09 Luglio, 2025

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Riflessione del Vescovo Enrique Díaz: Il tuo desiderio di pace si compirà

14ª Domenica del Tempo Ordinario

Riflessione del Vescovo Enrique Díaz: Il tuo desiderio di pace si compirà

Il vescovo Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul  Vangelo di questa domenica, 6 luglio 2025, intitolato:  “Il tuo desiderio di pace sarà compiuto”.

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Isaia 66:10-14:  “Farò scorrere su di lei la pace come un fiume”.

Salmo 65:  “Le opere del Signore sono meravigliose”

Galati 6:14-18:  “Io porto nel mio corpo il segno delle sofferenze che ho sopportato”.

Luca 10,1-12.17-20:  “La vostra ricerca della pace si compirà”.

Contrariamente a tutte le campagne, contrariamente a ogni pianificazione, Gesù istruisce i suoi discepoli nella loro nuova missione con proposte molto semplici: preghiera, comunità (in coppia) e libertà di spirito. Nessun peso superfluo, perché una pagliuzza portata lontano finisce per essere pesante. Con la prontezza di chi deve consegnare un messaggio importante, rifiuta di lasciarsi frenare dalle banalità, ma cerca piuttosto l’attenzione di ogni persona, con il suo desiderio di pace in ogni casa. Seguendo l’esempio del colibrì che, con piccolezza, con grande velocità, con immensa debolezza, cerca il nettare e solo il meglio di ogni fiore, così il discepolo deve agire con generosità, prontezza e cercando solo il meglio in ogni persona e in ogni situazione. I risultati sono chiari: quando si infonde la pace interiore, si semina la vita. Queste sono le proposte e le raccomandazioni di Gesù. La cosa straordinaria è che non invia più solo i Dodici, che in tutto il Vangelo appaiono vicini a Gesù. Ora l’orizzonte si apre e la missione è affidata ai “settantadue”, cioè a una moltitudine di uomini e donne la cui missione è preparare i cuori all’incontro con il Signore. Una volta incontrato Cristo, non si può percorrere la vita senza irradiarlo e farlo conoscere, anche se non si pronuncia il suo nome. La missione appartiene a ogni discepolo che ha trovato in Cristo la propria ragione di vita. Questa gioia si espande spontaneamente e non ha bisogno di comandi, ma bisogna ascoltare le raccomandazioni di Gesù.

Cristo chiede ai suoi discepoli di presentare al Padre le necessità della sua missione. La preghiera più bella non può essere quella per la stessa persona, né a nome proprio, ma quella che nasce per e a nome di tutti. Quando si condividono i bisogni e le sofferenze degli altri, la preghiera scaturisce inevitabilmente spontanea, non perché il Signore della messe ignori i nostri bisogni, ma perché pregando ci impegniamo nello stesso compito di Gesù. Pregare è prendere coscienza dell’urgenza del Regno e della necessità di fornire i mezzi più appropriati; è confidare in Dio e assumersi la propria missione e responsabilità. Quando viviamo in armonia con il progetto d’amore di Dio, non può esserci una ristrettezza individualistica che cerca solo i propri interessi. Piuttosto, la preghiera diventa “la preghiera del popolo di Dio”, che, unito nel vincolo dell’amore, si rivolge al Padre comune. Per questo Gesù insiste: “Pregate il Signore della messe”. Già nella preghiera, per quanto personale, Gesù ci dona questo senso di comunità, che diventerà poi chiarissimo quando li invierà “a due a due”, in sinodalità, camminando insieme. La missione ha sempre questo carattere comunitario; deve essere compiuta a due a due con l’obiettivo di mostrare con le azioni e la vita ciò che viene proclamato con le parole. Perché la testimonianza d’amore e di comprensione proclama più delle più belle dissertazioni. Forse potremmo qui considerare la grande importanza dell’amore di coppia e l’effetto costruttivo o distruttivo che la sua esperienza ha sui figli e sulla società.

Gesù non illude i suoi discepoli con false speranze; indica loro chiaramente le difficoltà che la missione porterà. Con debolezza, devono affrontare le potenze del male. Ma la prima cosa è stare attenti a non diventare lupi che vanno in giro a distruggere con il pretesto di essere discepoli. La cosa più importante è portare il Vangelo e annunciare che il Regno di Dio è vicino, non annunciare noi stessi e le nostre strutture. Dobbiamo continuamente esaminarci per vedere se non stiamo divorando pecore invece di dare loro la vita. Le parole di Gesù ci incoraggiano a partire con entusiasmo, ma anche con la dovuta cautela. Forse l’esempio del colibrì può continuare ad aiutarci: non può rinunciare al nettare di una rosa per paura delle spine, ma deve stare molto attento perché una sola spina può farla cadere. Non illudiamoci; ci sono i lupi, e il male si maschera e ci seduce. Ma non abbiamo paura; la potenza del Regno è più potente del male e delle sue menzogne. Stiamo attenti a non riporre fiducia nelle nostre forze e nei nostri metodi, perché corriamo il grande rischio di predicare a noi stessi. La gioia manifestata dai discepoli quando raccontarono con giubilo le avventure del loro viaggio ci insegna che la vera felicità non risiede nelle mille aggiunte e pretese che il mondo ingannevolmente propone per la felicità, ma nello scoprire la gioia della pace interiore che si diffonde e feconda gli altri.

Inoltre, il Signore li invia a portare il suo dono: la pace. Il discepolo è messaggero di pace. Il compito è che ogni comunità diventi una “casa di pace”, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono. La pace non è un’utopia spirituale: è un cammino umile, fatto di gesti quotidiani, che intrecciano pazienza e coraggio, ascolto e azione. E oggi, più che mai, esige la nostra presenza vigilante e generativa.

Come mi sento oggi sapendo di essere stato mandato da Gesù come suo messaggero per annunciare che il Regno di Dio è vicino? Dove ripongo le mie certezze e cosa penso delle richieste di Gesù? Sono un lupo per gli altri? Non agisco secondo i valori del Regno per paura dei “lupi” che minacciano il Vangelo? Posso, come il colibrì, cercare il meglio nella vita e portare pace e felicità agli altri?

Grazie, Padre buono. Donaci la generosità di scoprire che la grandezza del Vangelo si rivela nella piccolezza, e donaci un cuore coraggioso affinché non ci lasciamo intimidire dai lupi del male. Riempici della gioia e della pace che solo il tuo amore può donare. Amen.

Enrique Díaz

Nació en Huandacareo, Michoacán, México, en 1952. Realizó sus estudios de Filosofía y Teología en el Seminario de Morelia. Ordenado diácono el 22 de mayo de 1977, y presbítero el 23 de octubre del mismo año. Obtuvo la Licenciatura en Sagrada Escritura en el Pontificio Instituto Bíblico en Roma. Ha desarrollado múltiples encargos pastorales como el de capellán de la rectoría de las Tres Aves Marías; responsable de la Pastoral Bíblica Diocesana y director de la Escuela Bíblica en Morelia; maestro de Biblia en el Seminario Conciliar de Morelia, párroco de la Parroquia de Nuestra Señora de Guadalupe, Col. Guadalupe, Morelia; o vicario episcopal para la Zona de Nuestra Señora de la Luz, Pátzcuaro. Ordenado obispo auxiliar de san Cristóbal de las Casas en 2003. En la Conferencia Episcopal formó parte de las Comisiones de Biblia, Diaconado y Ministerios Laicales. Fue responsable de las Dimensiones de Ministerios Laicales, de Educación y Cultura. Ha participado en encuentros latinoamericanos y mundiales sobre el Diaconado Permanente. Actualmente es el responsable de la Dimensión de Pastoral de la Cultura. Participó como Miembro del Sínodo de Obispos sobre la Palabra de Dios en la Vida y Misión de la Iglesia en Roma, en 2008. Recibió el nombramiento de obispo coadjutor de San Cristóbal de las Casas en 2014. Nombrado II obispo de Irapuato el día 11 de marzo, tomó posesión el 19 de Mayo. Colabora en varias revistas y publicaciones sobre todo con la reflexión diaria y dominical tanto en audio como escrita.