“Che cos’è la consolazione spirituale?”

Testo dell’ottava catechesi del ciclo sul discernimento

qué es consolación
Vatican Media

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 9.00 in Piazza San Pietro, dove il Santo Padre Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana il Papa, riprendendo il ciclo di catechesi sul Discernimento, ha incentrato la Sua meditazione sul tema: “La consolazione” (Lettura: Sal 62,2-3.6).

Dopo aver riassunto la Sua catechesi nelle diverse lingue, il Santo Padre ha indirizzato particolari espressioni di saluto ai fedeli presenti. Quindi ha rivolto il pensiero alle vittime del terremoto che ha colpito l’Isola di Java, in Indonesia, lunedì scorso; ha ricordato la figura di Padre Giuseppe Ambrosoli, beatificato domenica scorsa a Kalongo in Uganda; ha salutato i partecipanti ai Campionati mondiali di calcio in corso in Qatar; ha infine rivolto un primo appello alla “martoriata” Ucraina, ricordando il genocidio del Holodomor e un secondo appello in occasione della Giornata Mondiale della Pesca che si è celebrata lunedì scorso, 21 novembre.

L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

Catechesi del Santo Padre 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Continuiamo le catechesi sul discernimento dello spirito: come discernere quello che succede nel nostro cuore, nella nostra anima. E dopo aver considerato alcuni aspetti della desolazione – quel buio dell’anima – parliamo oggi della consolazione, che sarebbe la luce dell’anima, e che è un altro elemento importante per il discernimento, e da non dare per scontato, perché può prestarsi a degli equivoci. Noi dobbiamo capire cosa è la consolazione, come abbiamo cercato di capire bene cosa è la desolazione.

Che cos’è la consolazione spirituale? È un’esperienza di gioia interiore, che consente di vedere la presenza di Dio in tutte le cose; essa rafforza la fede e la speranza, e anche la capacità di fare il bene. La persona che vive la consolazione non si arrende di fronte alle difficoltà, perché sperimenta una pace più forte della prova. Si tratta dunque di un grande dono per la vita spirituale e per la vita nel suo insieme. E vivere questa gioia interiore.

La consolazione è un movimento intimo, che tocca il profondo di noi stessi. Non è appariscente ma è soave, delicata, come una goccia d’acqua su una spugna (cfr S. Ignazio di L., Esercizi spirituali, 335): la persona si sente avvolta dalla presenza di Dio, in una maniera sempre rispettosa della propria libertà. Non è mai qualcosa di stonato che cerca di forzare la nostra volontà, non è neppure un’euforia passeggera: al contrario, come abbiamo visto, anche il dolore – ad esempio per i propri peccati – può diventare motivo di consolazione.

Pensiamo all’esperienza vissuta da Sant’Agostino quando parla con la madre Monica della bellezza della vita eterna; o alla perfetta letizia di San Francesco – peraltro associata a situazioni molto dure da sopportare –; e pensiamo a tanti santi e sante che hanno saputo fare grandi cose, non perché si ritenevano bravi e capaci, ma perché conquistati dalla dolcezza pacificante dell’amore di Dio. È la pace che notava in sé con stupore Sant’Ignazio quando leggeva le vite dei santi. Essere consolato è stare in pace con Dio, sentire che tutto è sistemato in pace, tutto è armonico dentro di noi. È la pace che prova Edith Stein dopo la conversione; un anno dopo aver ricevuto il Battesimo, ella scrive – così dice Edith Stein: «Mentre mi abbandono a questo sentimento, a poco a poco una vita nuova comincia a colmarmi e – senza alcuna tensione della mia volontà – a spingermi verso nuove realizzazioni. Questo afflusso vitale sembra sgorgare da un’attività e da una forza che non è la mia e che, senza fare alla mia alcuna violenza, diventa attiva in me» (Psicologia e scienze dello spirito, Città Nuova, 1996, 116). Cioè una pace genuina è una pace che fa germogliare i buoni sentimenti in noi.

La consolazione riguarda anzitutto la speranza, è protesa al futuro, mette in cammino, consente di prendere iniziative fino a quel momento sempre rimandate, o neppure immaginate, come il Battesimo per Edith Stein.

La consolazione è una pace tale ma non per rimanere lì seduti godendola, no, ti dà la pace e ti attira verso il Signore e ti mette in cammino per fare delle cose, per fare cose buone. In tempo di consolazione, quando noi siamo consolati, ci viene la voglia di fare tanto bene, sempre. Invece quando c’è il momento della desolazione, ci viene la voglia di chiuderci in noi stessi e di non fare nulla. La consolazione ti spinge avanti, al servizio degli altri, alla società, alle persone. La consolazione spirituale non è “pilotabile” – tu non puoi dire adesso che venga la consolazione, no, non è pilotabile – non è programmabile a piacere, è un dono dello Spirito Santo: consente una familiarità con Dio che sembra annullare le distanze. Santa Teresa di Gesù Bambino, visitando a quattordici anni, a Roma, la basilica di Santa Croce in Gerusalemme, cerca di toccare il chiodo lì venerato, uno di quelli con cui fu crocifisso Gesù. Teresa avverte questo suo ardimento come un trasporto d’amore e di confidenza. E poi scrive: «Fui veramente troppo audace. Ma il Signore vede il fondo dei cuori, sa che l’intenzione mia era pura […]. Agivo con lui da bambina che si crede tutto permesso e considera come propri i tesori del Padre» (Manoscritto Autobiografico, 183). La consolazione è spontanea, ti porta a fare tutto spontaneo, come se fossimo bambini. I bambini sono spontanei, e la consolazione ti porta ad essere spontaneo con una dolcezza, con una pace molto grande. Una ragazza di quattordici anni ci dà una descrizione splendida della consolazione spirituale: si avverte un senso di tenerezza verso Dio, che rende audaci nel desiderio di partecipare della sua stessa vita, di fare ciò che gli è gradito, perché ci sentiamo familiari con Lui, sentiamo che la sua casa è la nostra casa, ci sentiamo accolti, amati, ristorati. Con questa consolazione non ci si arrende di fronte alle difficoltà: infatti, con la medesima audacia, Teresa chiederà al Papa il permesso di entrare al Carmelo, benché troppo giovane, e sarà esaudita. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che la consolazione ci fa audaci: quando noi siamo in tempo di buio, di desolazione, e pensiamo: “Questo non sono capace di farlo”. Ti butta giù la desolazione, ti fa vedere tutto buio: “No, io non posso fare, non lo farò”. Invece, in tempo di consolazione, vedi le stesse cose in modo diverso e dici: “No, io vado avanti, lo faccio”. “Ma sei sicuro?” “Io sento la forza di Dio e vado avanti”. E così la consolazione ti spinge ad andare avanti e a fare delle cose che in tempo di desolazione tu non ne saresti capace; ti spinge a fare il primo passo. Questo è il bello della consolazione.


Ma stiamo attenti. Dobbiamo distinguere bene la consolazione che è di Dio, dalle false consolazioni. Nella vita spirituale avviene qualcosa di simile a quanto capita nelle produzioni umane: ci sono gli originali e ci sono le imitazioni. Se la consolazione autentica è come una goccia su una spugna, è soave e intima, le sue imitazioni sono più rumorose e appariscenti, sono puro entusiasmo, sono fuochi di paglia, senza consistenza, portano a ripiegarsi su sé stessi, e a non curarsi degli altri. La falsa consolazione alla fine ci lascia vuoti, lontani dal centro della nostra esistenza. Per questo, quando noi ci sentiamo felici, in pace, siamo capaci di fare qualsiasi cosa. Ma non confondere quella pace con un entusiasmo passeggero, perché l’entusiasmo oggi c’è, poi cade e non c’è più.

Per questo si deve fare discernimento, anche quando ci si sente consolati. Perché la falsa consolazione può diventare un pericolo, se la ricerchiamo come fine a sé stessa, in modo ossessivo, e dimenticandoci del Signore. Come direbbe San Bernardo, si cercano le consolazioni di Dio e non si cerca il Dio delle consolazioni. Noi dobbiamo cercare il Signore e il Signore, con la sua presenza, ci consola, ci fa andare avanti. E non cercare Dio che ci porta le consolazioni per questo sotto: no, questo non va, non dobbiamo essere interessati a questo. È la dinamica del bambino di cui parlavamo la volta scorsa, che cerca i genitori solo per avere da loro delle cose, ma non per loro stessi: va per interesse. “Papà, mamma” E i bambini sanno fare questo, sanno giocare e quando la famiglia è divisa, e hanno questa abitudine di cercare lì e cercare qua, questo non fa bene, questo non è consolazione, quello è interesse. Anche noi corriamo il rischio di vivere la relazione con Dio in modo infantile, cercando il nostro interesse, cercando di ridurre Dio a un oggetto a nostro uso e consumo, smarrendo il dono più bello che è Lui stesso. Così andiamo avanti nella nostra vita, che procede fra le consolazioni di Dio e le desolazioni del peccato del mondo, ma sapendo distinguere quando è una consolazione di Dio, che ti dà pace fino al fondo dell’anima, da quando è un entusiasmo passeggero che non è cattivo, ma non è la consolazione di Dio.

Saluti

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i rappresentanti delle Scuole Cattoliche FIDAE ed auspico che venga riconosciuto ad ogni livello il loro rilevante ruolo educativo e sociale. Estendo il mio saluto all’Associazione NOI, degli Oratori e dei Circoli parrocchiali, incoraggiando a proseguire la proficua e apprezzata opera al servizio dell’evangelizzazione e della promozione umana.

Il mio pensiero va infine, come di consueto, ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. La prossima domenica segnerà l’inizio dell’Avvento, il periodo liturgico che precede e prepara la celebrazione del Santo Natale. Auguro a ciascuno di voi di aprire il cuore al Signore – mi raccomando: aprite il cuore al Signore -, per preparare la strada a Colui che viene a colmare con la luce della sua presenza ogni nostra umana debolezza.

A tutti voi la mia benedizione!

Appelli del Santo Padre

Nelle scorse ore l’Isola di Giava, in Indonesia, è stata colpita da un forte terremoto. Esprimo la mia vicinanza a quella cara popolazione e prego per i morti e per i feriti.

Domenica scorsa a Kalongo, in Uganda, è stato beatificato padre Giuseppe Ambrosoli, missionario comboniano, sacerdote e medico. Nato nella diocesi di Como, è morto in Uganda nel 1987 dopo aver speso la sua vita per i malati, nei quali vedeva il volto di Cristo. La sua straordinaria testimonianza aiuti ciascuno di noi ad essere segno di una Chiesa in “uscita”. Un applauso al nuovo Beato!

Desidero inviare il mio saluto ai giocatori, ai tifosi e agli spettatori che seguono, dai vari Continenti, i campionati mondiali di calcio, che si stanno giocando in Qatar. Possa questo importante evento essere occasione di incontro e di armonia tra le Nazioni, favorendo la fratellanza e la pace tra i Popoli. Preghiamo per la pace nel mondo e per la fine di tutti i conflitti, con un pensiero particolare per le terribili sofferenze del caro e martoriato popolo ucraino. In proposito, sabato prossimo ricorre l’anniversario del terribile genocidio del Holodomor, lo sterminio per la fame nel 1932-33 causato artificiosamente da Stalin in Ucraina. Preghiamo per le vittime di questo genocidio e preghiamo per tanti ucraini, bambini, donne e anziani, bimbi, che oggi soffrono il martirio dell’aggressione.

La Giornata Mondiale della Pesca, celebrata l’altro ieri, possa favorire la sostenibilità nella pesca e nell’acquacoltura, attraverso il rispetto dei diritti dei pescatori, che con il loro lavoro contribuiscono alla sicurezza alimentare, alla nutrizione e alla riduzione della povertà nel mondo.