Una famiglia ucraina e una russa insieme alla Via Crucis

Porteranno la Croce la sera del Venerdì Santo alla stazione della morte di Gesù

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Un momento della Via Crucis del 2019 (C) Vatican Media

Ci sono anche una famiglia ucraina e una russa, insieme, tra quelle che venerdì prossimo porteranno la Croce durante la Via Crucis presieduta da Papa Francesco al Colosseo. Lo faranno alla XIII stazione, quella della morte di Gesù. In quella successiva, l’ultima, toccherà a una famiglia di migranti. Sono state rese note oggi le famiglie che il prossimo Venerdì Santo si passeranno l’un l’altra il simbolo della redenzione. E anche le meditazioni che accompagneranno la rievocazione della Via Dolorosa percorsa da Gesù per salvarci sono ispirate al percorso di vita di ciascuna famiglia.

Le famiglie che porteranno la Croce

Si partirà con una coppia di giovani sposi. Seguiranno una famiglia in missione, una coppia di sposi anziani, una famiglia con 5 figli e una con un figlio disabile. Poi una famiglia che gestisce una casa di accoglienza, una che affronta la malattia, una coppia di nonni e una famiglia con figli adottivi. Alla decima stazione ci sarà una donna con figli che ha perso il marito. Quindi una famiglia con un figlio consacrato e una che si confronta con la perdita di un figlio. Infine, la famiglia ucraina con quella russa e la famiglia di migranti.

Giovani sposi

Una Via Crucis che tocca le realtà delle famiglie di tutto il mondo, nelle situazioni più difficili, nella loro quotidianità. Come quella di giovani sposi che nonostante la pandemia e i litigi quotidiani sono felici ma si confrontano con i dubbi. “Spesso abbiamo paura. Quando pensiamo alle coppie di amici più grandi che non ce l’hanno fatta. Quando leggiamo sui giornali che aumentano le separazioni. Quando ci dicono che sicuramente ci lasceremo perché così va il mondo. spesso abbiamo paura. Quando pensiamo alle coppie di amici più grandi che non ce l’hanno fatta. Quando leggiamo sui giornali che aumentano le separazioni. Quando ci dicono che sicuramente ci lasceremo perché così va il mondo”.

E ci si rende conto che “il matrimonio non è solo un’avventura romantica, ma è anche Getsemani, è anche l’angoscia prima di spezzare il tuo corpo per l’altro”.

Famiglia numerosa

O come la fatica e la bellezza di una famiglia numerosa: “E i nostri sogni? Plasmati dagli eventi. La nostra realizzazione professionale? Modificata dai fatti della vita che irrompe. E poi il timore di poter un giorno rinnegare tutto, come Pietro; l’angoscia e la tentazione del rimpianto di fronte all’ennesima spesa imprevista; la preoccupazione per le tensioni con i figli adolescenti. I vecchi desideri hanno ceduto il passo alla nostra famiglia. Non è facile, certo, ma è infinitamente più bello così. E nonostante i pensieri e la densità delle nostre giornate, che sembrano non bastarci mai, non torneremmo mai indietro”.

La difesa della vita

Il moderno “crocifiggilo” nei confronti di un bambino disabile, che tanti avrebbero voluto uccidere prima ancora che nascesse: “Quando abbiamo scelto la vita, siamo stati anche noi oggetto di giudizio: “Sarà un peso per voi e per la società”, ci è stato detto”. Ma “la disabilità non è un vanto né un’etichetta, piuttosto la veste di un’anima che spesso preferisce tacere di fronte ai giudizi ingiusti, non per vergogna ma per misericordia verso chi giudica”.

Famiglia e dolore: la malattia

E ancora il confronto con il dolore. Quello della malattia che “nell’essenzialità di una vita più difficile e nuova” porta a scoprire “nelle altre famiglie il meraviglioso dono che sono: chi prova a farti ridere, chi ti aiuta in cucina, chi ti accompagna i figli a catechismo, chi ti ascolta, chi ti capisce con uno sguardo, chi pur avendo situazioni altrettanto se non più complicate si preoccupa costantemente per te”.

La morte del marito

Quello della morte del marito: “Da oltre sette anni siamo una sedia a tre gambe invece che quattro: bellissima e di valore, anche se un pochino instabile. Sotto la croce ogni famiglia, anche la più sbilenca, la più dolente, la più strana, la più monca, trova il suo senso profondo. Anche la nostra. Abbiamo sperimentato, non senza lacrime e dolore, che Gesù in quell’abbraccio di travi inchiodate ci guarda e non ci lascia mai soli”.

La perdita di una figlia

Quello della perdita di una figlia: un’“avventura che non abbiamo assolutamente compreso razionalmente, ma la certezza è che questa grande croce è stata abitata dal Signore e lo è ancora oggi. Dio non chiama chi è capace ma rende capace chi chiama”.

Il dramma delle migrazioni

Ancora, il dramma delle migrazioni forzate. Persone in fuga: “Avremmo voluto vivere nella nostra terra, ma la guerra ce lo ha impedito. È difficile per una famiglia dover scegliere tra i suoi sogni e la libertà. Tra i desideri e la sopravvivenza. Siamo qui dopo viaggi in cui abbiamo visto morire donne e bambini, amici, fratelli e sorelle. Siamo qui, sopravvissuti. Percepiti come un peso. Noi che a casa nostra eravamo importanti, qui siamo numeri, categorie, semplificazioni. Eppure, siamo molto di più che immigrati. Siamo persone”.

La famiglia travolta dalla guerra

Infine, la guerra. Lo scontro fratricida, crudele e insensato che ora insanguina l’Europa. Eccola, la meditazione sulla morte di Gesù. Un parallelo con quanto oggi sta accadendo in Ucraina: “La morte intorno. La vita che sembra perdere di valore. Tutto cambia in pochi secondi. L’esistenza, le giornate, la spensieratezza della neve d’inverno, l’andare a prendere i bambini a scuola, il lavoro, gli abbracci, le amicizie… tutto. Tutto perde improvvisamente valore. “Dove sei Signore? Dove ti sei nascosto? Vogliamo la nostra vita di prima. Perché tutto questo? Quale colpa abbiamo commesso? Perché ci hai abbandonato? Perché hai abbandonato i nostri popoli? Perché hai spaccato in questo modo le nostre famiglie? Perché non abbiamo più la voglia di sognare e di vivere? Perché le nostre terre sono diventate tenebrose come il Golgota?”.


Le lacrime sono finite. La rabbia ha lasciato il passo alla rassegnazione. Sappiamo che Tu ci ami, Signore, ma non lo sentiamo questo amore e questa cosa ci fa impazzire. Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici, ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.