“Il Santuario: casa di preghiera”

Il Papa nell II Incontro Internazionale per i Rettori e gli Operatori dei Santuari

Vatican Media

Questa mattina, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al secondo Incontro Internazionale per i Rettori e gli Operatori dei Santuari organizzato dalla Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo del Dicastero per l’Evangelizzazione a Roma, dal 9 all’11 novembre 2023, sul tema “Il Santuario: casa di preghiera.

Nel suo discorso ai partecipanti al 2° Incontro Internazionale dei Rettori e degli Operatori dei Santuari, Papa Francesco ha sottolineato l’importanza dei santuari come luoghi di incontro con Dio, di consolazione e di speranza.

La preghiera

Papa Francesco ha iniziato il suo discorso ricordando che i santuari sono luoghi privilegiati di preghiera. In essi i fedeli possono incontrare Dio in modo speciale, attraverso la celebrazione dell’Eucaristia, la confessione e l’adorazione.

In particolare, Papa Francesco sottolinea l’importanza della confessione. Ricorda che il sacramento della riconciliazione è un luogo di perdono, dove i fedeli possono trovare pace e riconciliazione con Dio.

Consolazione

Papa Francesco sottolinea anche che i santuari sono luoghi di consolazione. In essi, i fedeli che soffrono possono trovare la vicinanza di Dio e di sua Madre, la Vergine Maria.

Papa Francesco ci ricorda che la consolazione di Dio non è un’idea astratta, ma un’esperienza reale che si manifesta nella vicinanza, nella compassione e nella tenerezza di Dio.

La speranza

Infine, Papa Francesco afferma che i santuari sono luoghi di speranza. In essi i fedeli possono trovare la forza di affrontare il futuro con fiducia.

Papa Francesco ci ricorda che la speranza è un dono di Dio, che si riceve attraverso la preghiera e la fede.

Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti nel corso dell’Udienza:


Discorso del Santo Padre

Cari amici, buongiorno!

Vi accolgo in occasione del vostro secondo Incontro Internazionale, perché ben conoscete la mia attenzione per la vita dei Santuari. Ringrazio S.E. Mons. Fisichella per questa iniziativa e per l’impegno del Dicastero nella pastorale dei Santuari. Sono luoghi speciali, dove il santo popolo fedele di Dio accorre per pregare, per essere consolato e per guardare con maggior fiducia al futuro.

Si viene al Santuario, anzitutto, per pregare. Da parte nostra è necessario che rimanga sempre viva la preoccupazione che i nostri Santuari siano realmente luoghi privilegiati di preghiera. So con quanta cura vi si celebra la santa Eucaristia e quanto impegno viene dedicato al Sacramento della Riconciliazione. Vi raccomando che, nella scelta dei sacerdoti per le Confessioni, vi sia un buon discernimento, perché non accada che quanti si presentano al confessionale attirati dalla misericordia del Padre trovino degli ostacoli a vivere una piena riconciliazione. Il Sacramento della Riconciliazione è perdonare, sempre, perdonare. Non può accadere, specialmente nei Santuari, che trovino degli ostacoli, perché in essi la misericordia di Dio chiede di essere espressa in modo sovrabbondante, per la loro stessa natura. Così giustamente li percepiscono i fedeli: come luoghi speciali in cui incontrare la grazia di Dio. Perdonate sempre come perdona il Padre. Perdonare.

Nella storia di ogni Santuario è facile toccare con mano la fede del nostro popolo fedele, che viene mantenuta viva e alimentata con la preghiera, in primo luogo il Rosario, che aiuta a pregare attraverso la meditazione dei misteri della vita di Gesù e della Vergine Maria. Entrare spiritualmente in quei misteri, sentendosi parte viva di quanto costituisce la nostra storia di salvezza, è un impegno dolce, che dà sapore di Vangelo alla vita quotidiana.

È importante che nei Santuari si dedichi particolare attenzione all’adorazione. Noi abbiamo perso un po’ il senso dell’adorazione, dobbiamo riprenderlo. Forse dobbiamo riscontrare che l’ambiente e l’atmosfera delle nostre chiese non sempre invitano a raccogliersi e ad adorare. Favorire nei pellegrini l’esperienza del silenzio contemplativo – e non è facile – del silenzio adorante, significa aiutarli a fissare lo sguardo sull’essenziale della fede. L’adorazione non è un allontanarsi dalla vita; piuttosto è lo spazio per dare senso a tutto, per ricevere il dono dell’amore di Dio e poterlo testimoniare nella carità fraterna. Noi possiamo farci la domanda: “E io, sono abituato alla preghiera di adorazione?”. È importante rispondere.

Si va ai Santuari anche per essere consolati. Il mistero della consolazione. Quante persone vi si recano perché portano nello spirito e nel corpo un peso, una pena, una preoccupazione! La malattia di una persona amata, la perdita di un famigliare, tante situazioni della vita sono spesso cause di solitudine e di tristezza, che vengono deposte sull’altare e attendono una risposta. La consolazione non è un’idea astratta, e non è fatta prima di tutto di parole, ma di una vicinanza compassionevole e tenera, che comprende il dolore e la sofferenza. Questo è lo stile di Dio: vicino, compassionevole e tenero. Così è il Signore. Consolare equivale a rendere tangibile la misericordia di Dio; per questo il servizio della consolazione non può mancare nei nostri Santuari. Quanti hanno la cura del Santuario devono fare proprie le parole dell’Apostolo: «Egli ci consola in ogni nostra tribolazione, perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in ogni genere di afflizione con la consolazione con cui noi stessi siamo consolati da Dio» (2 Cor 1,4). Una, due, tre, quattro volte in due righe la parola consolazione o consolare: è denso questo testo di Paolo. Posso essere segno efficace di consolazione nella misura in cui ho sperimentato in prima persona l’essere consolato dalla sofferenza salvifica di Gesù e in Lui ho trovato rifugio. Non dimenticare. Nella storia nostra, ognuno di noi, ha dei momenti duri, brutti, in cui il Signore ci ha consolato. Non dimenticare questo. Ricordare la propria esperienza di consolazione ci aiuterà a consolare gli altri. E questa esperienza passa attraverso la maternità di Maria, la “Consolata” per eccellenza. Che nei nostri Santuari sovrabbondino la consolazione e la misericordia!

Infine, si va al Santuario per guardare al futuro con maggior fiducia. Il pellegrino ha bisogno di speranza. La cerca nel gesto stesso del pellegrinaggio: si mette in cammino alla ricerca di una meta sicura da raggiungere. Chiede speranza con la sua preghiera, perché sa che solo una fede semplice e umile può ottenere la grazia di cui ha bisogno. Allora è importante che, ritornando a casa, si senta esaudito e carico di serenità perché ha posto in Dio la sua fiducia. Nei nostri Santuari si fa molta attenzione all’accoglienza – per favore, non dimenticare questo: accogliere bene i pellegrini –, ed è giusto che sia così. Al tempo stesso occorre prestare altrettanta cura pastorale al momento in cui i pellegrini lasciano il Santuario per ritornare alla loro vita ordinaria: che ricevano parole e segni di speranza, così che il pellegrinaggio compiuto raggiunga il suo pieno significato.

Ho voluto che il prossimo anno, in preparazione al Giubileo del 2025, sia interamente dedicato alla preghiera. Saranno tra breve pubblicati dei Sussidi, che possono aiutare a riscoprire la centralità della preghiera. Li raccomando: saranno una buona lettura, che stimola a pregare con semplicità e secondo il cuore di Cristo. Rinnoviamo ogni giorno la gioia e l’impegno di essere uomini e donne di preghiera. Preghiera dal cuore, non come dei pappagalli. No. Dal cuore. Che le parole dette vengano dal cuore. Voi, nei Santuari, lo farete attraverso la spiritualità tipica che li caratterizza.

Da tutti i Santuari si elevi un canto di ringraziamento al Signore per le meraviglie che compie anche ai nostri giorni. E si implori l’intercessione della Madre di Dio perché, in questo tempo così tormentato, tanti nostri fratelli e sorelle che soffrono possano ritrovare la pace e la speranza.

Vi accompagno con la mia Benedizione. E vi chiedo per favore, nei vostri Santuari, di ricordarvi di pregare anche per me. Grazie.