorda che «è aumentata la ricchezza, ma senza equità, e così accade che nascono nuove povertà» (n. 21). Cresce la ricchezza e nascono nuove povertà.

Ecco perché il futuro invoca un nuovo sguardo, e ciascuno nel suo piccolo è chiamato a farsi promotore di questo modo differente di guardare il mondo, a partire dalle persone e dalle situazioni che vive nel quotidiano. Il Maestro, nel romanzo che ho citato, insegna al suo allievo a «non guardare mai nessuno dall’alto in basso»; penso che questo può essere una buona indicazione per tutti. Siamo tutti fratelli e sorelle, e se io sono il proprietario di un’azienda, questo non mi legittima a guardare i miei dipendenti con aria di sufficienza. Se sono l’amministratore delegato di una banca, non devo dimenticare che ogni persona va trattata con rispetto e cura.

La Fondazione Centesimus Annus può declinare le importanti riflessioni condotte in questi giorni, attraverso la conversione dello sguardo di ciascuno. L’umile sguardo di chi vede in ogni uomo e donna che incontra un fratello e una sorella da rispettare nella sua dignità, prima che, eventualmente, un cliente con cui fare affari. È un fratello, una sorella, una persona; può fare il cliente. Solo con questo sguardo potremo lottare contro i mali della speculazione corrente che alimenta i venti di guerra. Non guardare mai nessuno dall’alto in basso è lo stile di ogni operatore di pace. È lecito farlo solo per aiutare a sollevarsi.

Cari amici, vi ringrazio di essere venuti, e soprattutto per l’impegno che ciascuno di voi pone, là dove vive e lavora, al fine di promuovere una crescita inclusiva e, più in generale, la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa. Di cuore benedico tutti voi e le vostre famiglie. E per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie.