Guerra in Ucraina: non è servita la lezione del XX secolo

Il Papa all’associazione “Anima per il sociale nei valori d’impresa”

Guerra in Ucraina
La presidente Sabrina Florio con il S. Padre (C) Vatican Media

La guerra in Ucraina dimostra che “chi governa le sorti dei popoli non ha ancora recepito la lezione delle tragedie del XX secolo”. Ancora una volta Papa Francesco ha fatto udire la sua voce contro il conflitto che sta devastando l’Ucraina. L’occasione è stata l’udienza concessa ai membri dell’associazione “Anima per il sociale nei valori d’impresa” guidati dalla presidente Sabrina Florio. Ecco il suo discorso:

Nell’ambito dell’Unione degli Industriali e delle imprese delle province del Lazio, vent’anni fa avete dato vita a questa vostra Associazione, con una finalità di promozione etica e sociale. Avete scelto per questo di usare la parola “anima”: parola molto impegnativa! Essa fa pensare a una realtà che non ha una propria visibilità, ma dall’interno stimola e motiva il vostro ambiente di lavoro. Sta soprattutto a voi responsabili fare un bilancio degli obiettivi raggiunti in questi vent’anni. Da parte mia, vorrei incoraggiarvi e offrirvi alcuni spunti di riflessione.

Politica ed economia al servizio della vita

Oggi, tenendo l’obiettivo puntato sul bene comune, risulta necessario che la politica e l’economia, in costante dialogo tra loro, si pongano decisamente al servizio della vita, la vita umana e la vita del creato, nostra casa comune, non al servizio della non-vita o della morte, come purtroppo succede a volte. La grande crisi finanziaria del 2007-2008 avrebbe dovuto spingere in questa direzione. Sì, c’è stata una reazione positiva, ma mi pare che sostanzialmente il mondo abbia continuato e continui a essere governato da criteri obsoleti.

La guerra in Ucraina

Per non parlare dell’ambito geopolitico-militare, dove diverse guerre regionali e specialmente la guerra in Ucraina dimostrano che chi governa le sorti dei popoli non ha ancora recepito la lezione delle tragedie del XX secolo. Voi, che rappresentate prevalentemente la realtà delle piccole e medie imprese, vi rendete ben conto di quanto sia difficile, in tale contesto, svilupparsi e creare occupazione nel rispetto dei valori etici e della responsabilità sociale. Ma non bisogna scoraggiarsi e rassegnarsi.

Economia concreta

Qualcuno pensa che i criteri etico-sociali siano come una “gabbia” che mortifica la libertà e la creatività economica. In realtà, è proprio il contrario, o almeno può esserlo. Infatti, se vogliamo che il mondo futuro sia abitabile e degno dell’uomo, bisogna che l’economia sia più libera dal potere della finanza e più creativa nel ricercare forme di produzione orientate a un’ecologia integrale. Che l’economia sia concreta, non “liquida” né “gassosa”, come è il pericolo delle finanze. La globalizzazione dev’essere “governata”, in modo che il globale non vada a scapito del locale, ma le due dimensioni stiano in connessione virtuosa e feconda.


Molti, comprensibilmente, direbbero: ma che possiamo fare noi, piccoli imprenditori, di fronte al “gigante Golia” del potere finanziario e tecnocratico? Penso – e auspico che la costruzione di un’economia nuova, rispettosa della dignità umana e dell’ambiente, possa e debba partire dal basso. Anzi – lo sappiamo –, è già partita dal basso: in tutto il mondo ci sono tante esperienze di impresa etica e sostenibile che tracciano un cammino. Occorre favorire la comunicazione e la condivisione tra queste esperienze, così che si formi una rete capace di incidere a livelli sempre più estesi.

“Ritorniamo a sognare”

Su questo tema dell’economia nuova, l’economia concreta, ho parlato nel libro – l’ultimo libro che ho scritto – Let us dream, Ritorniamo a sognare è la versione italiana. Mi sono soffermato su un’analisi di questo problema della concretezza dell’economia e della visibilità dell’economia, per evitare quello che  ho definito “liquidità” o “gassosità”. Forse può illustrare ciò che voglio dire qui.

Permettetemi, infine, un consiglio “da vescovo”: se volete essere “anima” nel mondo dell’impresa, non tralasciate di avere cura della vostra propria anima, quella che ci viene da Dio. E per questo occorre bisogna resistere alla tentazione dell’attivismo e trovare tempi per riflettere, per pensare, per contemplare. A volte l’attivismo ci distrugge l’interiorità; non parlo di religiosità ma di interiorità umana. Poi, quella per una religione è un’opzione personale, ma prima c’è l’interiorità umana. Anche per questo l’associazione può essere utile, con delle proposte. Ma è soprattutto un’esigenza personale: ciascuno, se vuole animare, deve lasciarsi animare interiormente dal bene, dal bello e dal vero.

Lo dimostrano le testimonianze di imprenditori italiani che hanno saputo far crescere non solo i profitti ma anche la vita, la qualità della vita, la qualità del lavoro, con libertà e creatività, perché avevano una coscienza illuminata, una interiorità illuminata. E questo ti porta alla creatività, ti porta – mi permetto la parola – alla poesia. Anche il lavoro dell’uomo è poesia: fare le cose.