Come vivere santamente la Settimana Santa

“Cosa non dovremmo fare”, “cosa dovremmo fare” e “cosa possiamo aspettarci”

Settimana Santa © Cathopic. Luis Carlos Bonilla Soto

Adesso che le sfide sono di moda, vale la pena lanciarsene una a Pasqua. Questa “sfida” può essere definita come “vivere santamente la Settimana Santa”. Ora che siamo in gran parte in un periodo “post-pandemia”, come possiamo vivere i giorni santi? Mettiamo a rischio l’identità cristiana della nostra vita, la testimonianza che dobbiamo dare al mondo e, di conseguenza, parte della credibilità della nostra fede.

Per affrontare questa sfida ho distinto tre passaggi: “cosa non dovremmo fare”, “cosa dovremmo fare” e “cosa possiamo aspettarci”. In questo senso è una “sfida” speciale, perché non tutto dipende da noi, da quello che possiamo fare, dalla nostra attività; Non è al cento per cento nelle nostre mani; La parte più importante, infatti, non può che essere prevista come un regalo.

Cosa non dovremmo fare? Si tratta semplicemente di evitare tutto ciò che offende Dio. Restano valide le considerazioni della pietà popolare più rancida, secondo la quale il peccato grave significa crocifiggere nuovamente il Signore, mentre il peccato lieve implica una nuova frustata o una nuova spina nella corona di Gesù. Questi significati ci aiutano a contestualizzare l’unico male che dobbiamo assolutamente cercare di evitare, il peccato. Come vivere bene la Settimana Santa? Ebbene, possiamo cominciare dal non viverlo male, cioè evitando il peccato. Detto così non sembra difficile, ma non bisogna dimenticare che la Pasqua solitamente è un periodo di vacanze, e molte persone vanno al mare, e poi lì non vivono modestamente, ma anzi è un luogo incline agli eccessi. Indipendentemente da dove trascorriamo i giorni santi, non dobbiamo dimenticare l’ovvio, che sono giorni santi e devono essere vissuti. Il luogo, ad esempio la spiaggia, non è una scusa per non farlo.


Cosa dovremmo fare? Ebbene, ecco tutto l’universo delle buone azioni che la creatività umana può offrirci. Ci sono tanti modi per viverla bene, e ora che siamo fuori dalla pandemia possiamo ritornarvi: missioni, lavoro sociale, campi di lavoro, ritiri spirituali… Naturalmente, non perdetevi i “Servizi della Settimana Santa. ” Quali sono i lavori? Le celebrazioni liturgiche del Giovedì Santo, del Venerdì Santo e della Domenica di Pasqua, compresa la Veglia Pasquale. Qualunque attività facciamo, sia frequentare un ritiro o stare in spiaggia, non lasciamole da parte, perché attraverso di esse la liturgia ci introduce nel Mistero pasquale di Cristo, ci introduce nella sua Passione, Morte e Risurrezione. La liturgia, in un certo senso spirituale, ci rende contemporanei a nostro Signore Gesù Cristo, e ci fa rivivere sacramentalmente ciò che Lui ha vissuto.

Cosa dobbiamo aspettarci? Il dono di Dio, che si chiama contemplazione. Lo stato d’animo contemplativo per eccellenza di questi tempi è un dono divino. Non è qualcosa che possiamo realizzare con i nostri sforzi, anche se non è nemmeno qualcosa che può essere ottenuto senza i nostri sforzi. Da qui il suo carattere misterioso, ma reale. In cosa consiste questa contemplazione? Nel rivivere interiormente i sentimenti che hanno portato Gesù Cristo a compiere l’opera della nostra redenzione. Come direbbe San Paolo, nell’avere gli stessi sentimenti di Cristo. Si tratta di partecipare, come uno in più, alle scene della Passione, Morte e Resurrezione di Gesù, come se la contemplassimo per la prima volta, quando questi eventi sono accaduti.

E con gli eventi del Triduo Pasquale accade una cosa molto particolare. Poiché Gesù è un Uomo, sono storici e sono accaduti duemila anni fa. Ma poiché Gesù è Dio, essi partecipano anche alla sua eternità, così che nell’oggi della celebrazione liturgica o nell’oggi della nostra preghiera contemplativa, possiamo entrare in un contatto misterioso ma reale con questi eventi. Questo è il dono di Dio che possiamo chiedere e al quale aspirare durante questi giorni santi. È un dono che nutre e dà vita alla nostra anima. Non è solo, né principalmente, frutto di fatica – si chiama pelagianesimo, l’eresia che lo considera opera delle nostre mani e che papa Francesco ha duramente criticato – ma il frutto dell’amore di Dio per l’anima che lo cerca con sincerità del cuore.  Ebbene, con questi tre elementi, evitando il male, facendo il bene e aspettando il dono di Dio, possiamo vivere santamente la Settimana Santa.