Michael Hesemann: “Ingiustificati gli attacchi a Benedetto XVI”

Intervista esclusiva al saggista e studioso tedesco che difende il Papa emerito dopo la pubblicazione del rapporto sugli abusi in Baviera

Benedetto XVI
Benedetto XVI © Vatican Media

Ingiustificati. Michael Hesemann, esperto di Chiesa tedesca, saggista e studioso, definisce così gli ultimi attacchi al Papa emerito Benedetto XVI dopo la pubblicazione del rapporto di uno studio legale tedesco che afferma che Ratzinger gestì non correttamente quattro casi di abusi sessuali su minori quanddo era arcivescovo di Monaco e Frisinga (1977-1982).

Benedetto XVI ha categoricamente negato qualsiasi condotta scorretta.

In questa intervista esclusiva con Exaudi, Hesemann commenta il rapporto e se le affermazioni lì contenute abbiano una qualche legittimità; inoltre risponde su come Ratzinger, prima come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede del Vaticano e poi come Pontefice, lavorò per affrontare la piaga degli abusi sessuali su minori da parte di chierici nella Chiesa Cattolica.

Ecco la nostra conversazione:

EXAUDI: Dr. Hesemann, il nuovo rapporto sugli abusi sessuali nell’arcidiocesi di Monaco contiene informazioni inquietanti. L’ha visto?

HESEMANN: Sì, certo, si possono trovare online tutte le 1893 pagine, purtroppo solo in tedesco. Ma essendo io tedesco, per me non è stato un problema leggerlo.

EXAUDI: Ha letto i passaggi sulla presunta cattiva condotta da parte del cardinale Ratzinger quando era arcivescovo di Monaco?

HESEMANN: Ho letto sia le 72 pagine che si riferiscono ai 5 anni in cui il cardinale Ratzinger è stato Arcivescovo di Monaco e Frisinga, sia le 88 pagine di sue risposte alle domande degli inquirenti.

EXAUDI: Cosa affermano? Sono legittime quelle accuse?

HESEMANN: Anzitutto c’è un’enorme discrepanza tra il rapporto stesso da un lato e la conferenza stampa di presentazione di giovedì scorso e la sua copertura internazionale dall’altro. Questo è importante sottolinearlo, perché ogni giornalista che ha riferito della conferenza stampa di Monaco ha ammesso naturalmente di non aver ancora letto il rapporto, dato che nessuno può leggere 1893 pagine in un giorno! Quindi ogni titolo si basava su quanto è stato detto alla conferenza stampa, vale a dire solo un’interpretazione di parte e malevola. In realtà, senza alcun riscontro nei fatti come il rapporto li presenta. Di conseguenza la maggior parte di quanto avete letto e sentito negli ultimi due giorni sono solo fake-news, che poggiano su una deliberata disinformazione da parte dei media.

Come tutti sappiamo, i media si sono concentrati su Benedetto XVI, anche se non è affatto lui il soggetto principale del rapporto. Il rapporto tratta i casi di abuso sessuale di minori dal 1945 al 2019, in 74 anni, non solo nei 5 anni di episcopato Ratzinger. Tratta 65 casi, di cui solo quattro legati a Ratzinger. E se si studiano quei casi, Ratzinger è solo una figura secondaria, qualcuno che non ha avuto un ruolo importante in quanto successo, eppure tutti si focalizzano su di lui. Metterlo sotto i riflettori è, naturalmente, un modo facile per coprire la cattiva condotta di molti suoi successori, in particolare il cardinale Marx, che è arcivescovo di Monaco e Frisinga dal 2008. E comunque, diamo un’occhiata a questi quattro casi e a come Ratzinger li ha trattati.

EXAUDI: Sì, potrebbe per favore approfondire i casi di cui parliamo?

HESEMANN: Se li studiate, rimarrete molto sorpresi nel vedere che non c’era nessuna vittima in nessuno di questi quattro casi, almeno non durante il mandato di Ratzinger come arcivescovo. In nessuno dei quattro casi, un prete è stato accusato di qualsiasi attività sessuale con un minore o un adulto, un ragazzo o una ragazza durante quei 5 anni! Questo è un fatto molto importante, dato quanto generalmente si sostiene che la Chiesa chiuda un occhio sulle vittime.

Nel primo caso, un prete, che era stato mandato all’estero dopo una cattiva condotta sessuale in passato e condannato a una pena detentiva, fu autorizzato da Ratzinger a tornare nella sua diocesi d’origine per la pensione. Poiché questo prete voleva solo andare in pensione, è stato un atto di grazia umano permettergli di morire nel suo paese d’origine.

Eppure, il rapporto lamenta che il vicario generale – non Ratzinger! – gli inviò una lettera formale, accettandone il pensionamento e rivolgendosi a lui come “pastore” (“Pfarrer”). Gli inquirenti sostengono che “pastore” è un titolo onorifico, concesso a lui dall’arcivescovo Ratzinger, il che è solo una sciocchezza. E comunque non è Ratzinger che dovrebbe essere accusato di questo, dato che fu il suo vicario generale ad accettare il pensionamento di quel sacerdote e a chiamarlo “pastore”.

Nel secondo caso, un sacerdote di un’altra diocesi era stato giudicato colpevole, nella sua diocesi di provenienza di Essen, di avere molestato bambini da ubriaco, perciò era stato inviato dal suo vescovo all’arcidiocesi di Monaco per un trattamento psichiatrico. Benché il rapporto non specifichi alcun nome, qui si parla chiaramente del famigerato P. Peter Hullermann il cui nome abbiamo sentito così spesso. Queste molestie a Essen erano avvenute tutte prima del mandato di Ratzinger come arcivescovo di Monaco.

Ancora una volta, ripeto, egli fu riconosciuto colpevole nella sua diocesi natale di Essen! Il suo vescovo mandò Hullerman per un trattamento psichiatrico nella diocesi di Monaco. A quel tempo, si credeva generalmente che la perversione sessuale fosse curabile. Durante il trattamento, rimase in una struttura pastorale e il pastore locale gli permise di prestare servizio lì. Dato che aveva agito sotto l’effetto dell’alcol, la domanda è se qualcuno a Monaco era consapevole che era un pedofilo o se invece lo consideravano solo un alcolizzato con problemi psichiatrici.

Benedetto XVI assicura che non era informato dei precedenti di quest’uomo, cioè delle molestie ai bambini avvenute nella diocesi di Essen, e non ci sono prove del contrario! Ratzinger non era informato del motivo di questo trattamento, e quindi, ignaro, ha permesso al sacerdote di rimanere nella struttura pastorale del luogo del suo trattamento, dove il parroco locale lo impegnò in diverse attività.

EXAUDI: Quindi Ratzinger non sapeva che la causa del trasferimento erano le molestie sui bambini?

HESEMANN: No. Lui ha chiaramente affermato che non sapeva, e noi non abbiamo alcuna ragione per mettere in discussione questa sua affermazione. Questo sacerdote, p. Hullerman, divenne molto popolare rapidamente, e non si macchiò mai di alcuna cattiva condotta durante il suo servizio. Quando poi si scoprì che aveva commesso un atto di esibizionismo, fu condannato dal tribunale e rimosso dal servizio parrocchiale. Trovò lavoro come insegnante in una scuola privata. È importante chiarire che la scuola era una scuola privata di economia e non aveva nulla a che fare con la Chiesa.

L’atto di esibizionismo di P. Hullerman fu essenzialmente il mostrarsi in un luogo pubblico, al di fuori della parrocchia, dove non era riconoscibile come prete e nessuno della sua parrocchia ne fu testimone. Gli permisero di continuare il suo trattamento psichiatrico, senza però svolgere più alcuna attività in parrocchia, almeno finché Ratzinger fu arcivescovo. Quindi qui non abbiamo nessun atto di pedofilia, nessuna molestia sessuale, nessuna vittima riconducibile a Ratzinger. Tutte le accuse si concentrano solo sulla questione del perché Ratzinger permise a quest’uomo di sottoporsi a cure psichiatriche in Baviera ed essere presente in parrocchia.

EXAUDI: Il rapporto mostra la prova che Ratzinger conosceva invece il passato di p. Hullerman?

HESEMANN: Assolutamente no. Il rapporto non presenta nessuna simile prova. Nella sua stessa dichiarazione Benedetto XVI nega che allora conoscesse il passato di questo sacerdote, p. Hullermann, e non c’è alcuna prova che lo abbia mai fatto. E tuttavia, è stato questo caso che ha ottenuto l’attenzione più diffusa dei media!

EXAUDI: In cosa consisteva il terzo caso?

HESEMANN: Nel terzo caso, un vescovo di un altro paese chiese al cardinale Ratzinger un permesso per un suo nipote prete di continuare i suoi studi e poi discutere la sua tesi a Monaco, cosa che Ratzinger permise. Quel che non sapeva è che il giovane prete era già stato condannato nel suo paese d’origine per cattiva condotta sessuale.


Durante i suoi studi, quel prete prestò servizio come cappellano nella parrocchia dell’Università e fu visto nuotare nudo nel fiume locale, l’Isar. Beh, io stesso ho vissuto a Monaco per tre anni e vi posso assicurare che è una cosa abbastanza comune lì, anche se non per un giovane prete, naturalmente! Ma, ancora una volta, nessuna vittima! Comunque, il giovane prete fu immediatamente rimosso dalla sua parrocchia e alla fine rimandato a casa. Di nuovo, Ratzinger viene incolpato di aver permesso a questo giovane di studiare a Monaco, sostenendo che “doveva sapere” del suo passato. Trovo più plausibile ipotizzare che sia stato lo zio vescovo a non parlarne a Ratzinger…

EXAUDI: Per questo giovane prete, il recente rapporto non mostra come reagì Ratzinger?

HESEMANN: Assolutamente sì! Il giovane prete non aveva fatto nulla di illegale, ma qualcosa di compromettente certo sì. E subito Ratzinger reagì, lo rimosse da ogni incarico e lo mandò a casa, solo come misura preventiva! Eppure ancora sostengono che Benedetto XVI ‘doveva’ sapere del suo passato… Affermazione assurda e non supportata da alcuna prova.

EXAUDI: Il rapporto illustra qualche passo compiuto dall’arcivescovo Ratzinger per combattere gli abusi nell’arcidiocesi?

HESEMANN: Sì. L’ultimo dei quattro casi riguarda un prete che aveva scattato foto di ragazze minorenni in costume da bagno e abiti estivi. Quando fu condannato e Ratzinger lo seppe, lo rimosse dalla sua parrocchia e lo mandò a prestare servizio in un ospedale e in una casa di riposo, solo perché questo prete aveva mostrato tendenze pedofile e non avrebbe dovrebbe aver alcun contatto con i minori! Ciò nonostante, gli investigatori accusano Ratzinger di “disinteresse” per il caso. La loro affermazione è proprio l’opposto di ciò che si è appreso sul caso stesso.

Eppure, come vedete, l’abuso sessuale non è stato un grande problema durante i suoi cinque anni a Monaco. Non abbiamo un solo caso in cui un minore né un adulto sia stato sessualmente abusato. E abbiamo piuttosto un arcivescovo, Ratzinger, che prese immediatamente misure preventive.

EXAUDI: Passiamo a quando Ratzinger lasciò Monaco per Roma. Quali sono stati i suoi passi più importanti contro gli abusi su minori mentre guidava la Congregazione per la Dottrina della Fede, in Vaticano?

HESEMANN: Il rapporto incolpa Ratzinger di non aver segnalato quei quattro casi a Roma. Ma in realtà, questo non era il modus operandi durante gli anni ’70. Solo quando Ratzinger divenne Prefetto della CDF nel 1982, fece includere l’Istruzione Crimen sollicitationis del 1922 come parte della riforma del Codice di Diritto Canonico (CIC) nel 1983. Tuttavia, ci è voluto fino alla metà degli anni ’90 perché le diocesi seguissero effettivamente questa istruzione, perché Ratzinger insisteva su di essa. Prima di allora, semplicemente i vescovi locali coprivano questi casi.

Fino al Concilio Vaticano II il principio era che il vescovo doveva curare e non punire; quelli che agivano diversamente erano considerati troppo rigidi e intolleranti. Solo quando i primi casi di abuso crearono scandalo negli Stati Uniti, i vescovi americani chiesero a Ratzinger se dovevano disciplinare internamente i preti pedofili o coinvolgere le forze dell’ordine. Quando Papa Giovanni Paolo II temeva un uso politico dei casi di abuso, fu Ratzinger a chiedere che fossero al contrario chiariti e perseguiti senza mezze misure. Infatti nel 2001 convinse il Papa a promulgare regole più severe. Nella sua istruzione “De delictis gravioribus”, ordinò il dovere di denunciare questi casi alle autorità di polizia secondo le leggi nazionali immediatamente, non dopo un processo canonico! Un anno dopo, Giovanni Paolo II ordinò a 13 vescovi americani di venire a Roma per informarli della nuova “politica di tolleranza zero” della Santa Sede.

EXAUDI: Nel 2010 Papa Benedetto XVI ha compiuto passi in avanti enormi per combattere la pedofilia nella Chiesa… E’ vero?

HESEMANN: Assolutamente sì. Fin dall’inizio del suo pontificato Ratzinger ha applicato questa politica della “tolleranza zero”. Anche in un caso importante come quello di padre Marcial Maciel Delgado, il fondatore dei Legionari di Cristo. Nel 2010, quando si seppe che le sue istruzioni erano state ignorate da diversi vescovi, ne fece applicare altre ancora più severe.

Ha prolungato il periodo di prescrizione da 10 a 20 anni, per esempio. I casi gravi dovevano da allora in poi essere riportati al Papa stesso, che avrebbe provveduto alla dimissione dallo stato clericale. Inoltre, diede istruzioni ai seminari di selezionare i candidati al sacerdozio con maggiore attenzione, senza accettare uomini con tendenze pedofile o omosessuali. Benedetto XVI ha dichiarato qualsiasi copertura “assolutamente inaccettabile”.

EXAUDI: C’era stato anche il caso famoso delle dimissioni – per pedofilia – dell’arcivescovo di Vienna Hans Hermann Groer, nel 1995, di cui Ratzinger si era occupato…

HESEMANN: Certo, vi ebbe un grande ruolo.

EXAUDI: Poi le dimissioni dallo stato clericale di molti sacerdoti, decise come papa…

HESEMANN: Sì. Per dare l’esempio e per porre fine a questa “perversione del sacerdozio”, come la chiamava lui, ha “spretato” quasi 400 preti pedofili.

EXAUDI: Le sue famose parole sulla “sporcizia all’interno della Chiesa” durante la Via Crucis del 2005 al Colosseo, poco prima della morte di Giovanni Paolo II e di essere eletto lui papa, non saranno mai dimenticate. Quali sono stati alcuni dei modi più significativi con cui ha mostrato ed espresso disgusto per questa sporcizia?

HESEMANN: Nel 2010, diretto a Fatima, sul volo papale affermò che “la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa”. E in una sua lettera ad un raduno cattolico tedesco, consigliò ai vescovi e ai fedeli di “estirpare ogni erbaccia”, specialmente “in mezzo alla Chiesa e tra i suoi servitori”. Per lo speciale “anno sacerdotale” da lui voluto, il 2010, Benedetto XVI disse al suo biografo Peter Seewald, che doveva diventare “un anno di purificazione, di rinnovamento interiore, di cambiamento e di penitenza” per il sacerdozio.

Nessun Papa ha agito e parlato con tanta forza per combattere la “sporcizia all’interno della Chiesa”, la pestilenza della pedofilia e degli abusi sacerdotali! E non solo, è stato lui il primo Papa che ha incontrato più volte le vittime dei sacerdoti abusatori in tanti paesi che ha visitato, oltre a chiedere un adeguato risarcimento per le sofferenze loro inflitte, anche se ciò ha causato gravi problemi finanziari in diverse diocesi.

EXAUDI: Lei è preoccupato che dopo questa intervista qualcuno possa dire che lei risponde in un certo modo perché è vicino alla famiglia Ratzinger?

HESEMANN: Non è necessario essere vicini alla sua famiglia (e nel mio caso al suo defunto fratello Georg) per leggere con attenzione il rapporto ufficiale, riconoscerne la faziosità e vedere la discrepanza tra i fatti riportati e quelli conosciuti, le affermazioni degli inquirenti e quelle ancora più eclatanti e – a mio avviso – assurde durante la conferenza stampa di Monaco. Questi quattro casi son davvero così abbastanza forti da compromettere il lavoro di una vita di Joseph Ratzinger, di uno dei papi più brillanti e santi della storia della Chiesa? Sicuramente no!

Ancora una volta: non ci sono vittime, non ci furono casi di molestia sessuale durante il suo mandato come arcivescovo di Monaco e Frisinga. Nemmeno uno. Accusarlo di non essersi schierato dalla parte delle vittime, di non essersi curato di loro, è assurdo, perché vittime non ce n’erano! In due soli casi, la domanda è quanto bene fosse informato in anticipo sul passato di sacerdoti di altre diocesi, diverse dalla sua, una persino in un altro paese. Lui dice che non conosceva i dettagli in questione e non ci sono prove che lo abbia fatto. In dubio pro reo è un principio universale e dunque si applica anche al Papa.

Nessuno degli ultimi attacchi contro Benedetto XVI è giustificato, perché non si basano su alcun fatto, ma solo su faziosità, calunnie e distorsioni. Nel migliore dei casi, i quattro casi citati mostrano semmai che la Chiesa è diventata più sensibile nel trattare gli abusi, e questa è una buona cosa. Ma questo, come ho già detto, è stato il lavoro di Benedetto XVI. Tanto più assurdo, tanto più perfido perciò sarebbe ora collocare in un angolo lui, il responsabile del “clean up”, della pulizia, insieme ai responsabili del “cover up”, cioè gli insabbiatori.

Io posso solo invitare chiunque a leggere il rapporto in versione originale cum grano salis, col dovuto scetticismo. Chiunque cerchi una prova, indizi o anche fatti concreti che possano condannare Papa Ratzinger per avere mentito, rimarrà deluso molto presto. Ci sono circoli in Germania che vogliono una Chiesa diversa, una Chiesa antropocentrica, più protestante, più “aperta al mondo”. Per loro, Papa Benedetto XVI è un simbolo, un simbolo della “vecchia” Chiesa teocentrica. Per questo fanno di tutto per calunniarlo, per screditare lui e tutto quello che ci ha insegnato come teologo, vescovo, cardinale, prefetto della CDF e papa. Non si tratta di quei quattro casi, ma di lui e dei suoi insegnamenti. Per loro  lui è il capro espiatorio perfetto per i loro scandali in Germania. Possono distrarre tutta l’attenzione su di lui.

EXAUDI: Grazie dottor Hesemann.