Cardinale Arizmendi: La passione di Cristo oggi

Aiutiamo chi soffre a portare la propria croce e a non renderla più pesante

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Il cardinale Felipe Arizmendi, vescovo emerito di San Cristóbal de Las Casas e responsabile della Dottrina della Fede presso la Conferenza dell’Episcopato Messicano (CEM), offre ai lettori di Exaudi il suo articolo settimanale intitolato “La Passione di Cristo oggi”.

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ASPETTO

Nella mia città natale, a partire dal 1992, alcuni giovani hanno preso l’iniziativa di realizzare una rappresentazione dei momenti più importanti della Settimana Santa. Il loro obiettivo non è aumentare il turismo o promuovere l’economia, ma esprimere la propria fede in Gesù Cristo, avere nel cuore il messaggio centrale della fede cristiana e convertirci maggiormente al Vangelo. Lo stesso fanno i ragazzi della catechesi parrocchiale, affinché, fin da piccoli, siano introdotti al mistero redentore. Queste rappresentazioni vengono realizzate in moltissimi luoghi, alcune molto famose altre passano inosservate ai mass media, ma esprimono l’importanza della Settimana Santa.

La passione di Gesù, però, non è una cosa del passato. Si attualizza ai nostri giorni, sia nelle celebrazioni liturgiche, sia in tante storie di dolore e di sofferenza che si vivono nelle famiglie, negli ospedali, nelle carceri, e anche nelle persone che appaiono felici, ma che nel cuore portano piaghe e ferite che quasi nessuno lo sa. Quanta sofferenza di chi vive nelle guerre, nei rapiti, nei desaparecidos, nei estorti e nei migranti! Condivido solo alcuni casi che ho vissuto molto da vicino in questi giorni.

Una moglie, sposata per entrambe le leggi con il marito, si è dovuta separare da lui perché questi non smette di ubriacarsi, non cerca lavoro, non può permettersi le spese quotidiane, è aggressivo nei suoi confronti e irresponsabile con i due figli che hanno, uno di tredici anni e un altro di soli due. Andò a vivere dai suoi genitori, che gentilmente la accolsero. Quanto dolore per lei, per i suoi figli, per i suoi nonni e per lo stesso marito! Perché non c’è dubbio che anche lui soffre molto e solo ubriaco vorrebbe dimenticare la sua situazione.

Quando esco di casa per recarmi alle visite mediche, vedo molte persone che vendono le più svariate cose agli angoli delle strade, o puliscono i parabrezza e i pneumatici dei veicoli, per comprare pochi centesimi e portare il pane quotidiano alla famiglia. Ci sono anche donne anziane e migranti, che lottano per la vita fino a tarda notte. Sopportano il freddo, la pioggia, il caldo, la fatica e il disprezzo. Non hanno mai vacanze. Quante angosce e dolori!

Con me vive una sorella, più grande di me, che da circa tre anni soffre di Alzheimer. Non ci dispiace averla con noi e ci godiamo tanti momenti insieme; la facciamo ridere e ricordiamo le storie del suo passato; lo portiamo ovunque andiamo. Facciamo tutto il possibile affinché si senta bene e non gli manchi ciò di cui ha bisogno, soprattutto il nostro amore e il nostro sostegno; ma soffre molto. Recentemente si lamentava e gli ho chiesto cosa gli faceva male; la sua risposta è stata: mi fa male l’anima… Questo perché dice che non fa più niente, che non serve più, che non le vogliamo bene, che la sgridiamo, che sarebbe meglio buttarla fuori per strada… Ci racconta che delle persone sono entrate in casa sua, in casa e hanno preso le sue cose, il che non è vero; ma queste e altre immaginazioni la fanno soffrire. Piange spesso e non riusciamo a capire perché. Nei giorni scorsi mi sono avvicinato a lui e gli ho chiesto perché piangeva; mi ha detto che voleva già morire; Quando gli ho chiesto il motivo, mi ha raccontato di problemi familiari che immagina, ma che non sono reali. Se gli diciamo che non è come sostiene, anche se lo diciamo con affetto cercando di evitare la sofferenza, risponde: allora sono pazzo? Facciamo di tutto per farlo stare bene, ma la sua croce è dolorosa.


Come queste storie, ce ne sono milioni nel mondo, alcune molto più dolorose di queste.

DISCERNERE

Papa Francesco, in diverse occasioni, ci ha ricordato che la passione di Gesù continua a essere vissuta nei nostri giorni. Ha dedicato diversi catechismi agli anziani, facendoci vedere la loro sofferenza e la loro solitudine. La settimana scorsa ha detto a un gruppo di migranti riuniti a Lajas Blancas, Panama, che avevano appena attraversato il cosiddetto Darién Gap, tra Colombia e Panama: “Vorrei accompagnarvi personalmente adesso. Sono anche figlio di migranti partiti alla ricerca di un futuro migliore. C’erano momenti in cui rimanevano senza nulla, addirittura affamati; con le mani vuote, ma il cuore pieno di speranza.

Ringrazio i miei fratelli vescovi e gli agenti pastorali. Sono il volto di una Chiesa madre che cammina con i suoi figli, nei quali scopre il volto di Cristo e, come Veronica, con affetto, offre sollievo e speranza nella via crucis della migrazione. Grazie perché ti impegni con i nostri fratelli e sorelle migranti che rappresentano la carne sofferente di Cristo, quando sono costretti ad abbandonare la loro terra, ad affrontare i rischi e le tribolazioni di un cammino duro, senza trovare altra via d’uscita” (21-III- 2024).

In un video messaggio rivolto a coloro che realizzano le rappresentazioni della Settimana Santa a Mérida, in Spagna, ha detto: “Possa la Settimana Santa lasciare il segno, un segno indelebile e permanente nella vita di tutti coloro che contemplano le Stazioni della Penitenza. Non è un evento spettacolare; è un annuncio della nostra salvezza; ecco perché deve lasciare il segno.

Nella Settimana Santa è necessario dedicare tempo alla preghiera, accogliere la Parola di Dio, fermarsi come il samaritano davanti al fratello ferito: L’amore di Dio e del prossimo è un solo amore. Alla presenza di Dio diventiamo sorelle e fratelli e percepiamo gli altri con una nuova intensità.

La Settimana Santa è un tempo di grazia che il Signore ci dona per aprire le porte dei nostri cuori, delle nostre parrocchie. Aprire e uscire è ciò che ci viene chiesto durante la Settimana Santa, aprire il nostro cuore e uscire incontro a Gesù e agli altri e anche per portare la luce e la gioia della nostra fede. Esci sempre! E fatelo con amore e con la tenerezza di Dio, con rispetto e pazienza, sapendo che noi ci mettiamo le mani, i piedi, il cuore, ma è Dio che ci guida e ci indica la strada”.

ATTO

Aiutiamo chi soffre a portare la propria croce e a non renderla più pesante; la contemplazione di Cristo sofferente ci spinga a servirlo nei fratelli nei quali Egli continua a soffrire.