Riflessione di Mons. Enrique Díaz: Guardando la croce

IV Domenica di Quaresima

Pixab

Mons. Enrique Díaz Díaz condivide con i lettori di Exaudi la sua riflessione sul Vangelo di questa domenica, 10 marzo 2024, dal titolo: “Guardando la croce”

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2 Cronache 36, 14-16. 19-23: “L’ira del Signore scaccia il suo popolo; La sua misericordia lo ha liberato”

Salmo 136: “Il tuo ricordo, Signore, è la mia gioia”

Efesino 2,4-10: “Morti per i peccati, siete stati salvati per grazia”

San Giovanni 3,14-21: “Dio ha mandato suo Figlio nel mondo perché il mondo si salvasse per mezzo di Lui”


Ogni volta che qualcuno mi dice che non crede in Dio, gli chiedo perché e la risposta va invariabilmente a immagini distorte di un Dio in cui nessuno può credere: punitivo, ingiusto, distante e disumano. Oppure, come conseguenza del modo di vivere di alcuni di noi che si definiscono credenti. Ma non è difficile scoprire nel suo cuore un desiderio di verità, di giustizia e di bene comune che lo porta a rifiutare quello che considera un abuso della persona. Il vangelo di questo giorno può illuminarci riguardo alla vera immagine di Dio, discussa tra un intellettuale, esperto della legge, come Nicodemo, e Gesù, che vive pienamente l’esperienza di Dio, suo Padre. Nicodemo visitava Gesù “di notte”, cosa che alcuni giudicano per timore o per rispetto umano verso i suoi compagni, capi dei Giudei. Potrebbe però anche essere inteso come qualcuno che viene “dalla notte” verso la luce. Uno che, a tentoni, cerca di uscire dalle tenebre o almeno è determinato ad avere un po’ di luce perché quello che ha non gli sembra abbastanza. Forse intendeva discutere con Gesù di teologia e di leggi, ma Gesù preferisce parlare di vita e di esperienza, e lo porta al cuore del problema: “In verità, in verità vi dico, se uno non nasce dall’alto…” Una nuova nascita, un nuovo modo di vivere, un nuovo modo di credere.

Appare così la frase che molti considerano il centro dell’intero vangelo di san Giovanni: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito…” e non solo del vangelo, ma il centro di tutta la nostra fede e della grande novità di tutta la storia: Dio ama il mondo. Spesso dimentichiamo che l’amore di Dio è universale e che raggiunge tutta l’umanità, noi e il mondo in cui viviamo. E più spesso dimentichiamo anche che oggetto di questo amore è che il mondo abbia vita e che ciascuno di noi abbia vita in pienezza. Normalmente, quando si parla di credere, vengono in mente una serie di verità, dogmi e argomenti, ai quali bisogna attenersi senza essere molto chiari su di essi. Ma possiamo dire che abbiamo fede solo se crediamo primariamente all’amore: se crediamo che Dio ama il mondo, che ama tutti gli uomini, che ama ciascuno di noi. Se riusciamo a sperimentare questo amore incondizionato di Dio. È triste constatare che molti credenti di oggi portano come trascinata la nostra fede, pesantemente, e noi non siamo capaci di scoprire e sperimentare la nostra fede come fonte di vita autentica, e ci accontentiamo di vivere senza troppa convinzione. Né la paura, né la condanna, né la morte, né il voler conquistare con fatica qualcosa che non possiamo, appartengono alla volontà di Dio. La volontà di Dio è che abbiamo la vita in abbondanza e la vita vera.

Per molti è sconcertante che accanto a questo annuncio compaia la croce. Che senso può avere guardare una persona crocifissa nella nostra società, assediata dal piacere, dalla comodità e dal massimo benessere? La croce parla di un amore sconfitto ma vittorioso; umiliato ma circondato dalla gloria; tradito e sempre fedele. Non dimentichiamo che l’uomo crocifisso è un uomo giusto e che lo ha fatto per amore. Quando i cristiani adorano la croce non esaltiamo la sofferenza, l’immolazione o la morte; ma l’amore, la vicinanza e la dedizione di un Dio che ha voluto condividere fino in fondo la nostra vita e la nostra morte. L’“innalzarsi in alto” non è l’espressione di una potenza dominante, ma la conseguenza di un abbandono totale all’amore. Il credente trova la sua salvezza “guardando” nella direzione della croce di Cristo. Ma essere fedeli al Crocifisso non significa ricercare masochistica mente la sofferenza, ma sapersi avvicinare a chi soffre, solidale con lui fino alle ultime conseguenze. Scoprire la grandezza della croce non è trovare un feticcio e unirsi nel suo dolore, ma saper percepire la forza liberatrice che è contenuta nell’amore quando è vissuto in tutta la sua profondità. Cristo è venuto affinché tutti gli uomini in Lui abbiano vita e vita piena.

E non ci sarà vita piena mentre i bambini si consumano di fame con il ventre gonfio, anche se preghiamo molto e abbiamo tante croci sul petto; e non ci sarà vita piena, mentre i campi e le foreste verranno saccheggiati impunemente, riempiendo le mani e le casse di pochi; e non ci sarà vita piena finché i beni basteranno solo a pochi, mentre gli altri dovranno accontentarsi delle briciole. Dalla croce vissuta con amore deve scaturire un impegno serio perché il nostro popolo abbia la vita, una lotta per la vera giustizia e un’apertura del cuore per condividere il poco o il tanto che abbiamo affinché gli altri possano godere un po’ della vita. Senza la croce dell’amore e della condivisione, la pienezza della vita per tutti sarebbe solo un sogno. Forse oggi è urgente ricordare, in mezzo a persone maltrattate, spaventate e insanguinate, che solo la RESURREZIONE attende una vita “crocifissa”, vissuta con lo stesso spirito di amore, di fraternità e di solidarietà con cui visse Gesù.

Come vivo nel mio quotidiano questo volto di “Dio che ama tanto il mondo…? A quale impegno mi porta contemplare la croce di Gesù? Cosa sto facendo affinché le persone a me vicine e tutti i popoli abbiano una vita piena?

Dio nostro, che sulla croce del tuo Figlio Gesù hai lasciato il segno più bello dell’amore, insegnaci a vivere la nostra fede con tale dedizione che ci porti a costruire un mondo nuovo dove ci sia la vita piena che tu desideri per tutti i nostri fratelli. Amen.