Riflessioni di un’ambasciatrice su 5 anni di lavoro in Vaticano

Intervista a tutto campo con Sally Axworthy, la rappresentante diplomatica uscente del Regno Unito presso la Santa Sede

ambasciatrice Axworthy
L'ambasciatrice Axworthy con Papa Francesco © Vatican Media

Sally Jane Axworthy è stata una dei diplomatici accreditati in Vaticano più conosciuti e più attivi. Molti sono tristi nel vederla terminare il suo periodo di soggiorno in Italia. Ora afferma che Roma le mancherà, ma è tempo di lasciare a qualcun altro l’incarico.

Dopo un quinquennio trascorso in Vaticano e vari altri incarichi precedenti, tra cui quello di ambasciatrice britannica in Russia, l’ambasciatrice Axworthy si prepara ad un nuovo incarico nell’ambito della risoluzione dei conflitti presso il Foreign, Commonwealth and Development Office di Londra. E “porterò con me la consapevolezza del ruolo dei leader religiosi”, si ripromette in questa lunga intervista ad Exaudi, riflettendo sui suoi 5 anni di lavoro appena trascorsi in Vaticano, perché “la religione è un fattore di cui dovremmo tenere conto, nella nostra politica estera”.

Di seguito la conversazione di Sua Eccellenza con Exaudi:

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EXAUDI: Ambasciatrice Axworthy, è dura vederla partire! Lei è stata un’ambasciatrice incredibilmente attiva e stimata durante i suoi cinque anni qui. Com’è lasciare Roma?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Sono triste nel lasciare Roma. Sono stati cinque anni importanti per ragioni professionali e personali, e quindi sono triste. Roma è una grande città e mi è molto piaciuto lavorare qui e far nuove conoscenze. Ma questo è anche il momento giusto per andarmene, perché sono stata qui per cinque anni, quindi è il momento di passare il testimone ad altri.

EXAUDI: Qual è il suo ricordo più bello o più significativo del periodo vissuto qui?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Ce ne sono stati molti di momenti importanti. La canonizzazione di John Henry Newman è stata da un punto di vista professionale un momento clou, trattandosi di un evento inatteso. Era il nostro primo nuovo santo dal 1976! E come ambasciata, abbiamo avuto l’opportunità di collaborare nel celebrarlo. È stato fantastico! Poi gli incontri con il Papa sono sempre molto memorabili, e ce ne sono stati due o tre, tra cui la mia prima udienza in assoluto con il Papa, dopo quella di inizio mandato. Francesco aveva concesso un’udienza alla conferenza che stavamo tenendo sul tema del come affrontare la violenza di ispirazione religiosa. In quell’occasione ho dovuto fare un discorso in italiano che ha messo alla prova i miei nervi. E il Papa ci ha incoraggiato, in un certo senso, nel lavoro che stavamo realizzando, concedendoci quell’udienza.

Penso che quel tema abbia avuto poi un seguito nel suo pontificato, perché una caratteristica del pontificato è stata proprio l’avvicinamento all’Islam, con la sua visita all’Università di Al Azhar in Egitto, la visita recente all’Ayatollah Al Sistani in Iraq, il documento sulla Fratellanza umana e l’enciclica Fratelli Tutti. E io penso che abbiamo involontariamente giocato anche noi su questo tema. Penso che quel che Papa Francesco ha fatto con l’apertura all’Islam – anche con l’apertura ad altre confessioni cristiane, ma in particolare con l’apertura all’Islam – sia stato qualcosa di piuttosto “visionario”. Il Papa sta riformulando il dibattito sulla religione in termini non più di cristiani contro musulmani, ma di persone di fede che lavorano insieme cercando di affrontare alcune delle sfide del mondo. Questo è davvero interessante. Io spero che possa avere un seguito, che la gente lo prenda in considerazione e lo faccia diventare realtà. Ed è quel che stiamo cercando di fare con la nostra iniziativa sulla COP26 (la conferenza mondiale delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, in programma a Glasgow a novembre 2021, ndr)… Potrei continuare all’infinito [sorride, NDR]!

Un altro momento saliente per me è stato l’udienza del Papa a un gruppo di pellegrini della BBC diretti a Roma…

EXAUDI: Come fu quell’incontro?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Era mattino presto, le 8.30. Il Papa, credo, era tornato da un viaggio giusto il giorno prima, perciò fece confermare l’incontro all’ultimo minuto. Fu un’udienza di circa 20 minuti, ma veramente i 20 minuti più intensi che io abbia mai speso in vita mia, dato che i pellegrini si erano preparati alcune domande per il Papa. E non si trattava sempre di domande così simpatiche! C’erano delle esperienze che volevano tirare fuori… Francesco ha fatto il giro dell’intero gruppo. Erano circa otto persone, ognuno ha fatto le sue domande e lui ha risposto a tutte. È stato davvero molto commovente. Alla fine eravamo in lacrime. Già il solo veder da vicino il Papa mentre svolge il suo servizio di pastore è stata un’esperienza.

EXAUDI: Ricordo alcune immagini. Sembrava piuttosto commovente…

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Sì! Da ambasciatore in Vaticano, spesso sei presente ad eventi col Papa, ma raramente parli con lui. Non è qualcuno che si incontra spesso. Ad ogni modo è il tipo di rapporto che hai quel che conta, che ovviamente consiste nel seguire quello che lui fa. Forse anche lui segue un po’ quello che fa l’ambasciata. Non lo so. Alla fine di cinque anni, hai comunque la sensazione che abbiamo lavorato insieme, anche se non abbiamo passato molto tempo insieme.

EXAUDI: Come è stata la sua esperienza di donna ambasciatrice presso la Santa Sede?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Quando sono arrivata qui in Vaticano non mi aspettavo di lavorare in particolare sul tema delle donne, ma in realtà è così che è andata [sorride, NDR]. Sul ruolo della donna c’è un dibattito nella Chiesa. Non appena arrivata, mi colpiva il fatto che fosse normale presenziare ad un panel o ad eventi dove non c’erano relatori donne. Molti eventi non includevano affatto le donne, neanche alle cene.

Quindi, parlo veramente di qualcosa costruito negli anni in cui sono stata qui. Una volta una mia collega organizzò un pranzo con le impiegate donne del Vaticano, e lì abbiamo imparato com’è per loro lavorare in Vaticano. Come ambasciatrice, ero molto interessata a lavorare con le suore, ma ero interessata anche al fatto che non sembravano essere molto in vista nella comunità. Sono loro quelle che lavorano sui temi che più stanno a cuore a Papa Francesco: la moderna schiavitù, la scuola, la sanità… Sono presenti nei luoghi più difficili del mondo, per fornire servizi in paesi instabili, spesso correndo grandi rischi personali.

Sono coraggiose, nella loro professione, e competenti. Una volta scoperto questo, ho voluto dare loro un palcoscenico proprio perché di cose da dire ne hanno. Inoltre, durante il lockdown, quando alle riunioni bisognava partecipare in forma virtuale, abbiamo creato un gruppo di ambasciatrici donne…

EXAUDI: Sì, questo è stato un bel risultato della pandemia.

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Sì, è vero. Questo gruppo poi è diventato qualcosa di più formale, con incontri e inviti anche ad oratori esterni, incluse donne in posizioni di alto livello in Vaticano. Credo che io e le altre ambasciatrici abbiamo incoraggiato in qualche modo il dibattito sulle donne in posizioni di autorità. Abbiamo condiviso la nostra esperienza e abbiamo voluto sostenere alcune delle donne con maggiore anzianità di servizio in Vaticano, visto che ce ne sono poche.

EXAUDI: Qual è la più grande sfida che ha incontrato nell’essere un diplomatico in Vaticano?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: E’ stata una bella sfida adattarsi alla cultura del luogo, non appena arrivata, perché la Santa Sede ha una sua cultura molto specifica, figlia della sua lunga tradizione e della sua storia lunga e ininterrotta, direi. Ci sono tradizioni che risalgono indietro nel tempo a un millennio fa, alcune. La Santa Sede è un’organizzazione che valorizza le proprie tradizioni. Ecco perché mi son dovuta abituare ai modi di far le cose in Vaticano; e per fortuna sono stata aiutata sia dal mio staff, sia dalle persone che lavorano lì, riguardo a come trattare i vari affari.

EXAUDI: C’è qualcosa che l’ha sorpresa in questi anni?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Può sembrare un po’ “sciocco”, ma la prima cosa che mi colpì è che questo è un posto dove si parla di religione. Siamo un’ambasciata, siamo accreditati presso la Santa Sede, che è l’istituzione a capo di una religione, ma è anche uno Stato. Quelli di cui ci si occupa sono i normali affari diplomatici, fino ad una certa misura. Per esempio, con la Santa Sede si parla di questioni di politica estera, di conflitti, della Siria, di cooperazione bilaterale oppure nelle organizzazioni multilaterali, di quel che succede all’ONU, e così via. Suppongo di aver pensato che questo sarebbe stato un incarico come un altro; in realtà la cosa che qui interessa a tutti è la religione, questo è ciò che quindi mi colpì, quando arrivai, e mi ha fatto riflettere sull’intera questione della religione in politica estera. Parte di questa esperienza è stata l’avere un dialogo col ministero sul ruolo della religione in politica estera. Come Ministero degli esteri del Regno Unito abbiamo una politica sulla libertà di religione o di credo, riflessa in un recente rapporto.


C’è l’aspetto della persecuzione religiosa, naturalmente, ma la questione va un po’ oltre questo tema, perché si tratta di vedere come il fattore religione influisce sulla politica estera, sulla vita politica, sulla vita economica… È un fattore di cui dovremmo tener conto nella nostra politica estera. E questa consapevolezza è stata stimolata dall’essere in questo luogo dove la gente parla dell’impatto della religione su tutto.

EXAUDI: Sì.

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Ma il Vaticano è anche un luogo dove tanta gente vive la loro fede. Tu puoi davvero vedere molte persone in Vaticano che vivono davvero la loro fede nelle scelte che fanno. Questo mi ha colpito davvero. Generalmente sono sacerdoti, o religiosi, o laici che lavorano in Vaticano o con un’organizzazione laica come il Movimento dei Focolari, persone che hanno impegnato la loro vita in un modo o nell’altro nella Chiesa. Non so in quale altro luogo si possa osservare qualcosa del genere in tale misura. È qualcosa che colpisce. Le persone lì hanno motivazioni diverse, che spesso non son quelle che troveresti in qualsiasi altro luogo. Per esempio, conosco diversi capi di dicasteri vaticani che non percepiscono il loro stipendio. Vivono veramente la loro fede, abitando in alloggi molto modesti.

EXAUDI: Qual è uno dei suoi ricordi più vivi della sua permanenza qui?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: L’intervista con i pellegrini della BBC, come dicevo, è stata molto personale. Non avevo mai fatto niente del genere prima: andare a Santa Marta, sedermi in quella stanza, nessun protocollo, nessuno che mi dicesse dove sedermi… La persona che sarebbe entrata in stanza dopo di noi era il Papa, e nessuno lo precedeva! Questo è stato piuttosto sorprendente!

EXAUDI: E la più grande soddisfazione?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Il mio obiettivo personale prendendo servizio qui era svolgere questo incarico non solo considerando la Santa Sede come un “punto di ascolto” dove scoprire cosa succede nel mondo grazie al numero di persone che vi arrivano. Il mio obiettivo è stato anche vedere come possiamo collaborare in qualche modo su questioni di interesse comune. E penso che ci siamo riusciti, in molte delle cose che abbiamo fatto, che sia il sostegno alle religiose impegnate a combattere la schiavitù moderna, l’iniziativa contro la violenza ispirata dalla religione, oppure quel che stiamo facendo ora riguardo alla COP26 di Glasgow a novembre e sul cambiamento climatico. Son tutti temi attorno ai quali credo che siamo riusciti ad aprire la nostra politica estera alla dimensione religiosa, osservando la politica da una prospettiva religiosa, in particolare la forza della Chiesa cattolica. La Chiesa cattolica, dopo tutto, è la più grande denominazione della più grande religione del mondo, ramificata in una sorta di rete senza eguali. Dunque, si è trattato anche di trovare modi per collaborare, perché non è sempre stato facile. La Chiesa cattolica ha sì una struttura gerarchica, ma anche piuttosto decentralizzata; quindi collaborare con strutture decentrate della Chiesa cattolica può essere in realtà piuttosto impegnativo. Ma guardando alla sanità e all’istruzione, potremmo collaborare ulteriormente. Il Regno Unito ha avuto e ha ancora una grande attenzione per l’istruzione delle ragazze, e la Chiesa cattolica è il più grande fornitore non governativo di servizi educativi, dei quali il 60%, credo, in paesi in via di sviluppo. Quindi è ovvio che lì c’è una grande forza.

EXAUDI: Lei è stata in prima linea sul tema della protezione dell’ambiente, coinvolta in varie iniziative in collaborazione molto stretta anche con il cardinale Turkson e l’arcivescovo Gallagher. Quali considera i maggiori risultati ottenuti finora? E su quale punto le piacerebbe che il suo successore ponesse attenzione, per dare continuità a quel che lei ha portato avanti?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Abbiamo promosso un’iniziativa comune con l’ambasciata italiana presso la Santa Sede e il Vaticano, come sapete. Le religioni hanno molto in comune nel loro approccio alle grandi questioni etiche. Quindi, da questo punto di partenza generale, se consideriamo i leader religiosi come persone che esercitano una guida morale e ispirano valori, allora anche loro, i leader religiosi, hanno un ruolo da esercitare attorno alla questione del cambiamento climatico, che possiamo sicuramente vedere come questione etica. Il cambiamento climatico colpisce soprattutto i più vulnerabili, e non sono loro ad averlo causato.

Ci sono molte questioni etiche in ballo nei cambiamenti climatici, così abbiamo voluto vedere se potevamo realizzare qualcosa non solo insieme alla Chiesa cattolica, ma insieme a persone di tutte le fedi. E per prepararci abbiamo avuto incontri molto interessanti, incontri virtuali. È stato davvero sorprendente il fatto che ogni singolo leader religioso che abbiamo invitato, abbia avuto un suo approccio personale da esporre. Ed è incredibile che i loro approcci siano così simili. Tutti parlano della terra come qualcosa con cui dobbiamo vivere in armonia e non sfruttarla, ma trattarla con cura ed equilibrio, e questo dato è abbastanza comune a tutte le fedi. È stato un inizio davvero incoraggiante, perché date le divisioni che ovviamente esistono tra fedi diverse, ci eravamo chiesti se queste potessero essere d’intralcio. E così invece non è stato. C’è stato uno spirito di collaborazione in questi incontri, anche se virtuali.

L’altro capitolo è quello degli scienziati. Di nuovo, a volte sembra che ci sia un’opposizione tra fede e scienza, ma questa iniziativa è proprio un mettere insieme fede e scienza. La scienza ci dà i dati, ci dà le prove, e i leader della fede sono molto bravi a interpretarle come guide morali. Quindi c’è stata una sinergia anche con gli scienziati. La mia speranza, anche se purtroppo me ne andrò prima, è che tutti possano lanciare un unico messaggio, sul tema dell’ambiente, e che possano aiutare ad imprimere uno slancio alla COP26.

Ovviamente, vogliamo che la COP26 sia un’occasione per i vari paesi di darsi obiettivi ambiziosi e fissare un determinato contributo per ogni nazione, se ancora non lo hanno fatto, allo scopo specifico di ridurre le loro emissioni inquinanti, oltre a raccogliere i fondi per permettere ai paesi in via di sviluppo di compiere la transizione necessaria. Le nostre ambizioni sono alte, ma devono esserlo, perché questa è un’agenda enorme, che ha bisogno di azioni molto più decisive di quelle condotte finora.

EXAUDI: Lei pensa che il Papa abbia bisogno di fare qualcosa di specifico in questo incontro? Oppure c’è comunque qualcosa in particolare che lei vorrebbe veder realizzato in quell’occasione?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: I leader religiosi stanno lavorando a un appello.

EXAUDI: Per il 4 ottobre?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Sì, un appello alla COP26. Speriamo che chiedano ai leader politici di aumentare le loro ambizioni. Il punto sarà imprimere slancio alla COP26. Si tratta sicuramente di una questione etica, quindi se Francesco dovesse intervenire, penso che la sua presenza sottolineerebbe questo punto. E, senza dubbio, in quello che direbbe, parlerebbe dell’etica del cambiamento climatico e dell’imperativo morale di affrontarlo. Probabilmente il Papa ci sarà, ad ottobre. Speriamo che sia presente anche alla Conferenza COP26. I leader religiosi faranno discorsi molto brevi, per dire ognuno qualcosa sul suo approccio alla questione ambientale. L’augurio è che tutto questo confluisca in un unico messaggio, speriamo sotto forma di un appello.

EXAUDI: Ora lei tornerà nel Regno Unito, lavorando sulla risoluzione dei conflitti. Come sarà questo prossimo capitolo?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Sarà molto influenzato dal mio lavoro qui in Vaticano. Le esperienze le porti con te, ti cambiano. Prima di venire qui, ho lavorato da Londra sulla Somalia e sulla Libia, e sono state entrambe esperienze molto forti. Qui a Roma ho lavorato sui conflitti: come Ambasciata abbiamo cercato di sostenere il processo di transizione nel Sud Sudan, abbiamo avuto l’opportunità di concentrarci su alcuni conflitti in particolare in Africa, come in Camerun, Mozambico, Repubblica democratica del Congo… Penso che la risoluzione dei conflitti sia qualcosa che è nel DNA del Vaticano, perché sono ovviamente preoccupati quando c’è sofferenza umana. Questo è il punto su cui si concentrano il Papa e la Segreteria di Stato vaticana, anche per esempio con il Camerun. Noi pensiamo che il Papa andrà in Sud Sudan con l’arcivescovo di Canterbury. Lui continua a esprimere il suo desiderio di andare…

Con il Vaticano discutiamo molto di frequente dei conflitti. Credo che l’essere stata qui mi abbia fatto vedere prima di tutto il ruolo che il Vaticano stesso può giocare. Penso che spesso il Vaticano dica spesso che sarà a disposizione dei leader se sarà chiamato da entrambe le parti in conflitto a mediare, come a volte fanno. C’è un’influenza costante delle strutture cattoliche, pensando agli ordini religiosi, particolarmente proattiva. Fanno un vero peacebuilding di base. Penso al Sud Sudan e in particolare all’organizzazione Solidarity with South Sudan, che credo formi ostetriche e insegnanti mettendo insieme persone di tutte le etnie tribali, vivendo insieme, per dare forma a qualcosa che assomigli ad una convivenza pacifica. Avere lavorato qui in Vaticano mi ha reso molto consapevole del ruolo dei leader religiosi nella risoluzione dei conflitti. E questa consapevolezza la porterò sicuramente con me.

EXAUDI: Qualche rancore dopo la sconfitta dell’Inghilterra contro l’Italia ai campionati europei di calcio?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Siamo molto, molto tristi di non aver vinto, ma io vivo a Roma e c’era molta gioia intorno a me [sorride, NDR].

EXAUDI: Vuole aggiungere qualcos’altro, ambasciatrice?

AMBASCIATRICE AXWORTHY: Penso che ogni ambasciatore britannico presso la Santa Sede, si goda davvero il periodo che trascorre qui. Ma questo avviene anche perché il lavoro è così diverso! E’ un lavoro che ti mette alla prova in modi di cui non si parla normalmente in altri sedi. Da qui tu osservi il mondo in modo abbastanza diverso, perché osservi tutto attraverso il prisma della religione, e questo ti dà una prospettiva diversa sulle cose che fai. È stato piacevole; ho apprezzato enormemente il mio tempo qui. Mi mancherà, ma è ora di andare [sorride, NDR].

EXAUDI: Grazie di cuore, ambasciatrice Axworthy, per averci dedicato del tempo.