“Questo vuole essere un gesto d’amore solidale della Chiesa”

Fondazione “Populorum Progressio”, mantiene la sua missione e rimane un’opera della carità del Papa

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Questa mattina, nel Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i Membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione “Populorum Progressio” e ha rivolto loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio Mons. del Río per la sua introduzione; saluto Mons. Cabrejos, Presidente del CELAM, e Suor Alessandra Smerilli, Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; e saluto ciascuno e ciascuna di voi.

San Paolo VI, il 26 marzo 1969, data in cui ricorreva il secondo anniversario della sua Enciclica Populorum progressio, istituì un Fondo per aiutare i contadini poveri e per promuovere la riforma agraria, la giustizia sociale e la pace in America Latina, secondo gli orientamenti offerti dagli Episcopati di quel continente.

Nel 1992, in occasione del quinto centenario dell’inizio dell’evangelizzazione del continente americano, si riunì la IV Assemblea Generale dell’Episcopato Latinoamericano, in tale occasione San Giovanni Paolo II volle istituire una Fondazione autonoma “Populorum Progressio” finalizzata a promuovere lo sviluppo integrale delle comunità dei contadini più poveri d’America Latina. Così scriveva: «Questo vuole essere un gesto d’amore solidale della Chiesa verso quanti sono nell’abbandono e necessitano maggiormente di protezione, come lo sono le popolazioni indigene, meticce e afro-americane. […] La Fondazione si dispone a collaborare con tutti coloro che, consci della sofferente condizione dei popoli latinoamericani, desiderano contribuire al loro sviluppo integrale, facendo in modo che la dottrina sociale della Chiesa trovi una giusta e opportuna applicazione» (Chirografo istitutivo della Fondazione “Populorum Progressio”, 13 febbraio 1992).

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Desidero esprimere la mia gratitudine a quanti in questi trent’anni hanno lavorato per questa Fondazione, che ora cambia forma ma – voglio sottolinearlo – mantiene la sua missione e rimane un’opera della carità del Papa.

Molte famiglie in America Latina e nei Caraibi sopravvivono in condizioni subumane. Come sottolinea il Documento conclusivo di Aparecida, «gli esclusi non sono solo “sfruttati”, ma “soprannumero”, “scarti”» (n. 65). L’Assemblea ecclesiale del Continente, che ancora è in sviluppo, è stata un’opportunità per ascoltare il grido dei poveri, e il Sinodo sull’Amazzonia ci ha avvicinato alla realtà di esclusione in cui vivono le comunità indigene e afro-discendenti. I quattro sogni che ho voluto condividere con l’Amazzonia si estendono all’intero continente e a tutta l’umanità. È necessario che «di fronte a diversi modi attuali di eliminare o ignorare gli altri, siamo in grado di reagire con un nuovo sogno di fraternità e di amicizia sociale che non si limiti alle parole» (Enc. Fratelli tutti, 6).

Percorrendo il cammino sinodale dobbiamo crescere come Chiesa “samaritana” che conforta, si impegna e si china a toccare le piaghe della carne sofferente di Cristo nel popolo (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 24). Egli ha voluto identificarsi con i più poveri ed emarginati, e ci offre la sua presenza misericordiosa in essi (cfr Mt 25,31-46).


Il nostro auspicio è che queste iniziative di solidarietà dimostrino che è possibile cambiare, che la realtà non è bloccata. Se vengono intraprese con saggezza e coerenza, saranno un segno che speriamo possano motivare molti.

La riforma della Curia Romana che stiamo portando avanti, e che ha trovato espressione nella Praedicate Evangelium, ci sta mettendo di fronte a una serie di cambiamenti necessari. Tra essi quello che concerne la Fondazione Populorum Progressio, che compie 30 anni e ha servito la causa dei poveri nel Continente, secondo il volere di San Paolo VI, confermato da San Giovanni Paolo II. In questo contesto si rende necessario promuovere un maggior legame con le Chiese locali, al fine di rendere più efficaci i programmi di sviluppo integrale nelle comunità indigene e afro-discendenti più trascurate, immerse nella miseria e nell’abbattimento.

I poveri non devono essere visti come destinatari di un’opera di beneficenza. Devono essere parte attiva del discernimento dei bisogni più urgenti. «Non abbiamo bisogno di un progetto di pochi indirizzato a pochi, o di una minoranza illuminata o testimoniale che si appropri di un sentimento collettivo» (Evangelii gaudium, 239). È importante liberarci da mentalità paternalistiche, che allargano il divario tra quanti sono chiamati a formare una sola famiglia.

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Già Giovanni Paolo II, nel Messaggio per il decimo anniversario della Fondazione, sottolineò come «è degno di nota il fatto che le Chiese particolari dell’America Latina partecipino ugualmente al finanziamento dei progetti. Inoltre, una caratteristica del lavoro della Fondazione è che le persone che esercitano la responsabilità di approvare i progetti e di decidere della distribuzione dei fondi provengono dalle stesse aree in cui le iniziative vengono realizzate» (14 giugno 2002).

Per tali ragioni, desiderando che l’aiuto allo sviluppo dei progetti rimanga espressione della carità del Papa, ma non abbia il suo centro nella Curia Romana, e anche nella linea della semplificazione, ho affidato al CELAM il compito di aiutarci nell’analisi dei progetti e nella loro realizzazione. Il Dicastero per il Servizio allo Sviluppo Umano Integrale manterrà la responsabilità dell’amministrazione del fondo che sarà vincolato al servizio di questa missione.

Come affermava Benedetto XVI ai partecipanti alla riunione del Consiglio di Amministrazione della Fondazione “Populorum Progressio” il 14 giugno 2007, «questa opera, intrapresa quindici anni fa, deve continuare a seguire i principi che hanno contraddistinto il suo impegno a favore della dignità di ogni essere umano e della lotta contro la povertà».

Rinnovo il mio grato apprezzamento a quanti hanno prestato il loro servizio nella Fondazione. E desidero anche esprimere riconoscenza agli organismi internazionali che hanno collaborato e li incoraggio a dare continuità a tale impegno.

La Vergine Maria, nella Visitazione, si presenta a noi sollecita e premurosa nel mettersi al servizio. Ella ci spinga, con il suo affetto e la sua tenerezza di madre, a stare vicino ai più poveri e ai dimenticati, che Dio certo non dimentica.

Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio del vostro impegno. Vi benedico di cuore e vi accompagno con la mia preghiera. E anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me.