Vedo, vedo! Cosa vedi?
"Il perché dà un volto al perché"

Da bambini, amavamo giocare agli enigmi; il mondo oscuro e nebuloso ci attraeva. Scoprire la realtà nascosta nella nebbia era un gioco affascinante. Crescendo, perdiamo quella capacità di meravigliarci e diventiamo più distaccati, più conformisti, come se la disillusione fosse alleata della disperazione e trovare tesori nascosti fosse una manifestazione infantile.
Durante i miei anni all’università un professore mi disse:
“Non nasciamo completi, lo impariamo nel corso della vita.” E ho capito il dinamismo di “Vivere nel gerundio” in quell’equilibrio instabile che richiede lo sforzo continuo di mantenere l’unità dei pezzi del puzzle per visualizzare chiaramente l’immagine, la mia immagine.
Mi aiuta a ricordare ciò che ho imparato: “Siamo uno, intero e vero”. Ma “allo stesso tempo, uno e molteplice”. Il tutto e la parte senza confusione. Unità al servizio della diversità e diversità al servizio dell’unità, come ho sentito dire dal professor Alejandro Llano. Siamo una realtà multiforme con innumerevoli lampi di luce irripetibili. Realtà multiformi e dinamiche, con molteplici interrelazioni che non sempre riconosciamo e che quasi mai sono trasparenti.
L’unicità personale si manifesta esteriormente attraverso le sue dimensioni: biologica, emotiva, intellettuale e volitiva. Ognuna di esse è multicolore e varia con la luce a ogni ora del giorno. Una tavolozza di colori diversificata costituisce la base dell’opera d’arte di ogni persona.
Una biologia che mi determina a partire dalla mia natura dotata; un’affettività intricata che esige un equilibrio tra amore e dolore: luci e ombre continue necessarie nella composizione personale; un intelletto che esige priorità e padronanza ma spesso soccombe all’approvazione altrui, alla stima che gli altri ci accordano. Una dimensione volitiva che si solidifica in virtù, acquisita con fatica, che si fa carne e mi permette di raggiungere un destino previsto dall’eternità.
Tutto è abbastanza preciso sulla carta. Ma il movimento è continuo. Il nostro e quello degli altri. L’unità e la molteplicità in ognuno di noi possono disorientarci, e la maturità implica che non consideriamo più la variabile e il diverso come assoluti.
Quando impari a fare i puzzle, scopri che inizi dalla cornice… ti muovi dall’esterno verso l’interno. Sposti i pezzi per trovare la loro collocazione nell’intera immagine. E solo quando hai finito vedi l’immagine desiderata. È così che giocano i bambini fin da piccoli: giocano a incastrare figure geometriche al loro posto. Scoprono che c’è un posto per ogni pezzo. E questa è un’abilità fondamentale per comprendere e comprendere noi stessi.
Scopre così come l’unità si fa corporea per esprimersi; si fa suono e colore percettibile. Si fa parola affinché possiamo comprendere e comprendere noi stessi. Il silenzio si realizza per accogliere i colori e i suoni degli altri. E il corpo si fa trasparente per rivelare che esiste una realtà che ci trascende. La coerenza tra l’uno e il molteplice è il chiaro riflesso di chi siamo o di chi vogliamo essere.
L’unicità, quell’essere unico e irripetibile, non ci rende estranei. Siamo diversi, ma molto vicini: ridiamo e piangiamo tutti, siamo tutti esseri per gli altri, e l’amore dei nostri cari ravviva le nostre radici. Commettiamo errori e li correggiamo, chiediamo perdono e perdoniamo, e attraverso questa danza impariamo a essere felici e a rendere felici gli altri. Le persone intorno a noi scoprono la nostra identità attraverso lo splendore del visibile. Questo “chi sono” si esprime esteriormente attraverso il mio corpo, che rivela i miei pensieri, i miei sentimenti, i miei dubbi, le mie certezze, senza che io abbia un controllo dispotico su quell’espressione. Il mio viso arrossisce o impallidisce senza il mio controllo, le lacrime mi scorrono lungo il viso senza che io lo voglia. Vorrei che potessimo restituire al corpo quella capacità di trasparenza, di rendere possibile l’apparenza e non rimanere nell'”apparenza” catturata dai sensi, spesso confondendoci. Quanto sarebbe felice l’incontro, senza equivoci, se potessimo vedere l’unità dietro ogni gesto, senza inciampare nell’apparenza oscurante, leggere la speranza di un miglioramento continuo, scoprire che la voce cerca un ricevitore sensibile e audace, diventando un linguaggio per ogni persona che cammina al nostro fianco: un linguaggio intelligibile che esige finezza, semplicità, chiarezza e, in un altro ordine di cose, opportunità, adeguatezza e rispetto.
L’incontro è il destino quotidiano della famiglia, del team professionale, del singolo… Incontro costruito con le luci e le ombre di ogni persona combinate affinché i “fusibili” non saltino mai. Amore e dolore sono le pietre del lastricato della vita quotidiana. Lungo il cammino, ci sono pietre che brillano come diamanti sotto la pioggia e il sole. I cuori piccoli vedono solo ostacoli che li rallentano, e i cuori delicati costruiscono con esse scale che raggiungono le stelle, e con la luna piena illuminano la notte.
Unità senza diversità è tirannia, e diversità senza unità è anarchia. Questa è la lotta quotidiana: rimettere insieme i pezzi senza paura del movimento che li distrugge. Questo è il compito quotidiano per far risplendere un lavoro ben fatto.
La mia identità? QUALCUNO PER QUALCUNO!
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