Il nunzio a Kiev: “Crisi umanitaria molto grave”

L’arcivescovo Kulbokas: “C’è qualcosa di demoniaco in questa guerra”. Il cardinale Krajewski in Ucraina

crisi umanitaria
Il cardinale Krajewski, al centro, con gli arcivescovi Shevchuk (a destra) e Mokrzycki a Lviv (Credit: Twitter @StanislawBudzik)

La crisi umanitaria a Kiev è sempre più grave. Lo conferma l’Arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina, in un colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS). «Dal 24 febbraio, ogni giorno e ogni notte ci sono stati attacchi missilistici in diversi punti della città. Noi della Nunziatura non siamo in una zona centrale, quindi per ora non abbiamo visto da vicino nessuno dei bombardamenti. In altre città, come Kharkiv, le zone residenziali sono state gravemente colpite. Kiev è relativamente calma, per alcuni aspetti, rispetto ad altre città. Irpin, che è un sobborgo di Kiev, o Kharkiv, Chernihiv o Mariupol. Kiev è ancora collegata al mondo esterno, tuttavia, la crisi umanitaria è molto grave qui e in alcune altre città dell’Ucraina», aggiunge mons. Kulbokas.

«Quando è iniziata la guerra, eravamo meno organizzati. Ora siamo meglio preparati. Sembra che l’esercito russo si stia avvicinando alla città, quindi in questi giorni le organizzazioni umanitarie sono state più attive».

Crisi umanitaria

In merito alle forniture di cibo e acqua, il nunzio aggiunge: «Qui in Nunziatura abbiamo fatto scorta di viveri prima dell’inizio della guerra. Conosco personalmente alcune famiglie che sono state invece colte di sorpresa, con provviste per non più di due o tre giorni. Grazie a Dio, nei giorni scorsi alcuni aiuti hanno raggiunto Kiev. È difficile sapere come sta ogni famiglia o quanto tempo possono durare. Ma di sicuro la crisi umanitaria è molto grave».

«Vengo contattato da molte persone, e riceviamo richieste e offerte di aiuti umanitari che in un momento come questo sono molto difficili da organizzare. A Kiev le persone sono in grado di muoversi per le strade, anche se è pericoloso. Per lo più sono i volontari che distribuiscono beni ai più bisognosi. È difficile spostarsi, perché ci sono posti di blocco ogni pochi metri. Alle 20 inizia il coprifuoco, quindi quasi nessuno esce per nessun motivo».

Ottimismo malgrado le tragedie

Il nunzio descrive lo stato d’animo della popolazione in questi termini: «Posso parlare per coloro che vedo personalmente: i sacerdoti, i volontari e il personale della Nunziatura. Le persone sono molto preoccupate, ma posso descrivere lo stato d’animo come “coraggioso”. Sentiamo che questa è una tragedia che dobbiamo affrontare insieme, dobbiamo aiutarci a vicenda e pregare molto. Vedo molto ottimismo. Nonostante le terribili tragedie, vedo ottimismo tra molte persone, soprattutto sacerdoti e religiosi.

C’è qualcosa di demoniaco nella guerra

Certo, non credo che si possa trovare lo stesso ottimismo tra i malati, coloro che hanno bisogno di cure, o le donne che partoriscono o hanno bambini. Le nostre armi principali, per così dire, sono l’umiltà, l’abbandono totale a Dio, la solidarietà e l’amore. Perché in ogni caso se siamo qui gli uni per gli altri, se siamo vicini a Dio, se siamo fedeli, Lui si prenderà cura di noi. E così è durante questa guerra, che non è un’invenzione puramente umana, c’è qualcosa di demoniaco in essa – come c’è in tutta la violenza. E possiamo sconfiggere il male in questa guerra solo insieme, in tutto il mondo, attraverso il digiuno, la preghiera, molta umiltà e amore».

Non c’è un risvolto religioso nella guerra

L’Arcivescovo Visvaldas Kulbokas, esaminando le cause della guerra, spiega che «alcuni affermano che c’è una dimensione religiosa in alcune di esse. Ritengo questo completamente errato. Se guardiamo agli ucraini, ad esempio, abbiamo il Consiglio delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose in Ucraina che è stato molto unito e in questo momento è vicino alla gente. Questo non significa che tutte le difficoltà siano passate, perché chiaramente in passato hanno avuto un ruolo alcune incomprensioni interreligiose. Ma non credo si possa giustificare questa guerra in questo modo, perché le difficoltà nelle relazioni interreligiose devono essere affrontate in modo diverso. Sorprendentemente, ho notato che le difficoltà che ho visto precedentemente in Ucraina ora sono diminuite. Sembra che questa tragedia stia unendo il popolo ucraino. Questo non significa che questa unità rimarrà anche dopo, ma è comunque un segnale molto positivo», continua il nunzio.

Il sostegno del Papa

Quanto al sostegno del Papa, mons. Kulbokas spiega che il Santo Padre «sta facendo tutto il possibile per porre fine a questa guerra. E non solo a parole, perché so bene che sta cercando tutte le strade possibili per la Chiesa, spirituali e diplomatiche. Tutto ciò che è umanamente possibile per contribuire alla pace. Certo, il Papa – e lo so bene attraverso i suoi collaboratori, con i quali sono in contatto più volte al giorno – sta valutando molte possibilità. Io so che il cardinale Krajewski, Elemosiniere pontificio, si sta già avvicinando alla frontiera tra la Polonia e l’Ucraina. Presto dovrebbe entrare in Ucraina per dare sostegno e vedere in che modo e fin dove si può muovere, fin dove può portare l’aiuto umanitario e anche la presenza del Papa».


In realtà, il cardinale è già arrivato ieri a Leopoli, dove si è incontrato con l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk e l’arcivescovo Mokrzycki.

“Ogni aiuto sarà apprezzato”

Il nunzio, in merito al pacchetto di aiuti da 1,3 milioni di euro stanziato da Aiuto alla Chiesa che Soffre per le diocesi più bisognose, afferma che «adesso nell’immediato è difficile sapere quali precisamente saranno le necessità, ma ci sono tante strutture danneggiate. Quindi anche al livello degli uffici, al livello organizzativo ci sarà tanto da fare». Quanto all’aiuto umanitario «ci sarà moltissimo da fare perché ci sono centinaia di scuole distrutte, ospedali, case. Le necessità saranno enormi. Quindi ogni aiuto che arriva sarà molto apprezzato. Ce ne vorrà tantissimo», conclude mons. Kulbokas.