Un corridoio umanitario per l’Afghanistan

Lo chiedono la Comunità di S. Egidio, la Tavola Valdese e le Chiese evangeliche

Afghanistan
Marco Impagliazzo © Acali / Exaudi

Un corridoio umanitario per salvare migliaia di uomini e soprattutto donne dalla vendetta e dalla violenza dei talebani che hanno riconquistato l’Afghanistan. Lo chiedono in una nota il presidente della Comunità di S. Egidio, Marco Impagliazzo, la moderatrice della Tavola Valdese, Alessandra Trotta, e il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Luca M. Negro.

L’Italia si impegni

“L’Europa deve agire per garantire la protezione di quanti fuggono dall’Afghanistan riconquistato dai talebani. In queste ore migliaia di uomini, donne e bambini rischiano la vita semplicemente per avere creduto nei valori della democrazia, della libertà di esprimersi e di studiare. Chiediamo un impegno anche all’Italia, che per prima ha sperimentato con successo i “corridoi umanitari”, perché adotti questo strumento per facilitare l’evacuazione di profughi afghani” spiegano.

Le precedenti esperienze

“Da oltre sei anni – prosegue la nota – noi, cattolici e protestanti, lavoriamo insieme per costruire i corridoi umanitari dal Libano e, grazie a un nuovo protocollo con i ministeri dell’Interno e degli Affari esteri stiamo avviando il primo “corridoio umanitario” per 200 profughi dai centri di detenzione della Libia e, parallelamente, per consentire l’evacuazione di altri 300.


Sulla base di questa esperienza siamo a disposizione per realizzare un progetto analogo a favore dei profughi afghani, pronti a collaborare con le istituzioni, le amministrazioni locali e altre espressioni della società civile che vogliano condividere questo urgente progetto umanitario”.

Non respingere chi ha già chiesto asilo

Un’urgenza che si può ben comprendere dalle drammatiche immagini che ancora arrivano dall’Afghanistan. Ma lo sguardo di Impagliazzo, Trotta e Negro va oltre: “Si possono poi aiutare quegli afghani che, già in Europa, vivono in condizioni di precarietà. Chiediamo a tutti i governi europei di sospendere le pratiche di espulsione già decretate per centinaia di afghani richiedenti asilo e diniegati, e inoltre di riesaminare le domande rigettate vista la drammaticità della situazione sul terreno. Ribadiamo – concludono – che la forza morale e politica dell’Europa si costruisce anche garantendo diritti e protezione umanitaria a chi è perseguitato ed ha già sofferto il dramma della guerra”.

Il Centro Astalli: proteggere i civili

Si tratta di una prima proposta concreta, dopo l’appello lanciato anche dal S. Padre durante l’Angelus di domenica scorsa. Una richiesta analoga era stata avanzata da padre Camillo Ripamonti, presidente Centro Astalli, la struttura dei Gesuiti che si occupa di rifugiati: “Rivolgiamo un appello alla comunità internazionale, a istituzioni europee e nazionali: si abbia come priorità la sicurezza e la protezione dei civili. Si predispongano modalità agili e sicure di accesso in Europa per chi sta cercando di lasciare l’Afghanistan. Lo dobbiamo a un popolo che da decenni vive nel terrore e in guerra, in un Paese in cui siamo stati direttamente coinvolti e per cui abbiamo evidenti responsabilità”.