“Ospitalità e accoglienza: la tradizione benedettina nella vita degli Oblati”

L’eredità di San Benedetto

Vatican Media

Questa mattina, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti al V Congresso Mondiale degli Oblati Benedettini e ha rivolto loro il discorso che pubblichiamo di seguito:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli, care sorelle, buongiorno!

Vi do il benvenuto, molto contento di incontrarvi in occasione del vostro Congresso Mondiale.

L’oblato benedettino, «nel proprio ambiente familiare e sociale, riconosce e accoglie il dono di Dio […] ispirando il proprio cammino di fede ai valori della Santa Regola e della Tradizione spirituale monastica»: così lo Statuto [degli oblati benedettini italiani] all’art. 2. Penso al vostro carisma e credo che in qualche modo si possa riassumere in una bellissima espressione di San Benedetto, il quale invitava ad avere un «cuore dilatato dall’indicibile sovranità dell’amore» (Prologo della Regola, n. 49).


Che bello: un cuore dilatato dall’indicibile sovranità dell’amore! Questo cuore dilatato caratterizza lo spirito benedettino, che ha innervato la spiritualità del mondo occidentale e che si è poi diffuso in tutti i continenti – quell’espressione, “cuore dilatato”, è molto importante. È nei secoli un carisma foriero di grazia, perché le sue radici sono così salde che l’albero cresce bene, resistendo alle intemperie del tempo e porta frutti saporiti di Vangelo. Credo che questo cuore dilatato sia il segreto della grande opera di evangelizzazione che il monachesimo benedettino esercita, e a cui voi vi votate come oblati, “offerti” sulle orme del grande Santo Abate. Vorrei allora riflettere brevemente con voi su tre aspetti di questo “dilatamento del cuore”: la ricerca di Dio, la passione per il Vangelo e l’ospitalità.

La vita benedettina si caratterizza prima di tutto per una costante ricerca di Dio, della sua volontà e delle meraviglie che Egli opera. Tale ricerca avviene prima di tutto nella Parola, di cui vi nutrite ogni giorno nella lectio divina. Ma poi anche nella contemplazione del creato, nel lasciarsi interrogare dagli eventi quotidiani, nel vivere come preghiera il lavoro, fino a fare dei mezzi stessi del vostro operare degli strumenti di benedizione, e infine nelle persone, nei fratelli e nelle sorelle che la Provvidenza vi fa incontrare. In tutto questo siete chiamati a essere ricercatori di Dio.

Un secondo tratto importante è quello della passione per il Vangelo. Sull’esempio dei monaci, la vita di chi si rifà a San Benedetto è donata, piena, intensa. Come i monaci, che bonificano i luoghi dove vivono e scandiscono le giornate con operosità, così anche voi siete chiamati a trasformare, là dove vivete, i contesti di ogni giorno, operando come lievito nella pasta, con competenza e responsabilità, e al tempo stesso con mitezza e compassione. II Concilio Vaticano II delinea questa passione missionaria in modo eloquente quando, parlando del ruolo dei laici nella Chiesa, dice che essi sono chiamati a «cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio […] dall’interno a modo di fermento» (Lumen Gentium, 31). Pensiamo in questo senso a cosa ha costituito, nel passaggio dal crollo dell’impero romano alla nascita della società medievale, la presenza del monachesimo, con il suo modello di vita evangelica improntata all’ora et labora, con la pacifica conversione e l’integrazione di numerose popolazioni! Tutto questo zelo è nato dalla passione per il Vangelo e anche questo è un discorso di grande attualità per voi. Oggi, infatti, in un mondo globalizzato ma frammentato, frettoloso e dedito al consumismo, in contesti in cui le radici familiari e sociali sembrano a volte quasi dissolversi, non c’è bisogno di cristiani che puntano il dito, ma di testimoni appassionati che irradiano il Vangelo “nella vita attraverso la vita”. E la tentazione è sempre questa: passare da “cristiani testimoni” a “cristiani accusatori”. L’accusatore è uno solo: il diavolo; non assumiamo il ruolo del diavolo, assumiamo il ruolo di Gesù, stiamo alla scuola di Gesù, delle Beatitudini.

Il terzo tratto della tradizione benedettina su cui mi soffermo è quello dell’ospitalità. Nella Regola San Benedetto vi dedica un capitolo intero (cfr cap. LIII: l’accoglienza degli ospiti), che inizia con queste parole: «Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto” (Mt 25,35)» (n. 1). Venit hospes, venit Christus. E continua specificando alcuni atteggiamenti concreti da assumere nei confronti degli ospiti da parte di tutta la comunità: «gli vadano incontro, manifestandogli in tutti i modi il loro amore; […] preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace» (n. 3), cioè condividano con lui quanto hanno di più prezioso. E poi Benedetto parla anche di chi sono gli ospiti “di riguardo”, dicendo: «Specialmente i poveri e i pellegrini siano accolti con tutto il riguardo e la premura possibile, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare» (n. 15): i poveri e i pellegrini. Come oblati, il vostro grande monastero è il mondo, la città, il luogo di lavoro, e lì siete chiamati a essere modelli di accoglienza nel rispetto di chi bussa alla vostra porta e nella predilezione per i poveri. Accogliere è questo: la tentazione è chiudersi, e oggi, nella nostra civiltà, nella nostra cultura, anche cristiana, uno dei modi di chiudersi è il chiacchiericcio, che “sporca” gli altri: “Io mi chiudo perché questo è un disgraziato…”. Per favore, come benedettini la vostra lingua sia per lodare Dio, non per chiacchierare degli altri. Se fate la riforma di vita di non sparlare mai degli altri, avrete aperto la porta alla vostra causa di canonizzazione! Andate avanti su questo. A volte sembra invece che la nostra società stia soffocando lentamente nelle casseforti sigillate dell’egoismo, dell’individualismo e dell’indifferenza, e il chiacchiericcio ci rinchiude in questo…

Cari fratelli e sorelle, voglio benedire il Signore con voi per la grande eredità di santità e di sapienza di cui siete depositari, e vi invito a continuare a dilatare il cuore, e a consegnarlo ogni giorno all’amore di Dio, non smettendo mai di ricercarlo, di testimoniarlo con passione e di accoglierlo nei più poveri che la vita vi fa incontrare. Vi ringrazio di cuore per la vostra oblazione e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!