Cardinale Arizmendi: La vanità ci degrada

Dobbiamo mettere i nostri doni a disposizione della famiglia e della comunità e imparare sempre dalla Parola di Dio la migliore forma di vita, che è l’amore per il Signore e per il prossimo

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Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della Fede presso la Conferenza dell’Episcopato Messicano (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale intitolato “La vanità ci degrada”.

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ASPETTO

Siamo tutti esposti alla tentazione della vanità. Nella mia città, in seguito alla mia nomina a cardinale, mi hanno fatto un monumento, una statua di pietra, senza che io lo sapessi prima e senza essere d’accordo. Questo può farmi sentire grande, importante e farmi credere di essere più di quello che sono; perciò mi fa molto bene andarci ogni fine settimana, per vivere con le mie radici, affinché la vanità del cardinale non mi domini.

C’è chi si vanta e sminuisce gli altri perché vestono più elegantemente, hanno veicoli lussuosi, hanno una bella casa, usano il cellulare o l’orologio più recente, hanno una laurea con un futuro economico migliore, hanno una figura fisica più attraente. Dovresti sempre applaudire coloro che, con i loro sforzi, hanno superato se stessi; ma è triste quando, a causa del loro aspetto fisico o delle loro conquiste materiali, fanno di meno a coloro che ne sono privi; li offendono addirittura come se valessero di meno. Le apparenze possono ingannare gli altri e se stessi. Non valiamo di più per ciò che abbiamo o appariamo, ma per ciò che siamo.

Nell’esercizio del governo, questa tentazione può contaminare tutto. Come quelli che si vantano solo dei propri successi, il che può essere vero, ma non riconoscono le proprie carenze ed errori. Si confrontano con gli altri e li squalificano; offendono coloro che non sono d’accordo con loro; Sono abili nell’eludere le leggi e nell’influenzare il voto a favore del loro colore; non tollerano che venga loro mostrata la realtà, ad esempio l’insicurezza e la violenza che ci hanno invaso; danno solo la colpa ai regimi precedenti, invece di riconoscere che non hanno risolto i gravi problemi di cui soffriamo, come avevano promesso nella loro campagna. Per sostenere la loro vanità, spendono enormi somme in propaganda, non dalle loro tasche, ma dalle nostre tasse.

In tempi di campagne elettorali, la vanità può intaccare la nobiltà della politica, come quando i candidati si vantano delle loro qualità e squalificano gli altri contendenti, come se solo loro avessero la chiave di tutte le sfide. Invece di proporre soluzioni praticabili agli elettori, insistono nell’insultare e sminuire gli altri contendenti. È noioso e fastidioso ascoltare ogni giorno le stesse sciocchezze, cercando di convincerci a sostenerle con il nostro voto. La politica è molto nobile, quando si spendono energie al servizio della comunità, anche se non si raggiungono cariche pubbliche. È importante essere umili e discreti in ciò che facciamo per gli altri, senza pubblicità; ciò rende le nostre vite vincenti e gratificanti, anche se non siamo riconosciuti nei media e nelle reti di comunicazione.

DISCERNERE

Portiamo questa tentazione nel profondo del nostro cuore, come racconta il libro della Genesi: i nostri progenitori si finsero come dei e rimasero nudi, fuori dal paradiso (cfr Gen 3,1-24). Gesù ha vinto la tentazione che il diavolo gli ha dato di gettarsi dall’alto del tempio di Gerusalemme per farsi ammirare e apparire trionfante (cfr Lc 4,9-12). Per questo raccomanda: «Imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,29). Quelli che criticano di più sono i farisei, che vivevano delle apparenze (cfr Mt 23,5-7).


Papa Francesco, in una delle sue catechesi del mercoledì, ha detto:

“La vanagloria va di pari passo con il demone dell’invidia, e insieme questi due vizi sono caratteristici di una persona che aspira ad essere il centro del mondo, libera di sfruttare tutto e tutti, oggetto di ogni lode e amore. La vanagloria è un’autostima gonfiata e infondata. La persona vanagloriosa ha un “io” dominante: manca di empatia e non si rende conto che ci sono altre persone al mondo oltre a lui. Le loro relazioni sono sempre strumentali, segnate dall’arroganza verso l’altro. La sua persona, le sue conquiste, i suoi successi, devono essere mostrati a tutti: è un perenne mendicante di attenzioni. E se a volte le sue qualità non vengono riconosciute, si arrabbia ferocemente: gli altri sono ingiusti, non capiscono, non sono all’altezza.

Per curare i vanitosi, i maestri spirituali non suggeriscono molti rimedi. Perché, in fondo, il male della vanità ha in sé il rimedio: gli elogi che il vanitoso sperava di raccogliere nel mondo presto si rivolteranno contro di lui. E quante persone, ingannate da una falsa immagine di sé, sono poi cadute in peccati di cui presto si sarebbero vergognate!

La vanagloria si manifesta come un’eccessiva e infondata autostima. Colui che si vanta – il vanitoso, il presuntuoso – è egocentrico e richiede costantemente attenzione. Nei rapporti con gli altri non ha empatia né li considera alla pari. “Tende a strumentalizzare tutto e tutti per ottenere ciò che vuole” (28-II-2024).

ATTO

Invece di giudicare e condannare gli altri come se fossimo perfetti, dobbiamo essere umili per riconoscere, sì, il bene che abbiamo ottenuto e rendere grazie a Dio, da cui proviene ogni bene; ma chiediamo anche perdono per i nostri errori e peccati, soprattutto per aver creduto a noi stessi più degli altri. Dobbiamo mettere i nostri doni a disposizione della famiglia e della comunità e imparare sempre dalla Parola di Dio la migliore forma di vita, che è l’amore per il Signore e per il prossimo. Questo è ciò che ci rende più preziosi.