Le storie “straordinarie” di tre nuovi venerabili

Riconosciute le virtù eroiche di fra Placido Cortese, Maria Cristina Cella Mocellin e Enrica Beltrame Quattrocchi

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Maria Cristina Cella Mocellin © Vatican Media

La Chiesa ha tre nuovi venerabili. Papa Francesco ha infatti autorizzato la promulgazione dei Decreti sull’eroicità delle virtù di un religioso e di due laiche, tutti italiani. Lo ha fatto nel corso dell’udienza concessa al Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Marcello Semeraro.

I decreti della Congregazione rappresentano un ulteriore passo verso il riconoscimento della santità. Per la beatificazione sarà ora necessario un miracolo attribuito alla loro intercessione. I Servi di Dio proclamati venerabili sono: Placido Cortese (al secolo: Nicolò), sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, nato il 7 marzo 1907 a Cherso (oggi Croazia) e morto a Trieste (Italia) nel novembre 1944; Maria Cristina Cella Mocellin, laica e madre di famiglia, nata il 18 agosto 1969 a Cinisello Balsamo (Italia) e morta a Bassano del Grappa (Italia) il 22 ottobre 1995; Enrica Beltrame Quattrocchi, laica, nata il 6 aprile 1914 a Roma (Italia) e ivi morta il 16 giugno 2012.

Un francescano torturato dai nazisti

Il primo dei nuovi venerabili è Nicolò Cortese, un francescano che nel corso della Seconda Guerra mondiale si è prodigato per aiutare sbandati, ebrei e ricercati dai nazifascisti. Dopo gli studi e il noviziato a Padova e all’Istituto teologico S. Bonaventura di Roma, ha svolto il suo ministero sacerdotale tra la Basilica di S. Antonio a Padova e una parrocchia milanese, prima di tornare nella città del Santo per dirigere il “Messaggero di S. Antonio”. Porterà gli abbonamenti alla rivista da 200.000 a 800.000 copie. Dopo l’armistizio fu attivo in una rete di salvataggio clandestina. Lo tradirono alcuni infiltrati, fu arrestato e portato a Trieste. Morì in seguito alle torture. Probabilmente il suo corpo venne cremato nella risiera di San Sabba.

Una madre innamorata della vita e dei figli

La storia umana di Maria Cristina Cella Mocellin ricorda molto quella di un’altra madre di famiglia, già santa, Gianna Beretta Molla. Dopo aver pensato alla vita religiosa, Maria Cristina, a 16 anni, quando si trova in vacanza dai nonni in Veneto, si innamora del 19enne Carlo Mocellin. Il loro fidanzamento è segnato dalla malattia della ragazza: un sarcoma che la costringe a un’operazione chirurgica e a terapie molto dolorose. Ma è anche caratterizzato da un’intensa intesa spirituale.


Quando il male sembra debellato, i due si sposano, nel 1991. A dicembre arriva il primo figlio, Francesco, 18 mesi più tardi è la volta di Lucia. Quando Maria Cristina aspetta il terzo figlio, torna il sarcoma. La donna posticipa la chemioterapia per consentire a Riccardo di nascere e quando iniziano le cure purtroppo è tardi. Maria Cristina lascia una lettera al marito da far leggere a Riccardo quando sarà capace. Una lettera in cui lo definisce “un dono per noi”.

Lascia scritto: “Credo che Dio non permetterebbe il dolore, se non volesse ricavare un bene segreto e misterioso, ma reale. Credo che non potrei compiere nulla di più grande che dire al Signore: Sia fatta la tua volontà. Credo che un giorno comprenderò il significato della mia sofferenza e ne ringrazierò Dio. Credo che senza il mio dolore sopportato con serenità e dignità, mancherebbe qualcosa nell’armonia dell’universo”. Maria Cristina muore a 26 anni.

Il “mestolino di Dio”

L’ultima dei nuovi venerabili è morta invece quasi centenaria: Enrica Beltrame Quattrocchi, quarta e ultima figlia di un’altra coppia di beati, Luigi, amico di De Gasperi e don Sturzo, e Maria Corsini. I figli più grandi divennero sacerdoti e la terza figlia monaca benedettina. Quella di Enrichetta, che si definiva “mestolino di Dio”, è stata una vita di preghiera e di carità verso gli ultimi. Laureata in Lettere moderne all’Università La Sapienza, si specializzò in Storia dell’arte, che insegnò in diverse scuole di Roma.

Incessante la sua attività di volontariato: dal 1936 accompagnò in numerosi viaggi i malati dell’Unitalsi a Lourdes e Loreto. Dal 1938 fece parte delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli, presiedendo un gruppo di ‘damine’ nelle zone di Trastevere e della Montagnola. Durante la Seconda Guerra Mondiale, in contatto con il monastero di Subiaco e l’intera famiglia Beltrame Quattrocchi, aiutò ebrei, soldati e perseguitati politici. Le sue spoglie sono state trasferite, nel giugno scorso, dal cimitero del Verano alla basilica di Santa Prassede, che frequentava ogni giorno. Dal 1994 si era dedicata pienamente alla causa di beatificazione dei genitori.