«Seminare buone idee perché fruttino buone opere: ecco il lavoro che importa»

90° anno della nascita della rivista Settimanale “Famiglia Cristiana”

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Questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza una rappresentanza di Lettori del Settimanale “Famiglia Cristiana” in occasione del 90° anno della nascita della rivista.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai partecipanti all’Udienza:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Ringrazio il Direttore, Don Stefano, per la sua presentazione.

Voi oggi rappresentate la grande famiglia di “Famiglia Cristiana”. Non è un gioco di parole! La rivista cattolica più diffusa d’Italia compie 90 anni: è una nonna, come una brava nonna, che ne ha viste tante e ha acquistato saggezza.

Tutto nasce dallo spirito apostolico del Beato Don Giacomo Alberione: lui immagina una rivista che porti nelle famiglie una visione cristiana della realtà, dell’attualità, dei grandi temi del mondo e della Chiesa. E in questo progetto coinvolge tutta la Famiglia Paolina: i sacerdoti nella direzione e redazione, i religiosi fratelli soprattutto nella fase tecnica della stampa, le suore per la diffusione nelle case, tutti quanti per sensibilizzare nelle parrocchie. Ma la collaborazione si allarga subito a giornalisti ed esperti in tutti i campi.

Don Alberione diceva già nel 1915 ai giovani preti: «Seminare buone idee perché fruttino buone opere: ecco il lavoro che importa. Idee religiose, idee sociali, idee d’economia, idee di virtù, idee d’igiene, eccetera […]. Allorché si conosce che un’idea può far bene, che un fatto può rendere interessante un giornale, sarà utile comunicarli: è un talento che Dio dà: facciamolo fruttificare» (Appunti di Teologia Pastorale, n. 340).


Cari amici, le lettrici e i lettori – cioè voi – sono il vero patrimonio di una rivista come Famiglia Cristiana. E infatti la direzione, la redazione e i giornalisti hanno sempre alimentato il contatto con la gente; un rapporto che va rinnovato anche nella trasformazione digitale che stiamo attraversando. Diceva Don Alberione: «Introdurre il cinema nelle parrocchie e fare abbonamenti ai periodici cattolici. Il giornale cattolico è come una visita di Dio nelle case (Prediche alle Pastorelle, libro VII, 1981, 318).

Questa è sempre stata la linea editoriale principale dei Paolini: essere attenti alle relazioni come chiave della pratica comunicativa, e alle “reti” come luoghi di creazione collaborativa di significati e contenuti; protesi a cercare nuove forme di presenza e di azione, legate non tanto ai mezzi ma piuttosto alla cultura e alla nuova grammatica della comunicazione; e a servizio di tutto il popolo di Dio, specialmente agli uomini e alle donne che abitano le odierne periferie. Questa linea è sempre valida, e naturalmente va aggiornata secondo i grandi orientamenti dell’evangelizzazione; oggi si aprono davanti a noi specialmente due strade: la strada della fraternità e la strada dell’ecologia integrale. Dobbiamo percorrere queste strade, ma il metodo rimane quello: il dialogo e l’ascolto, che permettono di coltivare le relazioni.

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A proposito del dialogo, è importante comprendere che esso non è riducibile a uno scambio di dati o di informazioni, e che la relazione con l’altro non è limitabile a una connessione. Questo voi lo sapete bene! Non si può confondere un mero contatto con un segno di dialogo e di interazione, o un semplice scambio di messaggi con una vera comunicazione. Qualcuno mi diceva che l’elenco telefonico è quello che ha più dati e ha più personaggi, ma senza comunicazione, curioso! La comunicazione è un esercizio più profondo, che fa uscire dalla propria autoreferenzialità. Superare l’autoreferenzialità per guardare verso un orizzonte più ampio è indispensabile in questo momento di cambiamento d’epoca. Per conoscere gli interlocutori della sua missione e avvicinarsi ad essi, il comunicatore deve fare un cammino “in uscita”, cambiando, se necessario, atteggiamenti e mentalità. Questa è la via che ci ha mostrato il Concilio Vaticano II, e poi San Paolo VI, San Giovanni Paolo II; ma prima ancora questo è l’esempio dell’apostolo Paolo, che comunicando il Vangelo creava relazioni e faceva comunità.

In questa direzione va chiaramente il tema del prossimo Capitolo Generale dei sacerdoti e dei fratelli discepoli della Società San Paolo: «Lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare» (Rm 12,2). Chiamati ad essere artigiani di comunione per annunciare profeticamente la gioia del Vangelo nella cultura della comunicazione. Lo inizierete proprio nella Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, giornata voluta da San Paolo VI, del quale ricorre la memoria liturgica nello stesso giorno. Trovandoci oggi qui insieme, preghiamo per questo momento importante di voi Paolini; e preghiamo perché “Famiglia Cristiana” e gli altri vostri periodici, i libri, le attività televisive, multimediali e formative in Italia e nel mondo siano sempre rinnovate secondo il Vangelo con lo zelo dell’apostolo Paolo.

Sempre andare al Vangelo, sempre andare alle radici. E da lì prendere forza per la novità, le radici ti danno il succo per crescere, il Vangelo ti darà la missione e ti darà il messaggio che ti costituisce. Ma state attenti a un pericolo di oggi: purtroppo si confonde l’andare in profondità con l’andare indietro. E una cultura che, invece di andare in profondità, per annunciare va indietro, finisce per conservarsi, per non crescere, per non avere il carisma di una comunicazione. State attenti, nelle vostre riviste: sempre far vedere le radici ma per crescere. E stare attenti a guardare quando c’è qualche movimento “all’indietro” per denunciarlo e dire: questo non è cristiano. L’autore della Lettera agli Ebrei diceva: “Noi non siamo persone che vanno indietro” (cfr 10,39). Andiamo avanti con la forza del Vangelo, con la forza comunicativa che crea comunità; non andare indietro per creare piccoli gruppetti di autoconservazione, che finiranno per trasformare la nostra anima in un pezzo di museo. State attenti a questo.

E concludiamo con una parola di Don Alberione che sintetizza il suo percorso carismatico: «Nessuna più grande ricchezza si può dare a questo mondo povero e orgoglioso che Gesù Cristo – è la ricchezza più grande –. Maria diede al mondo la grazia in Gesù Cristo; continua a offrirlo nei secoli. […] Il mondo ha bisogno di Gesù Cristo, Via, Verità e Vita. Maria lo dà per mezzo degli apostoli e degli apostolati, che Ella suscita, forma, assiste e incorona di frutti e di gloria in cielo». (Abundantes divitiae gratiae suae, 1953, p. 108).

Grazie a tutti di essere venuti! Vi benedico di cuore, e benedico tutti i lettori e le lettrici di “Famiglia Cristiana”, e tutti quelli che lavorano per scriverla, stamparla e diffonderla. E voi non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!