Papa Francesco a Cipro e in Grecia, un viaggio da ricordare

Le esclusive di Exaudi a bordo del volo papale

Cipro e Grecia
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La visita apostolica di Papa Francesco a Cipro e in Grecia, da 2 al 6 dicembre scorsi, è stato un viaggio che merita di essere ricordato.

Il Direttore Editoriale di Exaudi e Senior Vatican Correspondent, Deborah Castellano Lubov, era con la stampa al seguito sul volo papale e ha offerto ai lettori di Exaudi interviste esclusive e una completa copertura del 35° viaggio apostolico del Pontefice fuori d’Italia, con destinazione due nazioni di antica e solida maggioranza ortodossa.

Chi ha già seguito i viaggi internazionali di Francesco non dimentica l’indifferenza, a volte anche freddezza, con cui il papa argentino è stato accolto in alcuni paesi ortodossi. Ora si può onestamente percepire che il ghiaccio è un po’ più sciolto di prima.

Arrivato ad Atene il 4 dicembre, Francesco ha rivolto alla presidente Ekaterini Sakellaropoulou e alle autorità civili elleniche un discorso in cui ha ricordato che è dalla Grecia che “gli orizzonti del mondo si sono dilatati”.

Riflettendo quindi sulla democrazia, di cui questo paese è stato culla, il Papa ha lamentato però come la nozione di democrazia si stia deteriorando in tutto il mondo; “non si può tuttavia che constatare con preoccupazione come oggi, non solo nel Continente europeo, si registri un arretramento della democrazia. Essa richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza”. Bergoglio ha inteso così avvertire che la democrazia “è complessa”, e lo “scetticismo democratico” attuale rischia di aprire la strada a populismi e autoritarismi.

 “Mettiti non davanti allo specchio, ma davanti a Dio”

Francesco ha indirizzato un incoraggiamento potente anche ai giovani studenti della scuola di San Dionigi, gestita dalle suore Orsoline, a Marousi, un sobborgo a nord di Atene, toccato lungo il tragitto verso l’aeroporto, il 6 dicembre, per prendere l’aereo per Roma. L’entusiasmo era esplosivo per la presenza del Papa. Tutta la scuola era pronta ad accoglierlo. Un memorabile gruppo di tenere ragazzine in uniforme da scuola cattolica aspettava il Pontefice, con la mascherina su bocca e naso. Il programma prevedeva anche uno spettacolo di musica e danze tradizionali greche, una volta che il Papa è entrato.

Dopo la festosa accoglienza, il Santo Padre ha esortato bambini e giovani a non esitare di rivolgersi sempre al Signore. Prima di arrendersi o di deprimersi, Papa Francesco li ha incoraggiati tutti a portare la loro vita davanti a Dio e a condividere con Lui le proprie preoccupazioni. Inoltre, ha chiarito, è normale avere dei dubbi. Essi però non devono essere percepiti come mancanza di fede, ma piuttosto come “vitamine della fede” che “aiutano a irrobustirla, a renderla più forte”.

La sera di sabato 4 dicembre, nel centro di Atene, Exaudi ha visto altri bambini ancora in estasi per il Papa fuori dalla Cattedrale cattolica di San Dionigi l’areopagita, prima che là Francesco incontrasse vescovi, sacerdoti, religiosi e catechisti, appuntamento a cui ha fatto seguito l’incontro abituale coi confratelli gesuiti della Grecia.

I piccoli fuori dalla chiesa sventolavano bandiere, intonavano canti di benvenuto e impegnavano il nostro pool di giornalisti al seguito del Papa nel postare foto e testimonianze anche su Facebook e Twitter.

Durante quell’incontro, il primo dedicato alla piccola comunità cattolica in Grecia, Francesco ha ricordato che San Paolo apostolo, 2.000 anni fa, non fu certo accolto a braccia aperte in Grecia. Paolo tuttavia andò avanti comunque, forte della sua fiducia in Dio.

Nel citare l’apostolo delle genti, il Papa ha suggerito che la piccola comunità cattolica in Grecia mediti quella fredda accoglienza. “Forse, in tanti momenti del nostro cammino”, sono parole del Pontefice, “anche noi avvertiamo la fatica e talvolta la frustrazione di essere una piccola comunità, o una Chiesa con poche forze che si muove in un contesto non sempre favorevole”. E allora, il Papa consiglia, “meditate la storia di Paolo ad Atene. Era solo, in minoranza e con scarse probabilità di successo. Ma non si è lasciato vincere dallo scoraggiamento, non ha rinunciato alla missione. E non si è lasciato prendere dalla tentazione di lamentarsi”.

Come san Paolo, che andò avanti con fiducia e coraggio, Francesco ha sollecitato i cattolici greci ad essere intrepidi. “Paolo ha questo coraggio. Da dove nasce? Dalla fiducia in Dio. Il suo è il coraggio della fiducia: fiducia nella grandezza di Dio, che ama operare sempre nella nostra piccolezza…”.

 “Abbiate fiducia in Lui e lui compirà meraviglie”

Nel pomeriggio di domenica 5 dicembre, ad Atene, Papa Francesco ha celebrato la messa per i cattolici della Grecia in un luogo davvero insolito, una bella e capiente sala da concerti, la “Megaron Concert Hall”, per rammentare loro che a noi basta rivolgerci al Signore: quando ci fidiamo di Lui, è Lui che compie allora “meraviglie.”

“Convertirsi”, è la sottolineatura di Francesco, “significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, a chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla – i pessimisti di sempre. È rifiutare di credere che siamo destinati ad affondare nelle sabbie mobili della mediocrità. È non arrendersi ai fantasmi interiori, che si presentano soprattutto nei momenti di prova per scoraggiarci e dirci che non ce la faremo, che tutto va male e che diventare santi non fa per noi”.

Le cose non stanno così, Francesco assicura, perché Dio c’è e noi dobbiamo solo fidarci di Lui; “è Lui il nostro oltre, la nostra forza. Tutto cambia se si lascia a Lui il primo posto. Ecco la conversione: al Signore basta la nostra porta aperta per entrare e fare meraviglie, come gli sono bastati un deserto e le parole di Giovanni per venire nel mondo. Non chiede di più”.

 Tra i dimenticati di Lesbo: “A me piacciono molto i cristiani”

Il mattino di quello stesso 5 dicembre, nell’isola greca di Lesbo, sede dell’enorme campo rifugiati di Moria visitato da Papa Francesco nel 2016, è stato il momento in cui diversi giornalisti sono venuti da me confidando di non aver trattenuto le lacrime, nel realizzare le loro interviste. Io stessa ho potuto capire perfettamente, dal momento che ho provato gli stessi loro sentimenti.

A Lesbo, dove Francesco è tornato a mostrare la sua vicinanza a ciascuno dei rifugiati là ospitati, salutandoli ad uno ad uno, queste persone sono sopravvissute a molte più disgrazie di quanto si possa mai sapere. La stampa al seguito del papa ha incontrato numerosi rifugiati provenienti da Siria, Afghanistan, Africa e Iraq, in cerca di asilo ma senza molta fortuna.

Ciò che mi ha colpito è stata l’innocenza dei tanti bambini che sorridevano, ridacchiavano di gusto e giocavano con un cane randagio, da loro chiamato Alex, che aveva deciso testardamente di sedersi – sporcandolo – sul tappeto immacolato che il Papa avrebbe dovuto calcare, salutato dalle autorità presenti, per entrare nel tendone riservato all’incontro coi rifugiati.

Alcuni di quei bambini avevano viaggiato fino a Lesbo dall’Afghanistan. La loro famiglia conta cinque persone. Il padre, musulmano, portava con orgoglio una croce al collo. “A me piacciono molto i cristiani”, andava dicendo in giro, mentre del papa, nel suo inglese elementare, non sapeva dire altro che “è un grande uomo. Mi piace molto!”. La sua speranza è raggiungere un giorno la Finlandia.


L’Afghanistan è ora una nazione in subbuglio da cui nuove ondate di rifugiati son fuggite di recente. Afghana era anche una ragazza di sedici anni, che ha riferito ad Exaudi di essere arrivata in Grecia con la sua famiglia di sette persone nel 2018. “Spero di studiare matematica”, ha detto, raccontando che nel campo è possibile frequentare lezioni scolastiche, ma non abbastanza. E per quel che riguarda le condizioni di vita, “siamo sette persone, abitiamo tutti in un piccolo container, senza elettricità. È molto, molto dura, soprattutto in inverno, quando fa terribilmente freddo”. Il nuovo campo, rispetto a quello di Moria dove vivevano prima, devastato da un rogo un anno fa, è migliore, ma ancora mancano molti comfort.

Un giovane camerunense, che parla in francese, ha raccontato invece di aver perso la moglie in guerra, in Camerun, e di avere tre figli. “Questo posto”, era la sua lamentela, “non è quello che hanno fatto credere. Un uomo ha bisogno della sua libertà”.

Nel frattempo due giovani ragazze africane coi capelli raccolti in tante treccine si aggiravano tra i giornalisti felici di mostrarsi sorridenti e scattare foto. Nonostante tutto quel che hanno visto e vissuto, erano soprattutto i bambini a sorridere ai giornalisti arrivati da Roma e a correre gioiosi nella loro innocenza, tutti tranne due, uno in braccio all’altro, il fratello più grande, con sul viso un’espressione di desolazione e disperazione da far rabbrividire chi la osservava.

 Il mondo dovrebbe vergognarsi

Proprio a proposito dei bambini, nel suo discorso, Francesco ha affermato che il mondo dovrebbe vergognarsi della propria indifferenza verso i bambini che soffrono simili condizioni. Secondo il Pontefice, oggi nel mondo “qualcosa, pur tra molti ritardi e incertezze, sembra muoversi nella lotta ai cambiamenti climatici”; e invece, ha aggiunto subito dopo, “tutto sembra latitare terribilmente per quanto riguarda le migrazioni”.

Exaudi ha intervistato alcuni dei protagonisti del viaggio, incluso l’arcivescovo di Atene monsignor Kontidis, il vicario patriarcale per Cipro del patriarcato di Gerusalemme, padre Jerzy Kraj, l’ambasciatore cipriota presso la Santa Sede George Poulides e il cardinale responsabile del dicastero vaticano per l’ecumenismo, sua eminenza Kurt Koch; in quelle conversazioni in profondità, queste voci hanno fatto luce sulla realtà dei paesi visitati dal Papa.

 Non sempre benvenuto

Ad esempio, l’arcivescovo di Atene, Theodoros Kontidis, S.J., ha applaudito i progressi raggiunti tra cattolici e ortodossi in Grecia, ma ha anche lamentato il fatto che nessun vescovo ortodosso nel paese rischierebbe mai, pur di avvicinarsi di più ai cattolici, un qualche turbamento interno alla chiesa ortodossa.

E non ha caso, quando la corrispondente di Exaudi è stata ammessa nel ristretto pool stampa dell’incontro di Francesco con Sua Beatitudine Ieronymos II, Arcivescovo ortodosso di Atene e di tutta la Grecia, si è inizialmente avvertita una certa atmosfera di freddezza nella sala, mentre i due seguiti aspettavano attendevano la fine dell’incontro di Francesco e Jeronymos. L’atmosfera si è successivamente scaldata grazie a momenti piacevoli e sorridenti tra il Pontefice e l’arcivescovo. Questa cordialità ha fatto seguito nondimeno alle parole di Ieronymos con cui ha lamentato il trattamento ostile ricevuto dagli ortodossi nella storia da parte dei cattolici, fatti per cui sono arrivate anche le scuse del pontefice.

E tuttavia non tutti erano così entusiasti della presenza del papa in Grecia. Lo testimonia l’episodio di un anziano sacerdote ortodosso che il ristretto pool stampa ha visto aspettare per lungo tempo, fuori dell’Arcivescovado ortodosso, con l’aria sconvolta, l’arrivo di Francesco. E’ stato a quel punto che mentre Francesco faceva ingresso nell’arcivescovado, il sacerdote ha urlato in greco “Papa, sei un eretico”. La polizia greca, allertata dal grido, è intervenuta rapidamente e l’anziano uomo è caduto a terra.

 Per l’unità di Cipro

Nell’intervista concessa ad Exaudi alla vigilia del viaggio, il cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani, aveva parlato di come il viaggio papale a Cipro e in Grecia avrebbe contribuito al superamento degli ostacoli storici che separano cattolici e ortodossi e a rinforzare e fare riscoprire l’unità tra le due chiese.

Ma nemmeno va sottovalutata l’importanza della visita di papa Francesco a Cipro, prima tappa del viaggio (2.4 dicembre), dove il pontefice si è recato per promuovere l’unitò di un paese tuttora diviso, tra un terzo dell’isola in mano ai turco-ciprioti e i due terzi restanti lasciati ai greco-ciprioti.

Rivolgendosi alle autorità civili al suo arrivo al Palazzo Presidenziale di Nicosia, il papa argentino ha deplorato la divisione di Cipro e ha invitato le due controparti al dialogo e agli sforzi di pacificazione per ricucire “la lacerazione”. Exaudi era lì e ha assistito alla grande accoglienza del Pontefice e ai simpatici scambi tra lui e il presidente.

“La ferita che più soffre questa terra”, son parole di Francesco, “è data dalla terribile lacerazione che ha subito negli ultimi decenni. Penso al patimento interiore di quanti non possono tornare alle loro case e ai loro luoghi di culto”.

La divisione di Cipro in due parte risale all’invasione del nord dell’isola da parte dell’esercito turco, datata 1974. Nicosia è l’unica capitale europea divisa in due diverse aree, quella settentrionale e quella meridionale. Molti addetti ai lavori hanno espresso la loro convinzione che Francesco sia andato a Cipro a spingere per il dialogo e l’unità.

In una conversazione esclusiva con Exaudi, il francescano polacco p. Jerzy Kraj, vicario patriarcale per Cipro del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha spiegato che nella parte ci Cipro nord non risiede stabilmente neppure un sacerdote cattolico, e ha raccontato di come siano loro, sacerdoti operanti a Cipro, ad adoperarsi per prestare una cura pastorale ai cattolici residenti nel nord, nonostante tutte le difficoltà. Molti tra loro sono gli africani studenti delle università di Cipro nord.

Francesco si è mostrato ben consapevole dell’entità del fenomeno delle migrazioni a Cipro, terra di tradizione ortodossa, e della sua complessa composizione etnica e culturale della popolazione di quel paese. Alla messa celebrata dal Pontefice allo stadio di Nicosia, venerdì 3 dicembre, si sono potuti vedere numerosi fedeli, dei quali pochi nativi ciprioti e invece molti filippini e comunità di altre nazionalità. Per Francesco quella è stata l’occasione di avvertire i cattolici di Cipro che “Se restiamo divisi tra di noi, se ciascuno pensa solo a sé o al suo gruppo, se non ci stringiamo insieme, non dialoghiamo, non camminiamo uniti”.

Anche l’ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede, George Poulides, aveva riferito a Exaudi di come Francesco godesse di un’opinione favorevole tra i ciprioti e di come questo viaggio dovrebbe contribuire all’unità dell’isola.

“I greco-ciprioti e i turco-ciprioti sono fratelli, vittime di un’aggressione militare”, ha affermato Poulides, rilevando che “Cipro ha bisogno del messaggio di pace imparziale del Papa, data la difficile situazione che l’isola sta affrontando nella sua zona occupata”. E questo è stato il messaggio che Bergoglio ha lasciato in consegna ai cattolici per la durata intera della sua permanenza a Cipro.

Quando in futuro si parlerà ancora di questo viaggio, qualcuno si ricorderà della tenacia e della vicinanza personale di Papa Francesco a persone che altrimenti si sarebbero sentite abbandonate. E anche mentre Exaudi osservava il Papa riflettere, sulla visita durante il suo volo di ritorno a Roma, si poteva intuire chiaro che vedremo ancora dispiegati molto più impegno e più energia.