Il Papa agli ebrei: “Qui disonorato il nome di Dio”

Francesco tra i senzatetto del Centro Betlemme gestito dalle suore di Madre Teresa

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Il Papa davanti al memoriale della Shoah (C) Vatican Media

Prosegue senza sosta il breve ma intenso viaggio apostolico del S. Padre in Slovacchia. Oggi pomeriggio due appuntamenti toccanti. Il primo nel Centro Betlemme, il secondo nella piazza che è memoria storica della Shoah degli ebrei slovacchi, dove “il nome di Dio è stato disonorato”.

Francesco si è recato in visita privata al “Centro Betlemme” di Bratislava. Il Papa è stato accolto dalla Superiora del “Centro Betlemme” che gli ha mostrato alcune stanze della struttura. Nel centro si trovano riuniti i senzatetto assistiti dalle Suore della Congregazione di Madre Teresa. Papa Francesco si è intrattenuto con gli ospiti della Casa mentre nel cortile del Centro un coro di bambini ha eseguito dei canti. Il Papa ha rivolto alcune parole a braccio ai presenti:

Il Signore è con noi

Buona sera a tutti voi! Sono contento di visitarvi, di essere tra voi, sono molto contento. Grazie di ricevermi! E ringrazio tanto le Suore per il lavoro che fanno, lavoro di accoglienza, di aiuto, di accompagnamento. Grazie tante! Ringrazio le mamme, i papà che sono qui con i ragazzi; e ringrazio tutti i ragazzi di essere qui in questo momento. E anche il Signore è con noi: quando noi siamo insieme, così felici, il Signore è con noi. È con noi anche quando abbiamo momenti di prova: mai ci abbandona, sempre il Signore è vicino a noi. Possiamo vederlo e possiamo non vederlo, ma sempre ci accompagna nel cammino della vita: non dimenticare questo, soprattutto nei momenti brutti. E grazie tante, grazie tante!

Dopo aver recitato l’Ave Maria con i presenti e aver consegnato loro un dono, il Papa si è trasferito in auto nella Piazza Rybné námestie per l’incontro con la Comunità Ebraica, dove è stato accolto dal Presidente dell’Unione Centrale delle Comunità Religiose Ebraiche nella Repubblica Slovacca.

Le testimonianze della Shoah

Qui il Papa ha ascoltato due testimonianze, quella di un sopravvissuto, il prof. Lang, che tra l’altro ha ricordato il grande lavoro dell’allora incaricato d’Affari della Nunziatura, mons. Giuseppe Burzio, per contrastare l’antisemitismo e l’odio razziale, e quella di suor Samuela, delle Orsoline, che nascose e aiutò a fuggire molti bambini ebrei. Poi il S. Padre ha pronunciato il suo discorso:

(C) Vatican Media

Cari fratelli e sorelle, buonasera! Vi ringrazio per le vostre parole di benvenuto e per le testimonianze che ci avete donato. Sono qui come pellegrino per toccare questo luogo ed esserne toccato. La piazza dove ci troviamo è molto significativa per la vostra comunità. Mantiene vivo il ricordo di un ricco passato: è stata per secoli parte del quartiere ebraico; qui ha lavorato il celebre rabbino Chatam Sofer. Qui c’era una sinagoga, proprio accanto alla Cattedrale dell’Incoronazione. L’architettura, come è stato detto, esprimeva la pacifica convivenza delle due comunità, simbolo raro e di grande portata evocativa, segno stupendo di unità nel nome del Dio dei nostri padri. Qui avverto anch’io il bisogno, come tanti di loro, di “togliermi i sandali”, perché mi trovo in un luogo benedetto dalla fraternità degli uomini nel nome dell’Altissimo.

In seguito, però, il nome di Dio è stato disonorato: nella follia dell’odio, durante la seconda guerra mondiale, più di centomila ebrei slovacchi furono uccisi. E quando poi si vollero cancellare le tracce della comunità, qui la sinagoga fu demolita. Sta scritto: «Non pronuncerai invano il nome del Signore». Il nome divino, cioè la sua stessa realtà personale, è nominata invano quando si viola la dignità unica e irripetibile dell’uomo, creato a sua immagine.

La blasfemia peggiore

Qui il nome di Dio è stato disonorato, perché la blasfemia peggiore che gli si può arrecare è quella di usarlo per i propri scopi, anziché per rispettare e amare gli altri. Qui, davanti alla storia del popolo ebraico, segnata da questo affronto tragico e inenarrabile, ci vergogniamo ad ammetterlo: quante volte il nome ineffabile dell’Altissimo è stato usato per indicibili atti di disumanità! Quanti oppressori hanno dichiarato: “Dio è con noi”; ma erano loro a non essere con Dio.


Cari fratelli e sorelle, la vostra storia è la nostra storia, i vostri dolori sono i nostri dolori. Per alcuni di voi, questo Memoriale della Shoah è l’unico posto dove potete onorare la memoria dei vostri cari. Anch’io mi unisco a voi. Sul Memoriale è iscritto in ebraico “Zachor”: “Ricorda!” La memoria non può e non deve cedere il posto all’oblio, perché non ci sarà un’alba duratura di fraternità senza aver prima condiviso e dissipato le oscurità della notte. Risuona anche per noi la domanda del profeta: «Sentinella, quanto manca della notte?». Questo è per noi il tempo in cui non si può più oscurare l’immagine di Dio che risplende nell’uomo. Aiutiamoci in questo. Perché anche oggi non mancano idoli vani e falsi che disonorano il nome dell’Altissimo.

Gli idoli del potere e del denaro

Sono quelli del potere e del denaro che prevalgono sulla dignità dell’uomo, dell’indifferenza che gira lo sguardo dall’altra parte, delle manipolazioni che strumentalizzano la religione, facendone questione di supremazia oppure riducendola all’irrilevanza. E ancora, sono la dimenticanza del passato, l’ignoranza che giustifica tutto, la rabbia e l’odio. Siamo uniti – lo ribadisco – nel condannare ogni violenza, ogni forma di antisemitismo, e nell’impegnarci perché non venga profanata l’immagine di Dio nella creatura umana.

Ma questa piazza, cari fratelli e sorelle, è anche un luogo dove brilla la luce della speranza. Qui ogni anno venite ad accendere la prima luce sul candelabro della Chanukia. Così, nell’oscurità, appare il messaggio che non sono la distruzione e la morte ad avere l’ultima parola, ma il rinnovamento e la vita. E se la sinagoga in questo sito è stata demolita, la comunità è ancora presente. È viva e aperta al dialogo. Qui le nostre storie si incontrano di nuovo. Qui insieme affermiamo davanti a Dio la volontà di proseguire nel cammino di avvicinamento e di amicizia.

Dialogo tra ebrei e cristiani

In proposito, conservo vivo in me il ricordo dell’incontro a Roma nel 2017 con i Rappresentanti delle vostre comunità ebraiche e cristiane. Sono lieto che in seguito sia stata istituita una Commissione per il dialogo con la Chiesa cattolica e che abbiate pubblicato insieme importanti documenti. È bene condividere e comunicare ciò che unisce. Ed è bene proseguire, nella verità e con sincerità, nel percorso fraterno di purificazione della memoria per risanare le ferite passate, così come nel ricordo del bene ricevuto e offerto. Secondo il Talmud, chi distrugge un solo uomo distrugge il mondo intero, e chi salva un solo uomo salva il mondo intero. Ognuno conta, e conta molto quello che fate attraverso la vostra preziosa condivisione.

Vi ringrazio per le porte che avete aperto da entrambe le parti. Il mondo ha bisogno di porte aperte. Sono segni di benedizione per l’umanità. Al padre Abramo Dio disse: «In te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». È un ritornello che scandisce le vite dei padri. A Giacobbe, cioè Israele, Dio disse: «La tua discendenza sarà innumerevole come la polvere della terra; perciò ti espanderai a occidente e a oriente, a settentrione e a mezzogiorno. E si diranno benedette, in te e nella tua discendenza, tutte le famiglie della terra».

(C) Vatican Media

Qui, in questa terra slovacca, terra d’incontro tra est e ovest, tra nord e sud, la famiglia dei figli di Israele continui a coltivare questa vocazione, la chiamata a essere segno di benedizione per tutte le famiglie della terra. La benedizione dell’Altissimo si riversa su di noi quando vede una famiglia di fratelli che si rispettano, si amano e collaborano. Vi benedica l’Onnipotente, perché in mezzo a tanta discordia che inquina il nostro mondo possiate essere sempre, insieme, testimoni di pace. Shalom!

Al termine dell’incontro il S. Padre è tornato nella Nunziatura dove ha ricevuto la visita del Presidente del Parlamento, Boris Kollár, e del Primo Ministro della Repubblica Slovacca, Eduard Heger, con le loro famiglie.